Il rapporto Istat sul settore offre uno spaccato della realtà socio-assistenziale e socio-sanitaria del Paese. Si conferma l’effetto crudele della pandemia sulle Rsa e dona una fotografia sullo stato dell’assistenza in Italia.
L’Istat analizza l’offerta delle residenze assistenziali, le prime rimaste colpite dallo scoppio della pandemia. È in questi luoghi, come sappiamo, che gli effetti dell’emergenza sanitaria si sono fatti sentire più duramente. E proprio da qui, oggi, riparte il Sistema sanitario, per una necessaria riorganizzazione del settore volta a sostenere i bisogni degli anziani, nella consapevolezza che debbano essere assistiti al meglio negli ultimi anni della loro vita.
Lo stato dell’assistenza in Italia: Rsa e il Covid
Il mondo delle Rsa è in trasformazione. Quale sia la situazione al momento ce lo spiega l’Istat con uno studio sui dati riferiti al 31 dicembre 2020. A quella data l’offerta dei posti letto sul territorio era di 412mila unità, 7 ogni 1.000 residenti. Numeri più alti al Nord-est, con 9,9 posti, che scendono drammaticamente al Sud, fino a superare di poco le 3unità. Gli ospiti sono 342.361, in tre casi su quattro over 65, a fronte di 343mila operatori coadiuvati da più di 35mila volontari. I dati testimoniano il drammatico fronteggiamento delle strutture all’avanzare del Covid. Se dal 2015 il tasso di ricovero degli anziani mantiene un andamento stabile (21 ospiti per 1.000 residenti), nel 2020 la presenza degli over 65 registra un forte calo (38mila in meno). A diminuire sono soprattutto gli anziani non autosufficienti di sesso maschile. Contestualmente, a fine 2020, causa pandemia, tra gli ospiti anziani i decessi aumentano del 43% (oltre 32mila in più rispetto all’anno precedente).
Posti letto in gran parte per l’assistenza sociosanitaria
Delle oltre 15mila unità di servizio sul territorio (tra Rsa e altre strutture, come quelle per i minori e contro il disagio sociale) la maggior parte è di tipo socio-sanitario, ossia destinata all’assistenza di utenti anziani non autosufficienti. Una categoria che occupa il 75% dei posti letto disponibili. Mentre agli anziani autosufficienti e alle persone con disabilità “spettano”, rispettivamente, il 9 ed il 7% dei posti letto. L’offerta di posti letto per anziani non autosufficienti è molto alta al Nord (28 posti letto ogni 1.000 residenti anziani al Nord-ovest, 31 al Nord-est). Le differenze territoriali sono marcate tra le donne. Per le ospiti, infatti, si registrano tassi di ricovero elevati nelle residenze del Nord (30 anziane non autosufficienti per 1.000 residenti della stessa età).
Anziani nelle strutture: in prevalenza donne e over 80
In Italia sono oltre 255mila gli over 65 ospiti delle strutture residenziali, poco più di 18 per 1.000 anziani residenti; di questi, oltre 14 sono in condizione di non autosufficienza. La componente femminile prevale nettamente su
quella maschile: su quattro ospiti anziani, tre sono donne. Il 76% degli anziani assistiti nelle Rsa ha superato gli 80 anni di età, quota che si attesta al 77% per i non autosufficienti e si riduce al 70% per gli anziani autosufficienti. Gli over 80 costituiscono quindi la quota preponderante degli ospiti anziani, con un tasso di ricovero pari a 63 ospiti per 1.000 residenti, oltre 14 volte superiore a quello registrato per gli anziani con meno di 75 anni di età, per i quali il tasso si riduce a 4,4 ricoverati per 1.000 residenti.
Il valore del Terzo Settore
Le organizzazioni no-profit, evidenzia l’Istat, svolgono un lavoro essenziale di supporto e gestione del settore. Il 44% delle strutture, infatti, è a loro carico, a fronte del 20% degli enti pubblici, del 24% di privati for profit e del residuale 12% in capo a enti religiosi. Inoltre, solo nell’88% dei casi i titolari gestiscono direttamente le residenze: per il resto si tratta di una gestione affidata ad altri oppure mista. Infine, conclude il report, la gestione dei presidi residenziali è affidata prevalentemente a organismi di natura privata (75% dei casi), soprattutto di tipo non profit (51%); il 12% delle residenze è gestita da enti di natura religiosa e circa il 13% dal settore pubblico.
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