Lo svelano i dati dell’indagine di Inapp e FGB, “Decent work? Segregazione occupazionale e condizioni di lavoro della manodopera immigrata”. La ricerca ha preso in esame le condizioni dei lavoratori stranieri nei settori di agricoltura, edilizia, lavoro domestico e turismo. Il 51% è senza contratto. Molti di più sono i “lavoratori grigi”: il contratto c’è, ma non viene rispettato.
Il lavoro “nero” in Italia è ancora dilagante. Il lavoro “grigio” lo è ancora di più. La differenza? Nel primo caso, il contratto non c’è; nel secondo c’è, ma è come se non ci fosse, perché non viene rispettato. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine condotta nell’ultimo anno da Inapp in collaborazione con Fgb-Fondazione Giacomo Brodolini.
Il campione della ricerca
Lo studio ha analizzato le condizioni della manodopera di origine straniera. I settori esaminati sono agricoltura, edilizia, lavoro domestico e turismo, dove maggiore è il rischio di sfruttamento. Sono stati coinvolti oltre 2,000 immigrati domiciliati in Italia, di 85 nazionalità diverse. Sono soprattutto uomini (1.291 rispetto a 730 donne) tra i 25 e i 34 anni (37%). Tre quarti dei rispondenti provengono da Paesi extra-UE, con una prevalenza di marocchini, ucraini, albanesi e tunisini.
L’oggetto dell’indagine
Obiettivo della ricerca è approfondire le condizioni di irregolarità lavorativa. Tra gli intervistati, il 51% lavorano in assenza di contratto. Accanto a questi, un numero ancora più alto di persone ha un “lavoro grigio”: hanno un contratto, che però non viene rispettato. L’attività più diffusa tra i “lavoratori grigi” riguarda il “personale non qualificato nell’agricoltura e nella manutenzione del verde” (22,1% ). Il lavoro “nero” è invece diffuso soprattutto tra il “personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli” (19,3% di quanti vengono impiegati in nero).
Quale sicurezza?
L’irregolarità si accompagna spesso a mancanza di sicurezza: l’8% degli intervistati ha subito un infortunio sul lavoro. Di questi, però, appena il 57,6% ha richiesto assistenza sanitaria in esito al relativo incidente. Perché? Perché qualcuno sconsiglia di fare denuncia, o per paura di perdere il lavoro. In un simile contesto, tuttavia, solo il 4% dei lavoratori intervistati prende in considerazione l’idea di lasciare l’Italia. Il 41% confida in un miglioramento delle proprie condizioni lavorative entro un anno.
“L’indagine evidenzia uno spaccato sulle condizioni di sfruttamento – dichiara il presidente INAPP Natale Forlani -. Questa deve essere contrastata con una pluralità di provvedimenti, che favoriscano la regolamentazione con il contributo attivo di imprese e rappresentanze sociali nella programmazione dei contratti di lavoro. Appare evidente che detti lavori rappresentano molti settori relativi al lavoro domestico, alla ristorazione, all’assistenza agli anziani o a lavori legati alle manutenzioni dove la manodopera delle attività produttive fa sì che la domanda di lavoro, con l’uscita dei lavoratori anziani italiani, sia svolta da lavoratori immigrati con bassa qualifica”.
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