Contro le menzogne del greenwashing e le paure del greenhushing è necessario che vengano pubblicati in maniera trasparente i dati autentici, chiari e precisi, delle aziende, così come i progetti e le strategie ecosostenibili che intraprendono
Cosa sono il greenwashing e il greenhusing, due termini sempre più diffusi per indicare i comportamenti delle aziende di tutto il mondo, attive in ogni ambito, dal finanziario all’industriale, dall’agricolo al commerciale? Sono parole coniate all’inizio del secolo per indicare due modalità di affrontare le politiche di sostenibilità cui sono state chiamate sia dalle normative sempre più stringenti, anche se non ancora in maniera risolutiva, sia dal sentire sempre più diffuso e in grado di determinare buona parte degli investimenti delle persone comuni.
Il greenwashing
Più grave e scorretto, il greenwashing (termine che unisce le parole inglesi green, “verde” ma anche traslato in “ambiente”, e washing, “lavaggio”) indica, secondo la definizione di Banca d’Italia, che l’impresa o i progetti ai quali il termine si riferisce «ci vengono presentati come più sostenibili di quanto siano in realtà, cioè migliori del vero dal punto di vista dell’ambiente, dell’impatto sulla società o del governo aziendale».
Si tratta degli investimenti nel comparto cosiddetto ESG, ovvero di società attente a environment (impatto ambientale), social (rispetto dei lavoratori) e governance (equità nella gestione). Poiché si tratta di quelli in maggior crescita, non sono pochi i “furbetti” che tentano di essere inseriti nella categoria senza averne i requisiti.
Il greenhushing
Altro discorso quel del greenhushing. Il vocabolo sommato a green è stavolta hushing, che significa “tacendo”. Il significato del termine è pertanto quasi contrario al precedente e rimanda alle istituzioni, aziende ed enti che nascondono, non pubblicizzano, le attività dirette alla sostenibilità che effettivamente svolgono o si predispongono ad attivare, per il timore di essere accusati di greenwashing.
L’ambientalismo “di facciata” intimorisce
Già nel 2022 il rapporto Net Pole and Beyond della South Pole, gruppo svizzero di consulenza di governi e società per accelerare la transizione verso una società climate-smart, indicava che un’azienda su quattro attuava una sorta di “silenzio verde”. La motivazione è il timore di incappare nello scetticismo che il diffondersi del greenwashing sta facendo crescere nell’opinione pubblica. Se non addirittura dal doversi difendere da accuse infondate e deleterie, come quelle non di rado attivate da blogger e/o influencer disinformati, ma in cerca di visibilità.
Senza aggiungere che una delle conseguenze del greenhusing è l’indurre le realtà che lo praticano a perdere possibili collaborazioni con altri settori industriali e non a porsi obiettivi ambientali progressivamente meno ambiziosi.
Gli effetti negativi
I danni che provocano le attività e le relative strategie di marketing e comunicazione che presentano come ecosostenibili attività che, in realtà, non lo sono appaiono evidenti. Ma significativi sono anche quelli del greenhusing. Infatti più che difendere le aziende da accuse infondate innescano un meccanismo opposto, non permettendo loro di monitorare i progressi che compiono nell’ambito della sostenibilità, né di confrontarsi con altre aziende anche al fine di generare un circolo virtuoso di miglioramento generale, aumentando altresì la possibilità che i consumatori più attenti a queste tematiche non le scelgano al momento degli acquisti.
Per un cambiamento positivo
Perché le attività delle aziende che vogliono impattare concretamente sulla nostra società nei territori ESG abbiano successo, si dovrebbe superare il cosiddetto “scetticismo verde” che le vaghezze, ambiguità, omissioni, quando non si tratta di vere e proprie falsità, del greenwashing stanno diffondendo. Bisogna permettere alle persone di capire quali aziende sono effettivamente affidabili, mettendo in chiaro e rendendo palesi i progressi che si ottengono nell’ambito della sostenibilità. La trasparenza di ciò che è veramente green, attraverso la pubblicazione dei dati autentici, chiari e precisi, così come dei progetti e delle strategie ecosostenibili che si intraprendono, è l’unica via che permette il diffondersi dei comportamenti etici.
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