Abbiamo raccolto una serie di testimonianze tra i nostri lettori per dare voce alle persone comuni, lasciando per un momento da parte i tavoli della scienza e della politica. Perché confrontare le esperienze aiuta a fugare i dubbi. E a rassicurare.
Oggi i vaccini rappresentano l’arma più importante in nostro possesso per superare l’emergenza sanitaria. Alcuni vi si approcciano con trepidazione, altri con maggior serenità. C’è chi cerca un passaporto per la libertà e chi risponde ad un “obbligo” lavorativo. Ma in tutti, giorno dopo giorno, cresce la consapevolezza che aderire alla campagna vaccinale sia, forse soprattutto, un gesto civico di rispetto. Proteggere le nostre vite significa infatti salvaguardare anche quelle altrui.
I racconti del personale medico sanitario
Talitha, 26 anni, fisioterapista: «Lavoro per due cliniche diverse e una di queste è una RSA che, a gennaio, ha contattato tutti gli operatori sanitari per sapere se fossero intenzionati a vaccinarsi. Ho dato subito la disponibilità perché sono dell’idea che chi fa questo lavoro debba vaccinarsi e non possa esserci possibilità di scelta», racconta Talitha che, su questo punto, ha le idee chiare. «Il personale sanitario, per il lavoro che svolge, è a stretto contatto con pazienti di tutti i generi. Possiamo infettarci, ma soprattutto possiamo infettare. Ogni volta che svolgiamo il nostro lavoro e tocchiamo qualcuno, lo massaggiamo o lo manipoliamo, in quel momento, anche se stiamo attenti, possiamo essere un veicolo». Talitha racconta anche che l’altra clinica per cui lavora ha organizzato i turni di vaccinazione e che, probabilmente, se si fosse vaccinata in quella circostanza, avrebbe ricevuto la soluzione di AstraZeneca. «Non sarei stata preoccupata in quel caso. So che molte persone hanno avuto reazioni più forti come febbre e dolori, ma l’avrei fatto comunque. La campagna mediatica a riguardo non mi ha spaventato». E quando le chiediamo cosa si aspetta dal futuro risponde: «Secondo me, per un po’ di tempo dovremo ripetere il vaccino così come facciamo per quello influenzale». Quando torneremo alla normalità? Per Talitha è un traguardo ancora lontano: «Cominceremo a uscirne a fine anno, ma la parola “normalità” la collocherei nel 2023».
Stefano, 35 anni, tecnico di radiologia, ha già fatto entrambe le dosi di vaccino e ci racconta la sua esperienza. «Lavoro in un ospedale che durante la pandemia ha conosciuto momenti molto difficili a causa del Covid: tanti pazienti si sono ammalati e anche tanti operatori. Perciò quando sono stato contattato dalla struttura per cui lavoro per sapere se fossi interessato a vaccinarmi, ovviamente ho detto di sì. Il 9 febbraio ho fatto la prima dose del vaccino Pfizer. Il giorno seguente non ho avuto alcun sintomo se non un po’ di dolore al braccio: cosa che mi accade sempre anche dopo il vaccino antinfluenzale. Quello stesso giorno mi hanno dato appuntamento per 21 giorni dopo per il “richiamo”. Sono tornato a inizio marzo e in quel caso si sono accertati delle mie condizioni di salute dopo la prima dose: mi hanno chiesto di elencargli i sintomi, nel caso ci fossero. Per la seconda dose ho avuto i sintomi dell’influenza. Brividi, indolenzimento e un po’ di stanchezza. Ma è tutto passato nel giro di poche ore e, comunque, ero stato avvisato quindi non mi sono preoccupato». Sull’utilità del vaccino, Stefano non ha alcun dubbio: «È stato un sollievo fare il vaccino perché si abbassano le probabilità di prendere il Covid o di trasmetterlo e questo ti fa lavorare in maniera più rilassata sia per la tua salute che per quella dei pazienti. In questi mesi, infatti, nonostante sia sempre risultato negativo ai controlli periodici, ho avuto spesso paura di trasmettere il virus a qualcuno o di portarlo a casa, alla mia famiglia. Non vedo l’ora che tutte le persone attorno a me siano vaccinate per poter tornare a stare insieme senza nessuna paura». Sulle prospettive future c’è un po’ di incertezza, ma non manca la speranza: «Nella più rosea delle aspettative, mi piacerebbe che l’80% della popolazione venisse vaccinata entro fine estate o inizio autunno perché con l’arrivo dell’inverno, com’è accaduto quest’anno, aumentano le probabilità di contrarre il virus. È inevitabile visto che si passa più tempo in strutture chiuse dove il contagio avviene più facilmente. Ecco, diciamo che mi piacerebbe moltissimo non passare un altro inverno come quello appena concluso».
