Incerti, sfiduciati, disincantati: il 53° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2019, presentato pochi giorni fa, non lascia adito a dubbi sulle percezioni degli italiani. L’incertezza è lo stato d’animo dominante con cui stanno guardando al futuro: i pessimisti (17%) superano gli ottimisti (14%).
Quasi 7 italiani su 10 (69%) sono convinti che la mobilità sociale sia bloccata, il 63% degli operai non pensa di poter salire nella scala sociale, mentre il 64% degli imprenditori e dei liberi professionisti teme di scivolare in basso rispetto alla condizione attuale. Anche gli ultimi due pilastri della sicurezza familiare, il mattone e i Bot, sembrano essere crollati.
L’Italia, vista attraverso la lente degli indicatori demografici, mostra un panorama abbastanza desolante, in cui la società risulta rimpicciolita e invecchiata, con pochi giovani e rarissime nascite: nonostante l’incremento di 241.066 stranieri residenti, dal 2015 ad oggi si contano 436.066 cittadini in meno. Nel 2018 i nati sono stati 439.747, ovvero 18.404 in meno rispetto al 2017; paradossalmente, nello stesso anno, sono scesi anche i nati da genitori stranieri.
La caduta delle nascite si coniuga ormai con l’invecchiamento demografico: tra 20 anni, su una popolazione ridotta a 59,7 milioni di abitanti, gli under 35 saranno 18,6 milioni (il 31,2%) e gli over 64 saranno 18,8 milioni (il 31,6%). Tutto ciò avrà, secondo il Censis, un consistente impatto sul nostro sistema di welfare.
Dal 2018 al 2041, in meno di 25 anni, l’aspettativa di vita alla nascita delle donne crescerà di quasi 3 anni (da 85,2 a 88,1), mentre quella degli uomini aumenterà di più di 3 anni (da 80,8 a 83,9). Nella fascia di popolazione over 64, gli over 80 sono il 27,7% del totale e saranno il 32,4% nel 2041.
C’è poi da considerare l’aspetto delle cure. Oggi, pur con tutti i miglioramenti del livello di salute della popolazione, l’80,1% degli over 64 è affetto da almeno una malattia cronica ed il 56,9% da almeno due. Di qui al 2041 questi ultimi aumenteranno di 2,5 milioni.
Essere autosufficienti è un altro punto nodale del prossimo futuro: il 20,8% degli over 64 non lo è, una quota che raddoppia tra gli over 80, raggiungendo il 40%. Oggi, nel nostro Paese, sono 3.510.000 le persone non autosufficienti e per lo più anziane.
Il “fattore” non autosufficienza è cresciuto dal 2008 del 25% e continuerà a farlo con l’invecchiamento della popolazione. Il Rapporto Censis riporta uno stato di particolare insufficienza e inadeguatezza delle risposte pubbliche: non a caso più di 1 italiano su 2 (56%) dichiara di non essere soddisfatto dei principali servizi socio-sanitari per i non autosufficienti della propria regione (il 45,5% dei residenti al Nord-Ovest; il 33,7% al Nord-Est; il 58,2% al Centro; il 76,5% al Sud).
Il peso di questa situazione ricade sulle famiglie sia in termini economici che come impegno di cura. Le spese incidono molto sul bilancio familiare: del 33,6% per chi ha in carico una persona non autosufficiente, tanto che il 75,6% degli italiani è favorevole ad aumentare le agevolazioni fiscali per i nuclei familiari che assumono badanti.
Tante difficoltà all’orizzonte e uno scenario complesso, dovuto ad un vero e proprio smottamento sociale. Eppure, secondo il Censis, un po’ di luce c’è. La famiglia resta il più importante meccanismo di solidarietà tra le persone di diverse generazioni in un Paese sempre più vecchio, con più persone sole e meno bambini.
Se manca quest’ultima, si possono creare relazioni nelle comunità grazie al cosiddetto Terzo Settore, tutti quei soggetti organizzativi di natura privata che, senza scopo di lucro, perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
In Italia le istituzioni non profit sono in crescita per numero (343.432 enti con un +14% tra il 2011 eil 2016) e dipendenti 812.706 (+19,4% nello stesso periodo). Più della metà sono dislocate al Nord (il 28% nel Nord-Ovest, il 23,3% nel Nord-Est), il 22,2% è al Centro e il 26,7% al Sud.
Capaci di mettere in campo soluzioni alternative al “fai da te” familiare, sono radicate sul territorio e svolgono una funzione economica e sociale decisiva per le comunità. Trovano, d’altro canto, terreno fertile negli italiani che manifestano una propensione alla generosità: il 64,1% dei 18-40enni dichiara di voler fare volontariato (il 67,9% delle donne e il 65,9% dei laureati).
Ma, affinché questa caratteristica porti frutto, il Terzo Settore deve ottenere risultati in importanti ambiti per le persone, motivo per cui, secondo il Rapporto Censis, occorre agire su aspetti come la relazionalità e la qualità della vita nelle comunità.
Dopotutto, il 92% degli italiani dichiara che gli piace o piacerebbe vivere in un contesto in cui le persone si conoscono, si frequentano e si aiutano (il 91,3% nel Nord-Ovest, l’89% nel Nord-Est, il 93,3% nel Centro,il 93,6% al Sud). Altrimenti, il Terzo Settore corre – sempre secpndo il Censis – un “rischio di downgrading di fiducia e reputazione” nell’opinione pubblica.
Un decennio volge al termine. È stato un tempo segnato dal continuo rincorrersi di avvisi di fratture sociali, dal perdurare della crisi dell’occupazione e dei redditi, dalla perdita di tenuta delle istituzioni, da una fragilità intrinseca.
Ma, in tutto questo, è visibile l’accentuarsi di reazioni positive e di contrapposizioni al declino che lasciano aperta la possibilità al rinnovamento e ad un nuovo sviluppo.
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