Anna Pellizzaro.
Nata a Padova, vive a Treviso. Ha insegnato nelle scuole elementari della provincia, ha pubblicato due libri: “Grilli per la testa” e “Le indagini di Catturin”. Didattica e scrittura sono sempre intrecciati. Ha ricevuto riconoscimenti e premi, con i suoi alunni, dai quotidiani locali. Ha una spiccata predilezione per il mistero e illustra libri e racconti per la prima infanzia. Al Concorso 50&Più nel 2018 ha ricevuto la Menzione speciale della Giuria per la prosa e nel 2019 la Farfalla d’oro per la poesia.
Ore 05,40. Squilla il telefono in stanza.
Avevamo preso precedenti accordi sull’incontro. Infilo l’accappatoio bianco e penso ai versi: “tutta di bianco mi voglio vestire”. Scendo al piano prestabilito e mi dirigo all’appuntamento. Mi siedo su una panchina di legno e attendo.
“Prego si accomodi”.
È la voce di una donna. Voce professionale, inespressiva. Vista l’ora, l’accoglienza non può essere calorosa.
Entro nella stanza. Lì c’è calore. Lui è steso su un letto di ferro, sopra un lenzuolo grigio-verde.
Non ho voluto soffermare lo sguardo, a lungo, su di lui.
Un mio sguardo esitante, la risposta perentoria.
“Sì, sì anche le mutandine”.
“Va bene”.
Rassegnata mi lascio guidare al letto. Mi metto di lato.
Lui è lì “Si spogli prego”.
A caldo, e mi aspetta. Sento un simbolico pugno nello stomaco, reale senso di nausea, la gola subisce già il flusso dei movimenti peristaltici, tengo la bocca sigillata. Spero di nascondere il disagio dimenticando di avere due occhi molto eloquenti.
“Si metta di spalle, vedrà che le piacerà il suo calore”.
Io nuda, in piedi e lui sdraiato mi aspetta, accogliente. Mi avvolge le spalle e la schiena di un manto caldissimo, setoso… ripugnante. Taccio e inghiotto. Metto una graziosa cuffietta.
“Prego, si sieda e poi si corichi”.
“Sì, sì!?”.
Mi dovevo anche coricare con lui? Lo sento morbido, mi fa spazio quando appoggio il mio fondoschiena, ma il meglio deve ancora avvenire. La donna ci copre, ci stringe, ci unisce il più possibile e spegne la luce.
“Tra venti minuti torno”.
“Venti minuti sola con lui?”.
“Tornerò ogni tanto, stia tranquilla”.
“Meno male, non sarò abbandonata al mio destino”, penso nella mia quasi disperazione.
Osservo la parete alla quale è appoggiato il letto, vedo la cordicella.
“Meno male, c’è la possibilità di un s.o.s.”
Lui mi avvolge sempre più. Sento il suo essere viscido in un abbraccio caldo. Lo sento penetrare. Entra la donna e vede sul mio volto un’espressione che la stupisce a tal punto…
“Per carità, si rilassi. Tutte le altre godono di questi momenti”.
E mi asciuga il sudore con un panno bianco, ruvido.
“Neanche si trattasse di Casanova”, penso con disappunto.
Finalmente la luce si riaccende, sento un gorgoglio proveniente dal basso.
La donna mi aiuta a riemergere e, con fatica, mi libero dalla forza magnetica, esco, mi metto in piedi ma, lui non mi lascia ancora. Ci penserà una doccia energica, diretta su tutto il corpo a separarci. Lo vedo liquefarsi e sparire nel vortice del pavimento a mosaico azzurro. Finalmente libera entro nella vasca che allegramente mi aspetta, sola, per purificarmi da quell’amplesso, da quell’abbraccio di Voltolafango* da secoli decantato per i suoi benefici servigi.
Dovrei sentirmi come una principessa fortunata di avere incontrato quel principe, organicamente complesso. Per molte altre mattine, prima dell’alba, mi attenderà.
Il castello in cui mi sento prigioniera è un centro termale di fangoterapia alle pendici dei colli euganei, per la prima volta in vita mia. Questo è soltanto un messaggio e mi aiuta allegramente a evadere.
*Voltolafango è il principe ranocchio della fiaba dei fratelli Grimm.