L’Europa sta rispondendo ai danni causati dalla pandemia con una serie di misure per ripristinare la stabilità economica e cancellare le diseguaglianze. Perché i ricchi sono sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri
«Non possiamo dire che tutto sia finito, ma voglio evidenziare che la Regione europea ha la straordinaria opportunità di prendere il controllo della trasmissione (del virus, ndr). Abbiamo la possibilità di un lungo periodo di tranquillità». Sono le parole di Hans Kluge, direttore dell’Oms Europa, pronunciate in conferenza stampa a febbraio di quest’anno, per comunicare l’inizio di un lungo periodo di tranquillità grazie ai vaccini, soprattutto.
L’Europa può, dunque, tirare un sospiro di sollievo a due anni da quell’annuncio che ha cambiato per sempre il volto del pianeta: era il 28 febbraio del 2020 quando l’OMS ha dichiarato “mondiale” l’epidemia da Coronavirus scoppiata in Cina nelle settimane precedenti. Da quel momento il Covid-19 è entrato nella vita di miliardi di persone, lo ha fatto stravolgendo la quotidianità di ognuno, minando la solidità delle famiglie, la stabilità del lavoro, costringendo uomini e donne a convivere con l’incubo di ammalarsi e morire. Lo ha fatto, soprattutto, dilatando incredibilmente il divario sociale: ricchi e poveri mai più lontani di così.
Un dato su scala planetaria racconta un aumento del numero di miliardari registrato dalla Banca Mondiale e fornisce una fotografia puntuale delle disuguaglianze e delle nuove povertà: da 2.095 a marzo 2020, i miliardari sono diventati 2.660 nel mese di novembre 2021. Un esempio da oltreoceano: a Jeff Bezos (fondatore di Amazon) nei primi 21 mesi della pandemia si attribuisce un incremento patrimoniale di circa 81,5 miliardi di dollari. Di contro, leggendo i dati della Banca Mondiale a fine pandemia, sono 163 milioni i nuovi poveri con riferimento alla soglia di povertà di 5,50 dollari al giorno. Ma c’è di più. Come riporta il lavoro di ricerca condotto da Oxfam Italia, redatto a gennaio di quest’anno, dal titolo La pandemia della disuguaglianza, le stime recenti della Banca Mondiale proiettano il numero di nuovi poveri da Covid (con capacità reddituale o di consumo giornaliera sotto la soglia di 1,90 dollari) a 97 milioni nel 2021.
Marzo 2020 è la data che ha cambiato per sempre la storia dell’Europa e del resto del mondo. Seppure non in maniera contestuale, esattamente due anni fa, gli Stati Membri dell’Unione europea hanno avviato misure di contenimento per fronteggiare la pandemia. Questo è avvenuto anche nel resto del mondo, salvo alcune eccezioni: Bermuda, Botswana, Eritrea, Israele, Giamaica, Oman, Singapore, Turchia e Illinois, che hanno posticipato le chiusure al mese successivo. Invece, Bielorussia, Indonesia, Giappone, Malawi, Nicaragua, Corea del Sud, Svezia, Taiwan e alcuni Stati Usa non hanno dichiarato il confinamento.
Il cosiddetto “lockdown” – termine anglosassone che indica il confinamento – ha messo in ginocchio fette di popolazione e, va da sé, ha colpito le fasce più vulnerabili, compromettendo l’equilibrio economico degli Stati e consegnando alla povertà milioni di individui. Il digital divide, l’accesso ai servizi, la posizione geografica hanno esacerbato le differenze. E in uno scenario emergenziale si sono delineati i contorni dei “nuovi poveri”, principalmente lavoratori precari che per la prima volta si sono visti costretti a chiedere aiuti economici. Dai dati forniti da Eurostat, nel 2020, nell’Unione europea si sono registrati 96,5 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 21,9% della popolazione.
L’Europa ha risposto all’emergenza adottando una serie di misure. Tra queste, “SURE”. Nel settembre 2020 è stato istituito lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza, per sostenere gli sforzi degli Stati Membri atti a fronteggiare la pandemia. Corrisponde a 89,6 miliardi di euro l’ammontare del sostegno finanziario erogato ai 19 Stati che ne hanno fatto richiesta. Nel febbraio 2021, inoltre, è stato istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza, con l’obiettivo di fornire fino a 723,8 miliardi di euro di finanziamenti entro la fine del 2026 per attenuare l’impatto economico e sociale della crisi pandemica. Tra gli aiuti, anche “Next Generation EU”: uno strumento temporaneo per la ripresa da oltre 800 miliardi di euro, necessario a riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia, e per creare un’Europa post Covid-19 più verde, digitale e resiliente.
La pandemia, in Europa e nel mondo, non ha solo creato disuguaglianze economiche e quindi, inevitabilmente, sociali. Ha creato anche disuguaglianze di genere. Ancora un dato emerge dalle pagine della ricerca di Oxfam Italia: le donne hanno subito gli impatti economici più duri dalla pandemia e perso complessivamente 800 miliardi di dollari di entrate nel 2020. Si stima che nel mondo siano 740 milioni le donne che lavorano nell’economia informale; il loro reddito è crollato del 60%. E non è tutto. La pandemia sta portando le donne fuori dal lavoro: il lockdown e il distanziamento sociale hanno avuto impatti devastanti.
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