“Passi d’Argento” e la fotografia dei senior italiani in condizioni di fragilità. Un quadro destinato ad aggravarsi in conseguenza della pandemia.
All’avanzare dell’età si lega il concetto di fragilità, ossia di uno stato di maggiore vulnerabilità, con una limitazione delle attività causata dalla presenza di più patologie croniche o da un deterioramento dello stato funzionale. In pratica si può definire fragile un anziano autonomo in tutte le attività quotidiane semplici (mangiare, lavarsi…), ma non in grado di svolgere due o più funzioni complesse. Tra queste: fare la spesa, preparare i pasti, mantenere in ordine la casa, gestire le tecnologie e le finanze personali. Azioni per le quali è bisognoso di assistenza.
“Passi d’Argento”: il sistema di sorveglianza della Sanità dedicato agli over 65
“Passi d’Argento” è il sistema di sorveglianza della Sanità dedicato agli over 65 che raccoglie informazioni direttamente dai cittadini italiani su salute e fattori di rischio legati alle malattie croniche. Nel quadro mondiale di un invecchiamento sano e attivo “misura” anche il contributo che l’anziano offre alla società, attraverso il lavoro o come sostegno della famiglia e della comunità con attività di volontariato. Tutte situazioni per le quali sono centrali non solo la salute fisica e l’autosufficienza, ma anche il benessere psicologico e sociale della persona. Un osservatorio privilegiato, dunque, per valutare lo stato della popolazione senior italiana.
Quanti sono in Italia i senior fragili? Qualche numero
Ma quanti sono in Italia i senior fragili? Secondo il sondaggio di Passi d’argento tra il 2017 e il 2020 risultano fragili circa 18 anziani su 100. La fragilità è una condizione che cresce progressivamente con l’età, riguarda l’11% dei 65-74enni e raggiunge il 30% fra gli over 85. Ma è anche direttamente associata allo svantaggio socio-economico. Sale infatti al 28% fra le persone con molte difficoltà economiche (vs 13% tra chi non ne riferisce) e al 24% fra le persone con bassa istruzione (vs 13% fra chi ha un livello di istruzione alto).
Il 99% delle persone con fragilità ha bisogno di un sostegno per svolgere le funzioni quotidiane per le quali non è autonomo. Un aiuto ricevuto per lo più da familiari (94%) e/o da badanti (21%), ma anche da conoscenti (13%). Meno del 3% è assistito a domicilio da operatori socio-sanitari delle ASL o del Comune, meno dell’1% riceve assistenza da un centro diurno. Solo il 2% è sostenuto da associazioni di volontariato.
Saranno più fragili gli anziani di domani?
Prima della pandemia da Covid-19 molti segnali indicavano un graduale spostamento dell’insorgenza di condizioni di salute definite “severe” verso un’età più avanzata. Un fenomeno accompagnato peraltro da un lento ma progressivo aumento della speranza di vita. A distanza di due anni il quadro si è modificato. Certo nell’immediato è difficile valutare esattamente di quanto, ma gli esami rinviati, la solitudine imposta e un minore accesso alle cure, indicano una pesante ricaduta. In particolare sulle fasce più deboli economicamente e inizialmente già fragili.
Una sfida per la Sanità italiana
La forzata mancanza di rapporti sociali e l’isolamento domestico hanno comportato una effettiva riduzione dell’attività fisica. Un danno enorme per chi è affetto da patologie quali osteoporosi, artrosi, Parkinson, diabete e malattie cardiovascolari. La paura di contrarre il Virus ha spinto molte persone a differire controlli e terapie mediche, con una notevole variabilità legata a differenze culturali ed economiche.
Non essere in possesso di uno smartphone o non saper utilizzare la tecnologia internet ha aggravato non solo le condizioni di salute ma anche le funzioni psichiche legate all’interazione con amici e familiari. Considerando che gli over 65 in Italia sono 14 milioni e costituiscono attualmente il 23% della popolazione – ma per l’Istat nel 2050 il rapporto giovani/anziani sarà di 1 a 3 -, non è improbabile attendersi in futuro un aggravio della fragilità. Una sfida che il nostra Sistema Sanitario non può perdere.
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