Il desiderio diffuso di assicurarsi una migliore qualità della vita, tra tradizione e natura, ha trasformato i piccoli centri in una valida alternativa alle periferie cittadine. Oggi si punta a rigenerarli e ripopolarli.
Le cifre parlano chiaro: entro il 2050 il numero di anziani sarà il 22% della popolazione globale, circa 2 miliardi. E la maggioranza di essi vivrà nelle grandi città. Secondo i dati del World Urbanization Prospects dell’Onu, il 55% della popolazione mondiale già oggi vive nelle grandi aree urbane e il 68% lo farà entro il 2030.
Le città, seduttive come moderne sirene, da sempre richiamano persone mostrando loro la grande vetrina delle opportunità e minimizzando le criticità che non riguardano soltanto alloggi, trasporti, lavoro, inquinamento ma anche salute, protezione sociale e assistenza a lungo termine. E così i piccoli centri si svuotano e muoiono.
Un problema che coinvolge anche il nostro Paese, dove già oggi si vive per il 75% nei grandi centri urbani. Il territorio è costellato da circa 8mila comuni, di cui poco più di 5mila hanno una popolazione che raggiunge a malapena i 5mila abitanti. 2.381 comuni sono in avanzato stato di abbandono, anzi, molti sono già vuoti.
Ora la pandemia ci ha fatto ripensare modelli e stili di vita perché il virus ha colpito più duramente lì dove la vita è più viva, dove ci si accalca, ci si incontra, ci si muove con i mezzi pubblici, dove gli uni sono vicini agli altri.
Ed è proprio il desiderio di spazio, sicurezza, natura e sviluppo sostenibile che ha portato a rivalutare quei luoghi lasciati invecchiare e sgretolare.
Oggi si stanno moltiplicando progetti, disegni e piani di recupero per ripopolare i borghi e dar loro nuovo lustro. Amministratori locali, architetti, associazioni si stanno muovendo affinché i piccoli centri, portavoce di identità e valori, (ri)diventino la spina dorsale dell’Italia.
Nel PNRR del Recovey Plan è inserito il Piano Nazionale Borghi, finanziato con 1 miliardo di euro. Ma per ripopolare i piccoli centri non bastano slogan né progetti effimeri. È necessario dotarli di attività commerciali e servizi, accessibilità, connessioni digitali a banda larga affinché i giovani possano lavorare anche a distanza, e un’assistenza sanitaria adeguata per i più anziani. E servono soprattutto investimenti che garantiscano lavoro e diano stabilità economica e certezze a chi li vorrebbe abitare. È necessario un piano a lungo termine che vada al di là di mode passeggere, che sia un’opportunità per ogni generazione e soprattutto che non riproduca gli errori del passato, quelli che hanno costretto migliaia di persone a fare le valigie, lasciando che un patrimonio di storia e cultura diventasse un mondo popolato da fantasmi.
(Foto apertura: Stephanie Gengotti)
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