Wen Caili ha 60 anni e vive a Harbin, una delle più grandi metropoli del Nord-Est della Cina. Non è sola. Vive in compagnia di sua figlia e del suo nipotino e non appena le misure di contenimento dovute al Coronavirus si allentano, decide di tornare ad uscire per riprendersi i suoi spazi. Ma non ha considerato le nuove misure di sicurezza introdotte per tenere sotto controllo il virus. Infatti, come nel resto del Paese, la municipalità di Harbin ha installato in città dei veri e propri posti di controllo.
Il quotidiano tecnologico: i checkpoint sanitari per spostarsi in Cina
Le persone accedono a questi “checkpoint sanitari” con un pass digitale che, una volta scansionato, dà un segnale di luce verde, gialla o rossa. Il verde consente alle persone di spostarsi in tutta la città. Il giallo e il rosso vietano l’ingresso nei centri commerciali, nei supermercati e in altri spazi pubblici e limitano l’uso dei mezzi pubblici. Il giallo richiede un periodo di quarantena di sette giorni e il rosso di 14. Il codice sanitario viene generato da un’App per smartphone, incrociando la cronologia degli spostamenti dell’utente con altri dati personali. Facilmente utilizzato dai Millennial esperti di tecnologia, il codice confonde le persone anziane come Wen che faticano a comprenderne il funzionamento.
Una tecnologia per tutti o per nessuno?
Fino ad oggi Wen, come altre migliaia di anziani, ha usato il suo cellulare per giocare, guardare brevi video sui Social e leggere qualche notizia sul web. Per qualsiasi altro uso – come fare acquisti online o utilizzare servizi di consegna di cibo – ha sempre cercato l’aiuto dei famigliari. «Oggi non riesco proprio a immaginare di poter vivere da sola. Potrei non essere nemmeno in grado di lasciare il quartiere senza l’aiuto di mia figlia», dichiara arrabbiata alla stampa. Nella Cina che torna a vivere dopo mesi di lockdown, non sono pochi i casi che vedono coinvolti anziani alle prese con le nuove tecnologie di sicurezza.
Si può parlare di ageismo “tecnologico”
A fine agosto ha fatto scalpore in Cina un video che mostra agenti di polizia impegnati a far scendere con la forza un anziano da un autobus. La sua colpa era non poter mostrare all’autista il codice sanitario, poiché semplicemente non possedeva né un cellulare né un tablet per scaricare l’applicazione. In questo caso, l’autista e le forze dell’ordine, in realtà, non hanno fatto altro che applicare la politica del “niente codice, niente corse”. Ma, di fatto, si è trattato di un atto prodotto da un atteggiamento discriminatorio basato sull’età anagrafica. E infatti sono aumentate nel Paese le voci che parlano di vero e proprio ageismo.
I dati della popolazione anziana in Cina
In Cina, secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica, alla fine del 2019 vivevano circa 253 milioni di persone di età pari o superiore ai 60 anni. I dati del China Internet Network Information Center mostrano che gli utenti di Internet in questa fascia di età costituiscono solo il 6,7% dei 904 milioni di netizen (un neologismo con cui si indicano i frequentatori della Rete) del Paese. Si può parlare dunque, di una vera e propria sottorappresentazione, dato che gli anziani costituiscono il 18,1% della popolazione totale.
Anche Hu Qiao, una pensionata che abita a Chengdu, nella provincia di Sichuan, si lamenta perché la spinta alla digitalizzazione “forzata”, la costringe a dover dipendere da sua figlia, Shangguan. La donna ha infatti ora bisogno di lei per compiti semplici, che vanno dalle prenotazioni on line per una visita al pagamento delle bollette. Sensibilizzata dall’esperienza di sua madre, la trentatreenne Shangguan, ha avviato un progetto di alfabetizzazione digitale, nel quale sono coinvolti i suoi concittadini tra i 55 e i 70 anni.
Aiutare gli anziani ad essere più indipendenti
Shangguan afferma di aver sviluppato questi corsi per aiutare gli anziani ad imparare a massimizzare l’uso dei loro telefoni. In questo modo possono acquisire una maggiore confidenza con Internet e combattere la solitudine. Così da essere più indipendenti. I corsi illustrano come utilizzare una calcolatrice, un calendario e altre funzioni integrate sui telefoni e come regolare la dimensione del carattere. Aspetto, quest’ultimo, importantissimo per gli anziani. «Molti dei software sviluppati dalle grandi aziende sono rivolti ai giovani e di solito presentano un design minimalista, caratteri piccoli e più sezioni di contenuto, che sono molto ostici per gli over – avverte Shangguan -. Inoltre, bisogna aggiungere a questo una pressoché totale mancanza di tutorial e manuali guida di facile comprensione» Pertanto suggerisce che in futuro gli sviluppatori di App e programmi considerino le esigenze di questa fascia della popolazione, ideando versioni “su misura” per loro.
Ma il divario tecnologico non è un problema solo cinese
Anche in Italia l’emergenza sanitaria ha costretto i senior ad avvicinarsi rapidamente alle nuove tecnologie. Contemporaneamente si è assistito ad un’accelerazione nell’individuazione degli strumenti più utili a ridurre il divario digitale tra le generazioni. La crisi causata dal Covid-19 rende ancora più stringente per la popolazione anziana – spesso sola – la necessità di poter accedere autonomamente alle nuove tecnologie. Sia per esigenze pratiche, come fare la spesa, sia per sopperire alla mancanza di contatti sociali “fisici”, ai quali hanno dovuto rinunciare. La questione è ancora aperta. Forse dovremo attendere la fine della pandemia per sapere se e come quest’ultima abbia influito nel processo di digitalizzazione della Terza Età.
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