Un’analisi di Iqvia Italia rivela una crescita delle diagnosi tra i quarantenni. Intanto, un progetto portato avanti da specialisti del settore dimostra come la danza artistica migliori funzioni motorie e cognitive nei pazienti col Parkinson. Si va verso un approccio multidisciplinare e personalizzato.
Il Parkinson colpisce sempre più i giovani
Il morbo di Parkinson non è più una malattia confinata alla terza età. In Italia, secondo i dati più recenti raccolti da Iqvia Italia, sono oltre 300mila le persone affette da questa patologia neurodegenerativa. Di queste, ben 16mila hanno ricevuto la diagnosi e iniziato il trattamento solo nell’ultimo anno.
Sebbene l’84% dei pazienti abbia più di 70 anni, emerge un dato in controtendenza: aumentano le diagnosi tra under 60, con casi che iniziano già a 40 anni. Una tendenza che porta con sé non solo implicazioni cliniche, ma anche sociali e lavorative, investendo direttamente persone in piena età attiva.
Come cambiano le terapie
Se un tempo la terapia per il Parkinson si basava quasi esclusivamente sulla L-Dopa, oggi lo scenario si è fatto più articolato. Il 40% dei pazienti continua a ricevere questo farmaco come trattamento principale, ma si registra un aumento nell’uso degli inibitori della monoamino ossidasi (Mao) — saliti dal 24% al 29% — mentre gli agonisti della dopamina sono scesi dal 25% al 18%.
Tra i medicinali oggi utilizzati si distinguono:
– Rasagilina, selegilina e safinamide (inibitori della Mao)
– Apomorfina, pramipexolo e ropinirolo (agonisti della dopamina, ora usati in modo più selettivo)
– Inibitori della catecol-O-metiltransferasi, che coprono circa il 4% delle terapie
– Anticolinergici, prescritti nell’8% dei casi, soprattutto per pazienti giovani con tremori predominanti
Differenze regionali
La diffusione delle terapie, però, non è omogenea. Le regioni Liguria, Abruzzo e Marche registrano la più alta concentrazione di pazienti in trattamento, mentre Lombardia, Emilia-Romagna e Trentino mostrano valori inferiori.
Le differenze possono dipendere da vari fattori: dalla distribuzione della popolazione anziana alle politiche sanitarie regionali, passando per la disponibilità di farmaci e centri specializzati.
Parkinson e danza terapeutica: lo studio che cambia la prospettiva
Una nuova speranza sul Parkinson arriva dalla danza artistica multisensoriale. Uno studio pilota, condotto dagli specialisti del Dipartimento di Neuroriabilitazione di Villa Margherita KOS, ha analizzato gli effetti del programma Dance Well su 24 pazienti con Parkinson in fase iniziale o intermedia. I risultati, pubblicati sulla rivista Brain Sciences, sono promettenti.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: uno ha seguito la fisioterapia convenzionale, l’altro ha partecipato a sessioni di danza presso il Museo Civico di Bassano del Grappa. I miglioramenti sono stati registrati in entrambi i gruppi, ma quelli del gruppo Dance Well hanno mostrato un aumento significativo nelle capacità attentive e motivazionali, con picchi di miglioramento fino al 20% rispetto ai valori iniziali.
Il potenziale riabilitativo della danza nel Parkinson
Il programma Dance Well non è una semplice attività ricreativa: si fonda su basi scientifiche solide e unisce arte, movimento, ritmo e socializzazione. Daniele Volpe, direttore del Centro Parkinson di Villa Margherita KOS, ha sottolineato come il progetto rappresenti un approccio innovativo e potenzialmente replicabile anche in altri contesti territoriali, evidenziando la necessità di iniziative comunitarie che siano semplici, accessibili ma al tempo stesso efficaci.
L’arte come stimolo nel migliorarsi
Le esperienze artistiche — musica, danza, arti visive — hanno infatti dimostrato di influenzare mobilità, equilibrio, cognizione, umore e motivazione, offrendo anche benefici sociali non trascurabili.
Ballare, in particolare, permette di lavorare su:
– Coordinazione motoria
– Sincronizzazione del movimento (entrainment)
– Motivazione e risposta emotiva
– Strategie cognitive visuo-spaziali
Verso una cura integrata e umana
L’adozione di strumenti alternativi e complementari, come la danza, segna un cambiamento culturale nell’approccio al Parkinson. Se un tempo si puntava quasi esclusivamente sulla terapia farmacologica, oggi si guarda a un modello di cura globale, che metta al centro la persona e non solo la malattia. In quest’ottica, l’arte non è solo bellezza: è stimolo neurologico, terapia non convenzionale e occasione di rinascita emotiva e sociale.
Un cammino che unisce scienza, empatia e comunità, per costruire un futuro più dignitoso per chi convive con una malattia cronica.
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