Carlotta, 29 anni, farmacista si è mostrata entusiasta e felice di condividere la propria esperienza. «Sono stata tra i primi ad essere vaccinati e ho avuto un grande privilegio. Noi (farmacisti, ndr), infatti, abbiamo ricevuto la comunicazione dall’Ordine che saremmo stati vaccinati a fine gennaio. Chi voleva candidarsi, poteva segnarsi in un apposito portale. L’organizzazione nel mio caso è stata molto efficiente: sono andata al punto adibito in cui mi hanno chiesto di compilare un modulo che riassumesse il mio stato di salute, le mie patologie e le medicine che assumo. Dopo di che, ho avuto un colloquio con il medico così che lui visionasse il mio questionario compilato e mi facesse domande apposite. Mi ha comunicato che mi avrebbero iniettato il vaccino Pfizer e mi ha spiegato, in maniere molto esaustiva, i possibili effetti collaterali: mi ha anche detto di non preoccuparmi nel caso si fossero presentati in seguito al vaccino perché alcuni effetti sono assolutamente normali. L’unico sintomo che ho avuto è stata un po’ di stanchezza dopo la seconda dose, ma il giorno dopo già stavo bene». Grazie al suo lavoro, Carlotta ha avuto anche modo di rendersi conto della gestione della campagna vaccinale in Emilia-Romagna. «Noi, come farmacie, garantiamo il servizio di prenotazione del vaccino e questo mi ha dato modo di vedere l’andamento della situazione. All’inizio, infatti, era tutto molto frenetico con una vera e propria corsa alle prenotazioni. Dopo la divulgazione delle notizie sui giornali in merito ad AstraZeneca, però, la cosa è andata scemando e abbiamo visto anche persone che sono tornate per disdire l’appuntamento per paura», ci dice. Una complicanza che, secondo Carlotta, potrebbe ripercuotersi sul futuro: «Inizialmente, ero molto sollevata e credevo che si potesse arrivare a inizio del prossimo anno con una buona percentuale di vaccinati, ma dopo il caso di AstraZeneca non sono così fiduciosa. Secondo me, come dicevo, la comunicazione in merito a questo caso è stata davvero discutibile perché ha alimentato la paura di reazioni avverse e di complicanze enormi, intaccando la percezione della popolazione sull’utilità del vaccino. Dobbiamo analizzare la ripresa della campagna vaccinale dopo questa battuta d’arresto. Se tutto riprenderà in modo efficace e veloce, allora a fine del 2021, la maggior parte della popolazione sarà vaccinata. Ma per parlare di normalità bisognerà aspettare il 2023».
Cinzia, 58 anni, infermiera: «Sono infermiera presso uno dei maggiori ospedali romani, dunque so bene cosa significhi contrarre questo virus. Sono stata la prima del mio reparto ad essere stata vaccinata e ho ricevuto anche la seconda dose. Non ho avuto nessun effetto particolare, se non spossatezza e dolore alle ossa, ma ancora oggi continuo a seguire i protocolli di sicurezza. Indosso sempre la mascherina, sto attenta all’igiene delle mani e al distanziamento sociale, perché il mondo non è ancora pronto per essere libero».
