In quel 2 agosto 1980, l’attentato neofascista alla stazione di Bologna causò una strage: 85 morti e 200 feriti. Le celebrazioni oggi, in piazza e online.
Lo squarcio nell’ala Ovest della stazione di Bologna è una ferita alla Democrazia di questo Paese, non ancora sanata. Il 2 agosto 1980, alle ore 10.25, un ordigno bellico nascosto in una valigia abbandonata viene fatto esplodere nella sala d’aspetto della seconda classe. Stracolma in tempo di ferie. Il boato dell’esplosione è assordante. La struttura crolla. Onda d’urto, detriti. Muoiono 85 persone. Oltre 200 i feriti. Persone, non numeri. Una strage che chiede ancora giustizia.
L’Italia peggiore
«Non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia», afferma in lacrime il Presidente partigiano, Sandro Pertini, accorso sul luogo della strage. La città si mobilita. Si attivano i soccorsi. Il tram della linea 37 trasporta i feriti in ospedale e i morti in obitorio. L’autista Agide Melloni presta servizio per 16 ore come soccorritore. «Su quell’autobus le ore più tragiche e più piene di senso della mia vita», racconterà poi ai media. A ricordare la sua storia anche il gruppo di giovani cantanti bolognesi, Lo Stato Sociale, con la canzone “Linea 30” nell’album L’Italia peggiore.
Strategia della tensione, Anni di Piombo, pista neofascista, servizi deviati di estrema destra e P2, depistaggi e Gladio. Esecutori materiali Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Individuati poi anche Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini, Paolo Bellini. Tutti membri dei NAR, i Nuclei Armati Rivoluzionari, di chiaro stampo neofascista. Solo nel 2020 la Procura Generale di Bologna conclude l’inchiesta sui mandanti: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, Mario Tedeschi. Nessuna azione giudiziaria: tutti già deceduti. Ora, ancora, in corso un nuovo processo a mandanti e depistatori. L’orologio, da allora, è fermo all’ora dello scoppio: le 10,25.
Un esempio di virtù civica
In quel giorno di 41 anni fa medici e infermieri ritornano dalle ferie e prestano un servizio straordinario. Auto private e taxi si aggiungono ai soccorsi. Le prime proteste in Piazza Maggiore sono quelle ai funerali delle vittime il 6 agosto alla Basilica di San Petronio. Il 1 giugno 1981 si costituisce l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 Agosto 1980. Nel 1983 nasce l’Unione dei familiari delle vittime: c’è anche Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia e il treno Italicus. Chiedono giustizia. Incalzano, attendono. Ricordano la ferita del Paese. E ogni anno, ogni triste anniversario, portano in manifestazione lo sdegno e il dolore di tutti.
Il dovere della memoria
A 41 anni dalla strage, in questo 2 agosto 2021, torna il corteo, sospeso lo scorso anno a causa del Covid. Ad aprire la manifestazione, l’autobus 37 con affianco l’autogru dei pompieri. Alle celebrazioni, i tre consueti fischi del treno e il minuto di silenzio, prima di passare la parola a Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari, 35 anni allora, oggi 76. Con il sindaco Virginio Merola e il presidente della Regione Stefano Bonaccini, sarà presente la Ministra della Giustizia Marta Cartabia. Ancora si attendono Verità e Giustizia. Mentre la Storia ancora una volta insegna di esser composta dalle storie di tanti.
«Ognuno deve fare la propria parte»
Ma ci sono anche le storie di chi, magari, ne è uscito salvo per un soffio. Come quella raccontata da Chiara Ghinelli sui suoi genitori al giornalista Mario Calabresi. O come quelle raccolte ora nel podcast “40 anni, una voce” ad opera dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna. Un lavoro sui 40 anni dell’Associazione dei Familiari delle Vittime. Le voci di tanti e tante, come quella del primo presidente Torquato Secci e di Paola Sola, storica segretaria dell’Associazione. Nell’evento online, dalle 10.25 sulla pagina Facebook e Instagram dell’Assemblea, le parole dell’allora assessora Miriam Ridolfi, coordinatrice dei soccorsi, saranno lette dalla Presidente dell’Assemblea Legislativa Emma Petitti: «Ognuno deve fare la propria parte». Insieme a video di attori del calibro di Alessio Boni e Alessandro Bergonzoni, Neri Marcorè e Moni Ovadia, solo per citarne alcuni, che leggono articoli di giornali e lettere dei parenti.
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