Siglato da 37 associazioni attive nella tutela della non autosufficienza per l’attuazione efficace della riforma prevista dal PNRR. Presentate cinque proposte a Governo e Parlamento.
Un “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”. È quello siglato da 37 organizzazioni della società civile. Il Patto è stato presentato ufficialmente lo scorso 20 luglio al Parlamento e ai Ministri della Salute, Roberto Speranza, e del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando.
Un Patto per l’attuazione efficace del PNRR
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contiene un progetto di riforma radicale della non autosufficienza atteso ormai dagli anni ’90. Progetto che investe sulla tutela delle persone più fragili più di 7 miliardi e mezzo di euro complessivi fra sostegno alla non autosufficienza e riorganizzazione del sistema sanitario nazionale nell’ottica della valorizzazione della domiciliarità e delle reti di prossimità. Un’ampia iniziativa a cui la riforma della non autosufficienza fa da cappello.
“La previsione del PNRR – si legge nel documento ufficiale dell’iniziativa – offre un’opportunità storica per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia: la sfida è riuscire a coglierla”. In vista dunque della partenza del PNRR, il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” chiede al governo e al Parlamento di assumere e rispettare 5 impegni. Cinque proposte per “una grande riforma per l’assistenza agli anziani non autosufficienti che punti alla integrazione degli interventi socio-sanitari – si legge nel comunicato stampa sull’iniziativa -, tenendo conto delle specifiche ed eterogenee condizioni degli anziani e delle loro famiglie, incrementando i finanziamenti pubblici in particolare per i servizi domiciliari e residenziali e puntando sulla innovazione”.
Fare la storia
Le associazioni del Patto chiedono di realizzare “un ridisegno sostanziale dell’insieme degli interventi afferenti all’assistenza agli anziani non autosufficienti”. Questo per evitare una riforma puramente formale, cioè incapace di aggredire i problemi di fondo. A tal fine, occorrono modifiche strutturali ma anche l’estensione della riforma a tutti gli interventi compresi nell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Quindi, la filiera sanitaria e quella sociale, i contributi economici e i servizi alla persona, le risposte nel territorio e quelle nelle strutture. Così come gli interventi dedicati ai caregiver.
Superare la frammentazione
Promuovere un approccio unitario, a partire dall’elaborazione congiunta della riforma tra i Ministeri della Salute e del Lavoro. È quello che chiedono le associazioni attive nella tutela degli anziani non autosufficienti. Un approccio unitario – si spiega nel documento – che deve coinvolgere ogni livello: percorsi di accesso, progettazione ed erogazione degli interventi e rapporti tra le istituzioni.
Riconoscere le specificità della non autosufficienza
Prendere in considerazione le specifiche condizioni degli anziani non autosufficienti, e la loro eterogeneità, ma anche il fatto che la non autosufficienza coinvolge l’intera esistenza della persona e dei suoi familiari. È questa una premessa fondamentale per progettare risposte di assistenza “multidimensionali” e realmente capaci di affrontare ogni tipo di fragilità, che sia fisica (motoria) e/o mentale (cognitiva).
Investire per cambiare
“Incrementare i finanziamenti pubblici dedicati alla non autosufficienza, in particolare ai servizi (domiciliari, intermedi e residenziali). Seguendo una semplice regola: ogni euro stanziato in più deve essere finalizzato a innovare le risposte”. È questo uno degli impegni chiesti nel documento sottoscritto dalle 37 associazioni per la tutela della non autosufficienza. L’Istat ha censito circa tre milioni di anziani non autosufficienti. Rappresentano il 5% della popolazione e il loro numero è destinato a raddoppiare entro il 2030. Servono innanzitutto nuovi fondi, perché quelli attuali sono insufficienti a far fronte alle esigenze di una fascia di popolazione sempre più ampia. Ma occorre anche che i nuovi finanziamenti siano impiegati in modo proficuo, per migliorare e non per replicare le criticità tuttora esistenti su scala maggiore.
Connettere interventi transitori e riforma
Avviare concretamente il cantiere della riforma implica che il testo generale e gli interventi transitori siano elaborati e portati avanti congiuntamente. In particolare, per quanto riguarda le azioni transitorie, una riforma efficace dovrebbe partire dalla valorizzazione della domiciliarità. È infatti su questa che si concentra una larga fetta degli investimenti del PNRR.
Attenzione a non dividere i giovani dagli anziani
Un’attenzione particolare, infine, va prestata a come il PNRR affronta il legame fra non autosufficienza ed età. “Anche se la condizione di non autosufficienza attraversa ogni fascia di età – si sottolinea nel documento del Patto -, il PNRR prevede due riforme separate, rivolte rispettivamente ai giovani e agli adulti, da una parte, e agli anziani, dall’altra”. Accanto alla riforma della non autosufficienza, è infatti prevista una parallela riforma della disabilità per la quale sono stanziati 800 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo per la disabilità e la non autosufficienza. “Tuttavia, la natura trasversale della non autosufficienza deve sempre essere ricordata – si evidenzia nel documento – e richiede di rendere tra loro coerenti le due riforme da elaborare”.
© Riproduzione riservata