Le esperienze dei docenti
Elena, 57 anni, insegnante, ci ha raccontato la sua vicenda ad appena due giorni dalla prima vaccinazione. «Ho ricevuta la prima dose di AstraZeneca martedì (23 marzo, ndr) – racconta -. L’ho fatto nel pomeriggio e fino a sera ero in ottima salute, senza alcun sintomo. Sono stata bene fino a sera quando, poi, mi è salita la temperatura a 38.7° e ho avuto dolori osteoarticolari in tutto il corpo. Non sono riuscita a riposare quella notte, così il giorno dopo, sempre su consiglio del medico, ho preso alcuni farmaci che hanno contribuito ad abbassare la temperatura e hanno alleviato i dolori. Oggi, però, a distanza di due giorni, sto molto meglio». Mentre ce lo racconta, infatti, ha una voce allegra e conclude con una considerazione sul futuro. «Ovviamente, dopo questo vaccino, dovrò continuare a mantenere le distanze, a utilizzare la mascherina, a lavarmi spesso le mani, ma mi aspetto che gran parte degli italiani siano vaccinati entro la fine dell’anno in modo che pian piano si possano abbandonare queste precauzioni. Ma, soprattutto, mi aspetto di poter condurre al più presto una vita quasi normale. Immagino che in futuro questo vaccino dovrà essere ripetuto come quello influenzale, ma è un piccolo sforzo che si può compiere per tornare alla normalità».
Debora, 28 anni, insegnante: «Ho scelto di fare il vaccino quando ho saputo che anche in Emilia-Romagna c’era questa possibilità per gli insegnanti», ci racconta. «Così, ho contattato il mio medico di base, sottolineando il mio interesse a vaccinarmi, e ho aspettato che lui mi desse l’appuntamento. Ho fatto la prima dose di AstraZeneca il 6 marzo e la prossima dovrò farla a fine maggio». Il caso di Debora, che convive con una patologia cronica, forse è un po’ anomalo rispetto agli altri, come lei stessa ci racconta: «Il medico mi ha inviato via e-mail un modulo da compilare in cui riportare la propria storia clinica e segnalare eventuali terapie in corso. Così, ho fatto presente che stavo seguendo una terapia per un morbo che mi è stato appena diagnosticato. Dopo aver visionato il mio caso, però, il mio medico di base ha comunque ritenuto che io fossi idonea a ricevere il vaccino, così mi sono recata all’hub nel giorno dell’appuntamento. Il giorno successivo ho avuto un po’ di indolenzimento al braccio dove era stata iniettata la soluzione e il secondo giorno sono comparse febbre e spossatezza che se ne sono andate poco dopo». Debora, poi, ci racconta anche della paura di alcuni colleghi a cui sarebbe stato iniettato il vaccino AstraZeneca: «Ci sono delle mie colleghe che non hanno voluto vaccinarsi perché sono molto spaventate dalle notizie che sono state divulgate in merito ad AstraZeneca». Una paura, che, rende difficile la previsione di ciò che sarà. «A me manca la spensieratezza che avevo prima nell’incontrare le persone e nell’abbracciare i miei cari. È ciò che mi manca di più e per questo spero che si vaccinino in fretta quante più persone possibili. Purtroppo, però, credo che senza una diversa comunicazione in merito ai vaccini, l’Italia potrà avere l’80% di popolazione vaccinata solo l’anno prossimo. Di conseguenza, penso che per tornare alla “vita di prima”, sereni come l’eravamo un tempo, dovremo aspettare il 2023».
