Due le piazza principali per le celebrazioni di quest’anno: a Monfalcone la grande manifestazione nazionale, a Roma il Concertone, non a San Giovanni ma al Circo Massimo. Si parlerà di diritti, di sicurezza, di lavoro “povero”.
“Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”: è lo slogan che Cgil, Cisl e Uil hanno scelto, per celebrare quest’anno la Festa dei Lavoratori. Una scelta carica di significato, nei giorni in cui l’Europa e la pace sono minacciate da divisioni e guerre. Due saranno le “piazze” principali della ricorrenza: una politica, l’altra culturale.
La prima è piazza della Repubblica a Monfalcone, in provincia di Gorizia. Qui, in questa terra di confine, si svolge la principale manifestazione, a partire dalle 10.00. Interverranno i delegati delle tre organizzazioni, mentre i segretari generali, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pier Paolo Bombardieri, concluderanno i comizi, parlando dal palco dalle 12.00 alle 13.00.
La piazza “culturale”, quella della festa, della musica e dello spettacolo, resta come sempre a Roma. Per la prima volta, però, il Concertone non si svolge a piazza San Giovanni, come dalla sua prima edizione, nel 1990. A causa dei lavori programmati per il Giubileo, per quest’anno l’evento si sposta al Circo Massimo. I conduttori saranno i cantanti Noemi ed Ermal Meta, cui si aggiungerà BigMama, che condurrà la prima parte del Concertone dalle ore 13.15 (in esclusiva per Rai Play).
Il concerto, come sempre a ingresso libero, è trasmesso a partire dalle ore 15.15 e fino alle ore 00.15 (con una pausa dalle ore 19.00 alle ore 20.00 per le edizioni dei telegiornali) in diretta su Rai 3 e Rai Radio 2 ed è in onda su RaiPlay e Rai Italia. Il programma è in continuo aggiornamento sul sito dedicato, ma sono confermate le esibizioni di Coez & Frah Quintale, Piero Pelù, Dargen D’Amico, Rose Villain, Colapesce e Dimartino, Morgan, Malika Ayane, Ultimo, La Rappresentante di Lista, Achille Lauro. “Ascoltiamo il futuro” è il titolo scelto per il Concertone di quest’anno.
Sicurezza e lavoro povero
Tanti anche i temi su cui il palco e le diverse piazze accenderanno i riflettori in questo 1 Maggio. Al centro, come sempre, la sicurezza sul lavoro, tornata ultimamente in primo piano con il drammatico incidente a Suviana, dove hanno perso la vita sette operai. Gli infortuni e le morti sul lavoro continuano a far registrare numeri altissimi. Secondo il primo bilancio per il 2023 presentato recentemente da INAIL (in attesa della Relazione annuale), anche lo scorso anno il numero di decessi sul lavoro ha superato il migliaio.
C’è poi il tema del “lavoro povero”, che colpisce almeno 12 lavoratori su 100. Lo ha riferito recentemente la campagna “Abiti puliti”, che ultimamente ha presentato un aggiornamento del suo rapporto “Il salario dignitoso è un diritto universale. Una proposta per l’Italia, a partire dal settore moda”, pubblicato nel 2022. Sono circa 3 milioni le persone che guadagnano meno di 11.500 euro netti l’anno, cioè poco più di 950 euro al mese. Secondo l’organizzazione, la pandemia ha fatto aumentare di circa 400 mila persone la popolazione dei cosiddetti “working poor”. Non solo: “Se la soglia del reddito per essere considerati tali si alzasse a 12 mila euro, un valore evidentemente ancora molto basso, un terzo dei lavoratori vivrebbe in povertà nel nostro Paese”. Un problema ben evidente anche nei dati Istat, secondo cui nel 2022, i lavoratori poveri in Italia erano circa 2,7 milioni, su un totale di 23,3 milioni di occupati di età da 18 anni in su.
1 maggio, un po’ di storia
Sicurezza, tutela dei diritti, giusta retribuzione sono da sempre i temi centrali della Festa dei Lavoratori, nata proprio da una grande, drammatica rivendicazione: il 1 maggio 1866, fu indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti. In dodicimila fabbriche americane, 400 mila lavoratori incrociarono le braccia, nella sola Chicago 80 mila persone parteciparono al più grande corteo mai visto per le strade della città americana. La richiesta era la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore. Una richiesta che arrivava da lontano: “Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire” era infatti lo slogan, coniato in Australia nel 1855 e condiviso da gran parte del movimento sindacale del primo Novecento. La protesta del 1866 durò tre giorni e culminò, il 4 maggio, col massacro di Haymarket, in cui morirono 11 persone. La vittoria, però, fu della piazza: la giornata lavorativa di 8 ore divenne legge.
Solo nel 1889, con il Congresso di Parigi, il 1 Maggio divenne Festa internazionale dei lavoratori. In Italia bisognò aspettare altri due anni. Durante il fascismo però la festa venne soppressa, in favore della “Festa del lavoro italiano” il 21 aprile. Solo nel 1946, con le “Disposizioni in materia di ricorrenze festive”, la Festa del Lavoro viene istituzionalizzata e definitivamente ricollocata nella data del 1 maggio. L’anno successivo, però, la celebrazione si trasformò in tragedia: a Portella, in provincia di Palermo, sfilò un corteo di circa duemila lavoratori, soprattutto contadini, che protestavano contro le condizioni di lavoro nelle campagne siciliane. Salvatore Giuliano e la sua banda, chiamati dai grandi latifondisti alleati alla mafia a reprimere il corteo, spararono sui manifestanti. Morirono undici contadini, molti di più furono i feriti.
(Foto apertura: MikeDotta/Shutterstock.com)
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