Dal rapporto delle Nazioni Unite sulle emissioni dei gas serra la chiamata a frenare il riscaldamento climatico.
Con gli attuali impegni sul clima assunti dai Paesi di tutto il mondo, entro il 2100 il riscaldamento climatico potrebbe passare da 2,5 a 2,9 gradi. Queste le conclusioni del rapporto Unep (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) pubblicato in vista della conferenza sul cambiamento climatico di Dubai, dal 30 novembre al 12 dicembre prossimi. Il pianeta si sta avviando a raggiungere un picco del riscaldamento di 3°C. Nonostante con gli Accordi di Parigi 195 Paesi abbiano preso l’impegno di limitare entro il 2050 il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
Un’azione drastica sul clima
Ad oggi però le emissioni di gas serra sono ai massimi storici, dopo l’aumento dell’1,2% dello scorso anno. Fino all’inizio di ottobre, per 86 giorni, sono state registrate temperature medie superiori di oltre 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali. Da qui la necessità, evidenziata dal Report di Unep, di mettere in campo azioni più ambiziose. Per mitigare il riscaldamento climatico, il pianeta necessita di nuove economie a basse emissioni di carbonio. Nello specifico, per evitare di superare la soglia di sicurezza di 1,5° C, le emissioni di gas dovrebbero diminuire del 45%. Le probabilità che ciò accada per il Report sono basse, pari al 14%, Bisogna dunque accelerare. Infatti un riscaldamento oltre i 2°C, avrebbe un impatto ambientale ulteriore sullo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, l’innalzamento del livello del mare e gli eventi climatici estremi (ondate di calore, siccità).
L’ Accordo di Parigi sta funzionando?
Pur in questo quadro difficile, bisogna riconoscere che dall’Accordo di Parigi (2015) qualcosa per contrastare il riscaldamento climatico è stato fatto. Le proiezioni di Unep sul riscaldamento globale di allora, basate sulle emissioni in quel momento, “erano molto più elevate di quanto lo siano adesso”, afferma Anne Olhoff, prima autrice dello studio di Unep. Si prevedeva un aumento delle emissioni di gas del 16% entro il 2030. Oggi, invece, le proiezioni parlano di un aumento del 3%. Questa è la prova che è possibile agire per modificare il trend: non stiamo ancora assistendo a un picco delle emissioni e con un sforzo globale è possibile intervenire sulle attuali politiche climatiche.
Il richiamo alle energie rinnovabili
C’è bisogno, però, conclude Olhoff, di una leadership globale che, entro un decennio, garantisca che gli impregni presi non vengano disattesi. Parlando di riscaldamento climatico dobbiamo ricordare che nel settembre 2023, la media globale delle temperature è stata di 1,8°C superiore ai livelli preindustriali e quello che sta finendo sarà l’anno più caldo mai registrato. La prima mossa utile sarebbe porre fine all’uso dei combustibili fossili. Un obiettivo forse troppo idealistico, vista la dipendenza di Cina e India dal più inquinante di tutti: il carbone. Riscoperto anche in Europa per sopperire alla crisi energetica scaturita dall’invasione russa dell’Ucraina. Secondo il rapporto Statistical Review of World Energy, infatti, la crescita delle energie rinnovabili non ha intaccato il predominio dei combustibili fossili nel 2022. Nonostante la massiccia crescita delle capacità eolica e solare.
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