Walter, 53 anni, insegnante: «In qualità di docente, sono stato contattato tramite la segreteria del mio Istituto per aderire alla campagna di vaccinazione», ci racconta Walter. «Sul sito preposto mi sono candidato per la vaccinazione e pochi giorni dopo ho ricevuto un sms che mi indicava data, ora e luogo della vaccinazione: 22 marzo alle 15:30 presso l’ospedale. La segreteria scolastica stessa, successivamente, mi ha inviato per e-mail il modulo con il consenso informato per la vaccinazione del personale scolastico: è stato sufficiente stamparlo e compilarlo per poi presentarlo nella sede ospedaliera. Nonostante ciò che si sentiva ad ogni cronaca e ad ogni voce di corridoio, come ritardi, file mostruose o slittamenti, io fortunatamente ho trovato una fila dedicata al corpo docente, rapida e puntuale», racconta Walter. Lui fa parte di quella fascia di popolazione che ha ricevuto il vaccino più discusso. «Mi è stato somministrato l’AstraZeneca e non so se dovrò sottopormi al richiamo, dato che avevo già avuto a che fare con il Covid, negativizzandomi completamente all’inizio di febbraio. Vedremo. Probabilmente dovrò fare il sierologico per capire come stanno i miei anticorpi». Il suo racconto, come gli altri, si chiude con una previsione sul futuro: «Credo che sarà simile al tempo in cui ogni anno arrivavano i cicli di influenza e per i quali si è sempre stati invitati ad una vaccinazione: il Covid-19 farà parte della nostra routine annuale, ma tra vaccini e anticorpi non sarà più così devastante. Sto dicendo che, a parer mio, non sarà possibile non ammalarsi, ma sarà possibile conviverci. E probabilmente, per arrivare a questo, ci vorrà ancora qualche anno. Non è solo una questione di vaccini, ma di comportamento responsabile, cosa che ancora non vedo quando torno a casa da scuola. Il mondo è sempre cambiato quando è cambiata la testa della gente, e su questo dovremo lavorare tutti ancora un po’».
Antonio, 58 anni, professore universitario: «L’università per cui lavoro (Università Pontificia Lateranense, ndr) mi ha contattato per sapere se fossi interessato a vaccinarmi, così, dopo aver accettato, ho ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer il 2 febbraio, mentre il 23 febbraio mi hanno somministrato la seconda. La prima volta non ho avuto sintomi di alcun genere, solo con l’iniezione della seconda dose ho percepito molta stanchezza il giorno successivo ed ero debilitato, ma senza febbre. La mia speranza in merito al futuro è che tra circa un anno torneremo a una vita senza restrizioni e che entro fine anno riescano a vaccinare tutti. Ma penso anche che questo vaccino andrà ripetuto ogni anno, un po’ come succede per quello antinfluenzale».
Isabella, 45 anni, insegnante: «Io sono un insegnante elementare e fin da subito sono stata convinta dell’importanza del piano vaccinale. Mi sono resa subito disponibile, in quanto personale scolastico, a sottopormi alla vaccinazione, senza se e senza ma. Purtroppo, il Virus è arrivato prima e ora penso che dovrò attendere qualche mese prima di potermi prenotare».
Le parole di chi ha ricevuto il vaccino per età o fragilità
Nevio, 92 anni, pensionato, con la moglie Gianfranca, 85 anni. Il racconto di Nevio ci arriva grazie a un video girato da Nicoletta, sua figlia. Lo sguardo di quest’uomo, ma soprattutto le sue parole, non possono far altro che emozionare, tanto che è quasi un peccato doverle riportare qui in forma scritta. «Mi chiamo Nevio e sono nato 92 anni fa», dice. «Sono già andato a fare il vaccino. Il primo è stato fatto il 25 febbraio, mentre il secondo il 19 marzo. Mi hanno iniettato la soluzione Pfizer», e convintamente aggiunge: «Non ho sentito alcun dolore al momento dell’iniezione e non ho avuto alcun disturbo, di nessun genere, nei giorni successivi». Quando Nicoletta gli chiede cosa si aspetta dal futuro, lui sorride: «Cosa mi aspetto?! Beh, mi aspetto che questo vaccino faccia il suo corso. E lo farà. Mi aspetto che ci preservi dalla malattia, possibilmente per sempre». Poi fa una piccola pausa e guarda fisso il cellulare che lo riprende, come se volesse parlare a quante più persone possibili: «Quello che io raccomando a tutti è solo questo: vaccinatevi». Lo ripete più volte, come fosse una preghiera: «Vaccinatevi. Vaccinatevi. Se non vi vaccinate rinunciate ai vantaggi della Scienza. Ricordatevelo: vaccinatevi». Poi, racconta di sua moglie, Gianfranca, vaccinata anche lei da poche settimane: «Mia moglie ha 85 anni e ha fatto il vaccino con me, nelle stesse date. Come me non ha avuto alcun effetto collaterale né al momento né dopo». «E com’erano organizzati?», chiede Nicoletta, reporter di questa testimonianza. Nevio si illumina: «Benissimo! Siamo stati trattati nel modo migliore possibile». «Quindi avete avuto un’esperienza positiva?», chiede di nuovo la figlia. «Assolutamente sì», risponde sorridendo.
