Papa Francesco ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1. Durante l’incontro, avvenuto presso la Santa Sede, tanti gli argomenti affrontati dal Pontefice, tra questi la guerra in Medio Oriente
“Ogni guerra è una sconfitta. Non si risolve nulla con la guerra. Tutto si guadagna con la pace, nella guerra uno schiaffo tira l’altro”. Con queste parole Papa Francesco ha parlato della guerra in Medio Oriente che – dal 7 ottobre – ha assunto connotati sempre più sanguinosi. Ad intervistarlo Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1, nei locali della Santa Sede. Il colloquio, andato in onda su Rai Uno il 1° novembre ha tenuto incollati allo schermo oltre quattro milioni e mezzo di persone.
I temi affrontati durante l’intervista
Dalla guerra in Medio Oriente al conflitto in Ucraina, con l’appello a deporre le armi. Ma anche il bilancio del Sinodo, le morti in mare dei migranti, il ruolo delle donne nella Chiesa, la necessità di rinnovamento. Tanti i temi affrontati durante il colloquio tra il direttore del Tg1 e il pontefice.
“Questa è un’ora molto buia – ha detto Papa Francesco – Non si trova la capacità di riflettere con chiarezza e all’ora più buia io aggiungerò: una sconfitta in più. È così dall’ultima guerra mondiale, dal ’45 fino adesso, una sconfitta dopo l’altra perché le guerre non si sono fermate. Ma il problema più grave ancora sono le industrie delle armi. MI dice una persona che capisce di investimenti, che ho conosciuto in una riunione, mi diceva che oggi gli investimenti che danno più reddito sono le fabbriche delle armi”.
“Io sono figlio di migranti”
Sulle migrazioni, Papa Francesco ha detto: “Io sono figlio di migranti ma in Argentina siamo 46 milioni credo e soltanto indigeni proprio lì sono 6 milioni non di più. Gli altri tutti migranti. E’ proprio un paese fatto di migrazioni: italiani, spagnoli, ucraini russi Medio Oriente tutti. E tanti del Medio Oriente, per esempio in Argentina gli diciamo turchi perché arrivavano con il passaporto turco del grande impero ottomano e io sono abituato a vivere in un paese di migranti. Il mio papà lavorava alla Banca di Italia e andato migrante lì, è rimasto lì ed è morto lì, ha fatto la famiglia lì. Per me l’esperienza della migrazione è una cosa esistenziale forte, no con la tragedia di adesso”.
E ha aggiunto: “Ci sono state migrazioni brutte nel dopoguerra ma oggi è sempre una cosa molto drammatica e sono cinque i paesi che soffrono più la migrazione: Cipro, Grecia, Malta, Italia e Spagna. Sono quelli che ricevono di più. Poi quando questi migranti dall’Africa vengono dalla Libia vediamo le crudeltà dei lager libici, c’è una crudeltà lì, terribile, io sempre raccomando di leggere un libro che scrisse uno di questi migranti che ha atteso più di tre anni per arrivare dal Ghana alla Spagna: si chiama “Fratellino”, “Hermanito” in spagnolo. Un breve libro ma racconta le crudeltà delle migrazioni. Questo che abbiamo visto in Calabria ultimamente, terribile. L’Europa deve essere solidale con questi, non possono questi cinque paesi prendere tutti e i governi dell’Europa devono entrare in dialogo. Ci sono piccoli paesi vuoti con dieci, quindici anziani e hanno bisogni di gente che vada a lavorare lì”.
“Integriamo i migranti”
Infine: “C’è una politica migratoria con i passi della migrazione: riceverli, accompagnarli, promuoverli e inserirli nel lavoro. Che si inseriscano. E una politica migratoria del genere costa. Ma io penso alla Svezia che ha fatto un bel lavoro al tempo delle dittature latinoamericane. È pieno di latinoamericani lì e li hanno sistemati subito: arrivava il migrante, il giorno dopo a studiare la lingua e poi a sistemare con il lavoro. Integrare. Ma se uno non integra il migrante c’è un problema. A me sempre viene in mente l’attacco terroristico all’aeroporto Zaventem in Belgio: i ragazzi erano tutti migranti ma migranti non inseriti, erano migranti chiusi e questo è brutto. Una politica migratoria deve essere costruttiva per il bene del paese e per il bene loro e anche paneuropea. Mi è piaciuto quando la presidente della Commissione europea è andata lì a Lampedusa a vedere: questo mi piace perché sta cercando di prendersi questo”.
Papa Francesco: “La Chiesa è donna”
Tra i temi dell’intervista anche il ruolo delle donne nella Chiesa. “Qui, per esempio in Vaticano ci sono più donne nel lavoro, per esempio la vicegovernatrice dello Stato Vaticano è una donna, una suora, e il governatore ha un ruolo più generico ma quella che comanda è lei. Nel consiglio dell’economia che sono sei cardinali e sei laici, di questi sei laici, cinque sono donne. Poi ci sono già segretarie al posto dei monsignori: il segretario della vita consacrata è una donna dello sviluppo umano integrale una donna, nella commissione per scegliere vescovi ci sono tre donne, perché le donne capiscono cose che noi non capiamo, le donne hanno un fiuto speciale per la situazione e ci vuole, credo che vadano inserite nel lavoro normale della Chiesa”.
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