Un nuovo sistema di imaging ad alta risoluzione degli occhi, sviluppato da ricercatori italiani, promette di individuare i primi segnali dell’Alzheimer analizzando la retina. Una tecnologia, ancora in fase di sperimentazione, che però potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce delle malattie neurodegenerative.
Un team di ricercatori italiani ha sviluppato una tecnologia rivoluzionaria per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. Un sistema di fotocamere ad alta risoluzione e un sofisticato software in grado di individuare i minimi movimenti involontari dell’occhio umano, rivelando così i primi, impercettibili segnali della malattia, addirittura fino a 20 anni prima della sua manifestazione clinica.
Questa innovazione, frutto della collaborazione tra l’Istituto di nanotecnologia del Cnr di Lecce, il Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’IIT di Roma e l’azienda D-Tails, si basa su una tecnica di super-risoluzione chiamata “Stochastically Structured Illumination Microscopy”.
Prevenire le malattie neurodegenerative
“Il progetto nasce da una tendenza globale che punta allo studio delle malattie neurodegenerative partendo dalle immagini e dalle proprietà della retina- spiega Marco Leonetti, ricercatore del Cnr-Nanotec -, una sorta di finestra sul sistema nervoso centrale, generalmente difficile da osservare direttamente. L’Alzheimer, infatti, viene diagnosticato tramite esami comportamentali, risonanza magnetica o, in modo più invasivo, con l’esame cerebrospinale. Il nostro obiettivo è superare queste tecniche con un metodo non invasivo, ottenendo un’immagine super definita della retina per prevenire le malattie neurodegenerative attraverso uno screening retinico a basso costo e accessibile”.
I primi segnali della patologia
La capacità di rilevare i segnali della patologia con così ampio anticipo è basata su una constatazione fondamentale. I ricercatori impegnati sul progetto hanno notato che gli studi, effettuati per ora solo sugli occhi dei topi, mostrano una correlazione temporale significativa tra eventi retinici e lo sviluppo di malattie come Alzheimer o Parkinson, con i primi che precedono di molti anni i secondi.
La nuova tecnologia si integra con l’esame del fondo oculare, una procedura già ampiamente utilizzata dagli oculisti e, talvolta, dagli ottici durante la preparazione degli occhiali. Questa procedura prevede l’utilizzo di un flash per illuminare la retina e una telecamera per catturare l’immagine. Tuttavia, gli esami standard riescono a rilevare solo patologie di dimensioni superiori a 1 millimetro, come il diabete o la degenerazione maculare. Per diagnosticare le malattie neurodegenerative in fase precoce, è necessario individuare accumuli di cluster proteici molto più piccoli, al di sotto della risoluzione degli strumenti tradizionali.
Immagine ad altissima risoluzione
Il sistema sviluppato dal team italiano supera questo limite sfruttando il cristallino dell’occhio come un microscopio inverso. Invece di focalizzarsi su oggetti lontani, la tecnologia utilizza il cristallino per ottenere un’immagine ad alta risoluzione della retina stessa. Per ovviare al continuo movimento dell’occhio, un sofisticato algoritmo elabora le immagini catturate da due telecamere: una registra l’immagine retinica, mentre l’altra monitora i movimenti oculari con estrema precisione. Il software corregge quindi le imperfezioni dovute al movimento, generando un’immagine finale nitida e ad altissima risoluzione.
La precisione raggiunta è notevole, consentendo di rilevare cluster proteici di dimensioni comprese tra 2 e 5 micron. Questo rappresenta un significativo miglioramento rispetto alle tecnologie esistenti, avvicinandosi alle dimensioni dei cluster di 200 nanometri (0,2 micron) associati alle malattie neurodegenerative.
Una rivoluzione per le diagnosi
L’applicazione su vasta scala di questa tecnologia potrebbe rivoluzionare la diagnosi di queste patologie. L’obiettivo è quello di analizzare nel tempo un ampio numero di pazienti per identificare un biomarcatore affidabile della malattia. Sebbene la presenza di questi cluster proteici sia stata riscontrata in pazienti con diagnosi confermata, la tecnica necessita ancora di sperimentazioni sull’uomo. La possibilità di prevedere lo sviluppo dell’Alzheimer con 20 anni di anticipo, attraverso un esame non invasivo ed economico sugli occhi, rappresenta un’opportunità senza precedenti.
Risultati promettenti
I risultati preliminari, ottenuti su un modello oculare artificiale (“occhio phantom”) che replica le proprietà dell’occhio umano, sono molto promettenti. Anche con una versione semplificata della tecnologia, si è raggiunta una correlazione del 90% nei pazienti con malattia conclamata, un dato molto vicino al 95% ottenuto con metodi diagnostici più invasivi.
Questo nuovo approccio apre prospettive importanti per la diagnosi precoce e la prevenzione dell’Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative, consentendo interventi tempestivi e potenzialmente trasformativi.
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