Fausto, 84 anni, pensionato, e la moglie Laura, 85 anni. «Perché vaccinarsi contro il Covid-19?», dice Fausto. «Non avrei avuto dubbi, circa la risposta, se fossi stato un emulo di Christopher McCandless, il protagonista di Nelle terre estreme, il romanzo di Jon Krakauer che ci racconta il tempo della ribellione di un giovane che si allontana dalla vita in comunità e dalle sue regole. Puro di cuore ma egocentrico, radicale nelle scelte come nell’ideale, avrebbe permesso alla società di introdurre con un ago nel suo sangue una sostanza frutto di un progresso che lui rifiutava? Certamente no. E forse anch’io avrei detto no se avessi coltivato dentro di me il rifiuto della relazione. Ma, invece, di relazione ed esclusivamente nell’attesa dei momenti che questa mi regala, cerco di sopravvivere alla statistica che mi vorrebbe già estinto. Come potrei convivere con il senso di colpa se uno dei miei cari, ma anche una persona qualsiasi entrata in relazione con me, dovesse ammalarsi di Covid?! Stupisce che non un innocuo pensionato quale sono, ma addirittura chi ha scelto di investire la vita nella cura del prossimo, possa avocare a sé il diritto di non vaccinarsi. In quanto alla mia vaccinazione, comunque, tutto si è svolto nel cortile di un oratorio, al tiepido sole d’inverno in compagnia di altri giovanotti Anni ’30 con cui sono rimasto in attesa di essere chiamato. Arriva il momento: gentilezza totale del medico, che ripete le cose anche tre volte per via della mia ipoacusia (che una volta si chiamava sordità). Dopo aver scoperto il braccio ed averlo offerto a un’infermiera e da quel momento non ci sono stati effetti di alcun genere». A chiudere il racconto è Laura, moglie di Fausto, che, con pragmatismo, specifica come sono stati contattati per prenotare il vaccino. «Quando ho saputo che potevamo vaccinarci, ho telefonato alla nostra dottoressa: lei mi ha detto che ci aveva già inseriti in lista e che ci avrebbe chiamato successivamente. Ci siamo risentiti per ritirare i documenti in cui era contenuta la nostra anamnesi e il consenso informato che abbiamo compilato, firmato e portato con noi il giorno della vaccinazione. Per sapere quando presentarci al centro di vaccinazione, però, abbiamo ricevuto un sms quattro giorni prima della data stabilita. Il giorno che ci hanno vaccinato eravamo tutti del ’36 ed è andato tutto benissimo: il personale è stato veloce e gentile».
Luciano, 88 anni, pensionato: «Mi chiamo Luciano, ho 88 anni e 10 mesi e fatto la prima dose di Pfizer pochi giorni fa. La seconda dose la farò il 7 aprile. Il vaccino è andato benissimo: non avuto nessuna complicazione. L’unica cosa è che il giorno dopo mi sono riposato tanto, ho dormito quasi tutto il giorno perché ero stanco, ma niente di grave». Quando gli chiediamo cosa pensa della campagna vaccinale, ci risponde: «Il vaccino è da fare perché quelli che ne sanno più di me, i medici e gli scienziati, ci dicono che per uscire da questa situazione è l’unica soluzione. E io mi fido di loro perché mi fido della scienza. Spero che la gente lo faccia e che saremo presto tutti vaccinati». E le speranze per il futuro? «Se ci credo è perché sono fiducioso e ho buone speranze. Dobbiamo restare positivi!», chiude Luciano.
