Secondo uno studio pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet, nel mondo il numero degli adulti affetti da demenza potrebbe passare da 57,4 milioni nel 2019 a 152,8 milioni entro il 2050.
The Lancet ha pubblicato il primo studio di previsione globale in grado di fornire una stima futura della demenza negli over 40 di 195 paesi nel mondo. I numeri non sono incoraggianti, ma per i ricercatori l’ineluttabilità della previsione è dovuta principalmente all’invecchiamento della popolazione. Senza trascurare, però, il contributo di diversi fattori di rischio tra cui obesità, fumo e glicemia alta.
Un panorama drammatico
“Il nostro studio offre previsioni attendibili per la demenza su scala globale e a livello nazionale, offrendo ai politici nuove informazioni per comprendere i fattori determinanti di tali aumenti “, afferma l’autrice principale, Emma Nichols dell’Università di Washington. Queste stime possono essere utilizzate dai governi nazionali per assicurarsi in tempo le risorse e il supporto necessario per i pazienti, gli operatori e i sistemi sanitari. “Allo stesso tempo – prosegue – dobbiamo concentrarci sulla ricerca, sulla prevenzione e sul controllo dei fattori di rischio prima che sfocino nella demenza”. Ciascun paese dovrà ridurne l’incidenza, promuovendo una dieta sana, più esercizio fisico, combattendo il fumo e garantendo l’accesso all’istruzione.
Solo un fatto di età?
La demenza è attualmente la settima causa di morte nel mondo e una delle principali cause di disabilità e dipendenza tra gli anziani a livello mondiale, con costi globali stimati nel 2019 in oltre 1 trilione di dollari. Sebbene nell’immaginario collettivo venga collegata all’età anziana, di fatto non è una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento.
I fattori di rischio
Studi recenti suggeriscono che fino al 40% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto, solo eliminando l’esposizione a 12 noti fattori di rischio. Ossia scarsa istruzione, pressione alta, problemi di udito, fumo, obesità nella mezza età, depressione, inattività fisica, diabete, isolamento sociale, consumo eccessivo di alcol, trauma cranico e inquinamento atmosferico. E proprio in quest’ultimo ambito i singoli paesi possono fare molto.
Le previsioni per aree geografiche: Africa
Riguardo i numeri, lo studio prevede che nell’Africa subsahariana, a causa dell’incremento della popolazione, il numero di adulti affetti da demenza aumenterà del 357%, passando da quasi 660.000 nel 2019 a oltre 3 milioni nel 2050. In Nord Africa e Medio Oriente, i casi aumenteranno del 367%, con una crescita da 3 a 14 milioni.
Stime per Asia e Europa
Al contrario, il minor aumento dell’insorgenza è previsto nell’Asia del Pacifico, area ad alto reddito, dove i casi aumenteranno “solo” del 53%, con l’eccezione del Giappone (27%). Qui, infatti, stanno dando buoni risultati misure quali un generale miglioramento nell’istruzione e l’adozione di un sano stile di vita. In Europa occidentale la malattia dovrebbe crescere del 74%, interessando nel 2050 quasi 14 milioni di persone. Sono previsti incrementi relativamente modesti dei casi in Grecia (45%), Italia (56%), Finlandia (58%), Svezia (62%) e Germania (65%).
Una differenza di genere
Attualmente, l’insorgenza della demenza è più alta nelle donne che negli uomini. La tendenza continuerà fino al 2050, con una prevalenza dello 0,6% delle donne di età compresa tra 40 e 69 anni, dell’8,5% tra 70 e 84 anni e del 30,5% delle over 85. Per gli uomini la prevalenza è dello 0,5% tra quelli di età compresa tra 40 e 69 anni, del 6,5% tra i 70 e gli 84enni e del 23,5% tra gli over 85. E “non è solo perché le donne tendono a vivere più a lungo”, afferma la coautrice della ricerca Jaimie Steinmetz. Molte prove, infatti, indicano che nei meccanismi biologici alla base della malattia intervengano proprio le differenze di sesso.
Una previsione attendibile?
Gli autori riconoscono che la loro analisi è viziata dalla mancanza di dati di alta qualità in diverse parti del mondo e da ricerche che utilizzano metodologie e definizioni diverse di demenza. Alcuni studiosi, come Michaël Schwarzinger dell’ospedale universitario di Bordeaux, criticano questa visione apocalittica. Per loro i risultati sono stati ottenuti semplificando eccessivamente i meccanismi della malattia. Tali proiezioni, ad esempio, non tengono conto dei cambiamenti di vita che possono intercorrere nel corso dell’esistenza.
Il merito dello studio
Tuttavia lo studio ha il merito di sollevare una chiamata globale per evitare – o limitare – la diffusione della malattia. La demenza non colpisce solo il singolo paziente, ma l’intera rete di affetti che lo circonda. Questo drammatico costo umano va di pari passo con enormi impatti economici e sociali. “Attualmente – concludono i ricercatori – esistono molte carenze nell’identificazione, nel trattamento e nella cura di adulti affetti da demenza a livello globale”. È tempo che i governi ne prendano atto.
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