Aumentano le donne pensionate ma si assottigliano gli assegni e cresce il gender gap. Lo certifica l’Inps nell’osservatorio sulle pensioni del 21 luglio scorso. Un effetto certamente riconducibile a un mercato del lavoro italiano ancora lontano dal garantire la parità di genere. Le misure del PNRR per superare il divario.
Non solo da lavoratrici, ma anche da pensionate le donne italiane sono penalizzate rispetto agli uomini. Il gender gap nelle pensioni è una tendenza che si è ormai consolidata negli anni. Un effetto della minore partecipazione delle donne al lavoro, di carriere discontinue, di salari inferiori ai colleghi uomini a parità di ruolo e mansioni. A confermare il gender gap nelle pensioni, l’osservatorio Inps sul monitoraggio dei flussi di pensionamento pubblicato lo scorso 21 luglio.
Alle pensionate 2020 quasi 500 euro in meno al mese
L’osservatorio Inps ha raccolto i dati relativi alle pensioni con decorrenza nel 2020 e nei primi sei mesi del 2021, con rilevazione al 2 luglio 2021. Su 856.004 pensioni totali, nel 2020 470.181 sono destinate a donne e 385.823 a uomini. Ma il rapporto si inverte se guardiamo all’importo medio mensile dell’assegno. A fronte di una media mensile di 1.243 euro, gli assegni delle pensionate sono pari a 1.033 euro contro i 1.498 euro mensili percepiti dagli uomini. Quindi, le pensionate 2020 percepiscono mediamente quasi 500 euro in meno al mese.
La situazione non è cambiata nel primo semestre 2021. Le nuove pensioni con decorrenza nel periodo gennaio – giugno 2021 sono state 389.924 in totale, per un importo medio mensile di 1.155 euro. Anche in questo caso – spiega l’osservatorio Inps – prevalgono per numero le pensioni femminili (215.124 contro le 174.800 maschili). Ma sugli importi persiste il gender gap, con le pensionate che hanno guadagnato in media 931 euro contro i 1.429 euro degli uomini. Anzi, rispetto al 2020, mentre i pensionati “perdono” 69 euro al mese, le pensionate vedono gli assegni assottigliarsi di 102 euro.
I dati hanno preso in considerazione le pensioni di vecchiaia – compresi i prepensionamenti per il fondo pensioni dei lavoratori dipendenti (FPLD) e gli assegni sociali – le pensioni anticipate, quelle di invalidità e quelle ai superstiti di tutte le gestioni (FPLD; dipendenti pubblici; artigiani; commercianti; parasubordinati; coltivatori diretti, coloni e mezzadri).
Mentre in Europa il gender gap nelle pensioni decresce, in Italia è stallo
Il gender gap nelle pensioni non è una novità ma purtroppo una tendenza che si è consolidata negli ultimi anni. A dimostrarlo diverse indagini, fra cui l’analisi dell’Eurostat diffusa lo scorso febbraio. Nel 2019 – rileva l’ufficio statistico dell’UE – in Europa le pensioni delle donne al di sopra dei 65 anni di età sono risultate in media più basse del 29% rispetto a quelle degli uomini. Ma, rispetto al 2010, il gap di genere pensionistico è diminuito nella maggior parte degli Stati Membri. Fra le eccezioni c’è purtroppo l’Italia, con un gap che resta al 33%, quindi sopra la media europea.
Le radici nella disparità nel mercato del lavoro
Il gap di genere nelle pensioni riflette la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro – attualmente ferma al 53,8 per cento con punte nelle aree più svantaggiate del Mezzogiorno, mentre la media europea è del 67,3 per cento. Inoltre, risente certamente di un tasso di inattività delle donne attribuibile a responsabilità di assistenza in continua crescita dal 2010, come ha sottolineato la Commissione europea nella Relazione per paese relativa all’Italia 2020: 35,7 per cento contro il 31,8 per cento della media UE, complice anche la mancanza di servizi di assistenza adeguati e paritari.
Per il PNRR la parità di genere è priorità. Come raggiungerla?
Proprio da questi dati parte il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, inserendo la parità di genere fra le priorità trasversali da raggiungere nei prossimi anni. Per costruire l’“Italia domani” – titolo del documento -, il Governo, attraverso il Dipartimento per le Pari Opportunità, con la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, in coerenza con la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025, ha individuato cinque priorità sulle quali agire: lavoro, reddito, competenze, tempo, potere.
Fra le misure previste nel PNRR, si punta dunque in particolare sul potenziamento del welfare per permettere una più equa distribuzione degli impegni, non solo economici, legati alla genitorialità e all’assistenza familiare. Questo si traduce, nell’intento del governo, nel progetto di potenziare sia i servizi per l’infanzia che le infrastrutture sociali e i servizi di prossimità e di supporto all’assistenza domiciliare.
Spazio anche a investimenti nell’imprenditoria femminile, all’adozione di nuovi meccanismi di reclutamento nella PA e alla revisione delle opportunità di promozione in posizioni dirigenziali di alto livello. Mentre per le imprese che, a diverso titolo, parteciperanno ai progetti finanziati dal PNRR e dai Fondi REACT-EU e FCN, si pensa a condizionare l’esecuzione dei progetti all’assunzione di giovani e donne, anche per il tramite di contratti di formazione/specializzazione che possono essere attivati prima dell’avvio dei progetti stessi. Ancora, con il potenziamento e l’ammodernamento dell’offerta turistica e culturale, l’esecutivo punta a generare ricadute occupazionali “significative” su settori a forte presenza femminile come quello alberghiero, della ristorazione, delle attività culturali. Il Piano investe infine nelle competenze STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) tra le studentesse delle scuole superiori per migliorare le prospettive lavorative future.
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