Daniele, 76 anni, pensionato, con la moglie Maura, 76 anni. «L’Asl mi ha inviato un messaggino nel quale mi chiedeva di non iscrivermi alle liste dei vaccinandi di mia iniziativa, ma di attendere la loro notifica, nel rispetto delle mie attuali condizioni di salute (reni, cuore, diabete, ndr)», dice Daniele. «Una settimana dopo sono stato convocato con altro messaggino che mi dava luogo, data e ora della vaccinazione e mi indicava come scaricare i moduli da compilare per presentarmi alla stessa. Quel giorno sono arrivato con il mio solito anticipo di mezz’ora nell’affollatissimo luogo della vaccinazione. Mi hanno iniettato il vaccino Pfizer: prima dose. Nessuna conseguenza… È stato come aver bevuto un bicchiere d’acqua!». Gli chiediamo anche se era preoccupato all’idea di ricevere il vaccino: «Nessuna preoccupazione – racconta -, ma tanto desiderio di essere vaccinato». E in merito al futuro cosa pensa? «Mi aspetto che vaccinino tutti quelli che ne hanno diritto per età, malattie ed esigenze professionali. Che le vaccinazioni procedano con la regolarità di questi giorni secondo le direttive regionali e si possano da metà aprile riaprire i ristoranti, le trattorie e tutti i luoghi utili a rinnovare gli appuntamenti culturali in presenza di tanto pubblico. Per il ritorno alla “normalità” occorre sperimentare la “intelligenza” delle folle nei mesi estivi durante i quali servirà mantenere le regole di prudenza per evitare l’aggressione delle molte varianti del Virus che potrebbero rinnovarne la presenza. La mia speranza è che il 2022 sia l’anno della vera rinascita, ma non mi stupirei che il pieno ritorno alla cosiddetta “normalità” avvenga solo nel 2023». E sua moglie? «Maura si vaccinerà l’8 aprile con AstraZeneca: non ha paure particolari, ma in questi giorni chiederà conferma alla sua dottoressa avendo in atto un soffio al cuore di non poco conto».
Valeria, 65 anni, pensionata: «Sono stata contattata dal reparto di nefrologia in quanto trapiantata e immunodepressa» racconta Valeria. «La vaccinazione con Moderna è andata benissimo, molto veloce e senza attesa. Ho dovuto attendere solo i 15 minuti successivi. Gli unici sintomi, comparsi il giorno dopo, sono stati un po’ di dolore al braccio, sopportabilissimo, e stanchezza che ho risolto standomene tranquilla a riposo. La mattina seguente ero già in perfetta forma. La seconda dose la farò il 4 aprile, il giorno di Pasqua, e sarà una splendida festa!! Comunque, non ero preoccupata all’idea di vaccinarmi perché i miei figli, entrambi componenti del personale sanitario, sono già stati vaccinati e non vedo l’ora di poterli riabbracciare in serenità. Nel mio caso, il desiderio di tornare ad una vita di relazione ha prevalso su qualsiasi tipo di timore». In merito al futuro, poi, si esprime così: «Spero proprio che le vaccinazioni vadano a spron battuto per fermare questo incubo! Sono anche del parere che il personale sanitario sia obbligato a vaccinarsi e mi auguro che questa pandemia possa terminare già entro quest’anno».
Italo, 92 anni, pensionato: «Con l’aiuto dei miei parenti sono riuscito a prenotare la vaccinazione tramite il sito della Regione Lazio. Ho ricevuto entrambe le dosi del vaccino Pfizer. Il primo è stato fatto il 17 febbraio e il secondo il 10 marzo ed entrambe le volte non ho avuto nessun sintomo particolare. Solo un po’ di indolenzimento al braccio dove è avvenuta la puntura. Mi sono vaccinato perché spero di tornare al più presto a una vita senza restrizioni, anche se sono molto preoccupato per il futuro e per la salute dei miei cari».
Ferdinando, 82 anni, pensionato: «Sono stato vaccinato con la soluzione Moderna. La prima dose l’ho ricevuta il 24 marzo e la seconda la farò il 21 aprile. Per prenotare la vaccinazione mi hanno aiutato le mie figlie sul sito della Regione Lazio. Ero contentissimo di ricevere il vaccino e il giorno dopo non ho avuto alcun sintomo particolare, solo un po’ di fastidio al braccio dove mi hanno iniettato la soluzione. Guardando al futuro, non riesco a vedere la fine di questo periodo di restrizioni, ma mi auguro che riescano a effettuare le vaccinazioni a tutti entro la fine dell’anno».
