L’obbligo per i commercianti di dotarsi di Pos è un provvedimento che Brunilde, 99 anni, non è disposta ad accettare. Non vuole macchinette né intende imparare a gestirle. Di qui la decisione di chiudere.
Non poteva che accadere questo: essere colpita a 99 anni da improvvisa, imprevista popolarità: televisione, giornali. Accade a Brunilde Cocchi, merciaia in attività a Prato. Un piccolo negozio nel centro storico della città toscana, aperto nel 1927 dalla mamma, dove lei ha iniziato a lavorare quando era ancora una scolara perché i ragazzi al tempo dovevano rendersi utili, non bighellonare.
Un impegno quotidiano, una vita, anzi due – per anni di lavoro s’intende -, se consideriamo il tempo passato dietro al bancone a vendere bottoni, capi di intimo, maglieria, calze. Poi la decisione di rendere obbligatorio per i commercianti di dotarsi di Pos per permettere i pagamenti elettronici.
Un provvedimento che Brunilde non è disposta ad accettare. Non vuole macchinette né intende imparare a gestirle. Da qui la decisione di chiudere. Doveva essere a dicembre. Poi l’obbligo è stato procrastinato a luglio prossimo. Chiuderà la sua merceria per allora. A 100 anni suonati.
Ognuno può leggere questa piccola storia come vuole: obbligo sbagliato, obbligo sacrosanto. Caso eccezionale che non modifica la necessità di procedere lungo la strada dell’informatizzazione. Futuro contro passato. Brunilde nel frattempo è lì, nel suo negozio, grembiule azzurro e metro di legno a vendere le sue merci scelte con attenzione per la loro qualità, fatte per durare.
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