Nonostante la pandemia ci abbia messo a dura prova, un approccio positivo può fare la differenza per affrontare la crisi nel quotidiano. Il realismo, la speranza, la solidarietà e la gentilezza nei confronti dell’altro possono essere strumenti indispensabili per fronteggiare e dominare la paura
È un’affermazione forte, quella del titolo, di fronte alla crisi che si è allargata tra la gente, che sta diffondendo paure, angosce, fino alla perdita della voglia di vivere.
È quindi doveroso fondare il fatto che “il Covid non ferma la vita” su precisi comportamenti, perché questa ipotesi vitale non risulti una visione distorta della realtà, in particolare rispetto alle persone anziane.
Di seguito riassumo alcuni atteggiamenti che devono accompagnarci nel tempo difficile del Covid-19. Gli argomenti sono stati trattati nelle scorse settimane in una serie di incontri via web organizzati da 50&Più.
Il primo importante comportamento è l’adozione di uno sguardo preciso verso il futuro, una scelta forte: la paura non deve dominare la vita, anche nelle condizioni più drammatiche. La solitudine non deve trasformare l’esistenza di ognuno in un inferno. Scrive Luigi Maria Epicoco nel magistrale libretto La luce in fondo: «Quante volte guardiamo la vita con lo stesso sguardo, non riuscendo a cogliere nessuna bellezza, nessun dettaglio struggente, ma vivendo costantemente sulla difensiva, interpretando la nostra esistenza come un nemico da cui difendersi». Anche nelle situazioni più difficili la propria vita deve sempre essere gestita con dolcezza. Riconosciamo che talvolta la fatica di vivere può trasformarsi in una depressione clinicamente rilevante; in questi casi è necessario un intervento da parte di medici competenti. Nella gran parte dei cittadini devono, invece, prevalere scelte personali, volte a difendere il proprio futuro.
Un altro atteggiamento positivo consiste nell’allontanare qualsiasi tentativo iperprotettivo e non rispettoso della libertà, tendente a ridurre anche i piccoli spazi concessi dalle misure preventive. Siano essi indotti dalla scelta di confinare i vecchi, perché sostanzialmente inutili e quindi arrecanti un danno, quando si ammalano, al quale non corrisponde alcun vantaggio sociale. Oppure, siano essi indotti dal desiderio di alcuni famigliari di allontanare il senso di colpa per l’abbandono di fatto del loro caro. O ancora, siano essi indotti da scelte immotivate da parte del contesto. In ognuna di queste situazioni, l’anziano deve sempre riaffermare il proprio diritto, pur nel rispetto delle leggi, di non essere schiavo di nessuno a causa dell’età.
È anche necessario proteggere ogni possibile relazione, pur all’interno delle realtà anguste concesse dalle limitazioni dei regolamenti. La comunicazione a distanza è spesso frustrante, ma è meglio del silenzio. Quando è possibile, seguire gli spettacoli televisivi, non con il sonno che abbassa le palpebre, ma con la volontà di capire i comportamenti, i caratteri, le dinamiche. Ogni spettacolo televisivo, se guardato con curiosità, apre una serie di interrogativi che “tengono sveglia la vita”.
Se il tempo del Covid ha chiuso in casa la persona assieme a un proprio caro da assistere, privandola così di supporti concreti e della possibilità di avere qualcuno che ascolta, allora il rapporto con l’ammalato è tutto quello che resta della vita; trattarlo con gentilezza e generosità è quindi il modo migliore per vedere un sorriso che dà forza e sostegno. Poi chi ha la fortuna di credere nella parola del Signore, che ci ha assicurato che qualsiasi gesto verso i più fragili è un gesto di amicizia nei suoi riguardi, ha una motivazione ulteriore per non farsi dominare dal Covid.
Vi sono infine alcuni atteggiamenti personali che aiutano ad affrontare le difficoltà e ad impedire che la vita sia dominata solo dal pensiero fisso della malattia, che ci potrebbe aggredire in qualsiasi momento. Da questo punto di vista è necessario pensare che su 60 milioni di italiani solo un milione è risultato positivo e che solo una piccola parte si è ammalata. Vi sono quindi grandi spazi per azioni preventive serie, che permettano con ragionevole tranquillità di allontanare il rischio di infezione. Il realismo in molti casi aiuta ad affrontare le paure fondate soprattutto sull’incertezza, sulla mancanza di dati precisi. Se i responsabili della cosa pubblica capissero i danni provocati ai cittadini dal vedere buio nel proprio futuro, sarebbero certamente più attenti nell’organizzare la comunicazione.
Altro atteggiamento positivo è il sentimento della speranza. La persona deve trovare in quello che fa una ricompensa immediata, che prescinde dal raggiungimento del risultato. Nella vita non vi è mai una meta definitiva, ma il continuo inseguimento di forme migliori per la nostra esistenza. È stato scritto che Sisifo trova lo scopo dell’esistenza nella sua impresa senza fine. Così avviene per ognuno quando non rinuncia, ma continua nella ricerca di una strada, anche se talvolta non si trova. Ma la speranza di poterla trovare mantiene vivi. Come capita in questo momento, dominato dalle notizie sul Covid-19, quando cerchiamo di uscirne, allo stesso tempo interessati al nostro bene, ma anche a quello delle persone che amiamo e delle nostre comunità.
Infine, sappiamo che la scienza non si ferma davanti al Covid-19, lo sta dimostrando con le speranze suscitate con il vaccino. L’impegno di migliaia di laboratori e cliniche in tutto il mondo è il segnale che il Covid non ha stroncato la capacità di reagire e di costruire un futuro migliore.
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