Maria, 86 anni, pensionata: «Mi aspetto di essere immunizzata e, nonostante l’età, la vaccinazione mi dà fiducia in merito alla ripresa delle buone e vecchie abitudini: palestra, passeggiate, visite culturali, incontri con parenti e amici, nonché viaggi. Spero che tutti, come me, si vaccineranno e che all’inizio dell’estate potremo finalmente riacquistare la libertà di movimento e rivedere la città animata».
Pietro, 90 anni, pensionato: «La vaccinazione mi consentirà di poter finalmente tornare a frequentare i familiari e gli amici. E quest’estate mi permetterà di tornare a fare passeggiate nella mia amata montagna».
Antonio, 85 anni, pensionato: «Ho subito tre interventi di bypass e sto seguendo una terapia per tenere sotto controllo la prostata. Inizialmente ero molto timoroso, soprattutto per via del mio stato di salute generale. Ma poi, ho sentito la mia famiglia e i miei amici coetanei, e ho chiesto ai miei figli di segnarmi per la prima data utile. Ammetto che il giorno della vaccinazione ero un poco agitato, la notte avevo dormito poco e sono arrivato all’appuntamento con largo anticipo. Mi ha accompagnato mio figlio, che naturalmente ha atteso fuori. Dopo l’intervista di rito con i medici, riguardo i farmaci e le terapie, ho firmato la mia ‘liberatoria’ e in 5 minuti – senza alcun fastidio – sono stato vaccinato. Non ho sentito nulla nei giorni successivi, se non un leggero fastidio al braccio. Il medico mi ha avvertito che gli effetti della II forse saranno più fastidiosi, vedremo».
Anna, 83 anni, pensionata: «Il mio medico di base ha aderito alla campagna di vaccinazione domiciliare e pochi giorni fa si è presentato a casa per somministrarmi la I dose. Mi ha chiamata al telefono e ha pensato a tutto lui. Certo, io vivo sola ed ero un poco preoccupata, lo ammetto. Ho avuto un leggero fastidio al braccio che è durato fino alla mattina del giorno dopo. Il giorno seguente, poi, ho avvertito anche uno stordimento generale e un po’ di nausea, ma tutto è scomparso dopo 48 ore».
Silvana, 80 anni, pensionata: «Sono andata a fare la I dose accompagnata da mia figlia, che ha atteso fuori. Ero seduta in uno stanzone insieme ad altri anziani in attesa come me. Mi sono sentita come Mattarella quando l’ho visto in televisione. Sono stati tutti così gentili, e tutto si è svolto rapidamente e senza dolori né fastidi. Non ho dovuto attendere neanche qualche minuto, tutto era organizzato alla perfezione. Ora sono in attesa della II dose, e sono un poco in pensiero perché gli operatori mi hanno avvisato sulla possibilità di reazioni avverse, come febbre e mal di testa. Ma è un piccolo prezzo da pagare per la libertà di tutti».
Il racconto di una volontaria di Protezione Civile
Mara, 63 anni: «Ho fatto il vaccino sabato 20 marzo. Non sono stata contattata dall’ASL, ma ho beneficiato delle dosi messe a disposizione per i volontari della Protezione Civile che effettuano servizio nei centri di vaccinazione», ci racconta Mara. «La vaccinazione è andata bene, mi hanno somministrato AstraZeneca e farò la seconda dose il 12 giugno. Il giorno dopo ho avuto sintomi molto lievi: temperatura a 37°, stanchezza, un minimo dolore al braccio e il tutto si è risolto in un giorno. I giorni precedenti, comunque, non ero assolutamente preoccupata per le controindicazioni: l’ho fatto liberamente e penso di essere sufficientemente informata sul rapporto tra rischi e benefici», sostiene Mara che è stata per tanti anni un’OSS (operatrice sociosanitaria). «Dal futuro mi aspetto che i vaccini possano essere disponibili per tutte le persone di ogni luogo perché solo così potremo portare a tornare alla vita normale. Non so quando questo succederà, credo che quella attuale sia una fase di miglioramento, ma servirà ancora tempo perché finisca tutto. Penso sia importante vaccinarsi perché purtroppo al momento non ci sono altri modi per contrastare questo virus».
Lo speciale di Spazio50
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