Tra solo 31 anni gli over 65 nel mondo potrebbero essere circa 1,5 miliardi di persone.
Un quadro incredibile (ma non troppo) quello proposto dalle proiezioni statistiche del World Population Ageing 2019: Highlights, il Rapporto realizzato dal Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali dell’Onu, che prevede addirittura una crescita superiore al doppio rispetto ai 703 milioni di persone dai 65 anni in su censite quest’anno.
Di questo passo, entro la metà del secolo, una persona su sei nel mondo avrà più di 65 anni (oggi il rapporto è di una su undici), mentre gli over 80 cresceranno ancora di più, triplicando entro lo stesso periodo. A questa data, l’aspettativa di vita globale media a 65 anni sarà aumentata di 19 anni rispetto ad oggi. Inoltre, anche se le donne vivono oggi 4,8 anni più degli uomini, questo divario di genere dovrebbe ridursi nei prossimi tre decenni.
A livello globale, nel corso degli ultimi anni, la percentuale della popolazione di età pari o superiore a 65 anni è cresciuta progressivamente dal 6% del 1990 al 9% del 2019 e si prevede che continuerà a salire sino al 16% entro il 2050. Oggi il segmento dei senior dai 65 anni in su rappresenta un quinto della popolazione in 17 Paesi, ma nel 2100 il fenomeno riguarderà altri 155 Paesi, toccando il 61% della popolazione mondiale.
Fino ad ora l’invecchiamento della popolazione si è rivelato molto rapido soprattutto in Asia orientale e in Asia Sud-orientale, dove oggi risiedono la maggior parte degli anziani (260 milioni di individui), ma la stessa cosa è avvenuta anche in Europa e America del Nord (con oltre 200 milioni). In America Latina, Caraibi e Africa settentrionale il problema è solo rimandato, perché l’aumento del fenomeno è previsto nei prossimi decenni.
Ma i nuovi trend demografici comportano anche nuove dinamiche economiche. Il crescere della longevità, sempre secondo il Rapporto, richiederà in futuro un bilanciamento dei fondi pensionistici nelle aree del mondo dove i senior si affidano quasi del tutto ai finanziamenti pubblici per vivere. Stiamo parlando di America Latina ed Europa, dove l’incremento di popolazione anziana potrebbe comportare un aumento della pressione fiscale sul settore pubblico. Una situazione che non dovrebbe invece verificarsi nell’Asia meridionale e sud-orientale, dove il sostentamento degli anziani ricade in prevalenza sugli individui e sulle famiglie, oppure in Australia, Messico, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, Giamaica e Singapore, in cui i senior si sostentano con un mix fra redditi privati e fondi pubblici, o infine in Asia orientale, dove si supporta la vecchiaia con un bilanciamento tra fondi di diversa natura.
Secondo gli autori del Rapporto emerge un complesso scenario macroeconomico, le cui difficoltà potrebbero essere limitate con l’adozione di politiche oculate, scelte ad hoc per invertire la rotta. La principale raccomandazione resta quella di mettere in grado la popolazione anziana di provvedere al proprio mantenimento anche con fondi privati, ma soprattutto con guadagni e salari. Come? Attraverso un piano di riforme che azzeri le discriminazioni di età sul lavoro, favorisca il benessere della popolazione e promuova l’apprendimento continuo, così da mantenere i senior in buona salute e autonomi dal punto vista economico, grazie ad una società che li valorizzi e li includa nei processi produttivi, politici e sociali.
© Riproduzione riservata