Il report dell’Istat sui livelli di istruzione ha evidenziato, rispetto al 2014, una flessione dei Neet del 10%. Il nostro Paese, tuttavia, resta penultimo in Europa per quanto riguarda i giovani inattivi che non studiano né lavorano
Negli ultimi dieci anni, la percentuale di Neet in Italia ha subito un calo significativo scendendo di dieci punti. Secondo i dati più recenti dell’Istat, nel 2023 il 16,1% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non era coinvolto in alcun percorso educativo o lavorativo.
Si tratta, all’incirca, di 1,3 milioni di individui. Questo dato rappresenta una diminuzione di 2,9 punti rispetto al 2022 e di 7 punti rispetto al 2021. È interessante notare che questa percentuale è inferiore anche ai livelli del 2007, anno precedente alla crisi economica, quando il tasso di Neet era del 18,8%. Il picco massimo si era registrato nel 2014, con oltre un giovane su quattro (26,2%) in questa condizione. La situazione, pian piano, sta migliorando.
L’Italia fanalino di coda in Europa
Eppure c’è ancora molta strada da fare. Nonostante il miglioramento, infatti, l’Italia si colloca ancora in una posizione sfavorevole rispetto agli altri Paesi europei, posizionandosi penultima. Peggio di noi soltanto la Romania (19,3%). La media europea è di 11,2%, ed i Paesi virtuosi, in questo caso, sono la Germania (8,8%), la Francia e la Spagna (entrambe al 12,3%).
Il divario con l’Europa spicca tra i diplomati, con un tasso di Neet del 6,5%, che scende a 4,7% per i laureati e si riduce al 2% per chi ha solo la licenza media. Da questi dati si evince come il calo sia più marcato tra coloro che hanno un titolo di studio inferiore, grazie a un aumento significativo dell’occupazione. Tra i giovanissimi, la percentuale di Neet è contenuta al 6,3% grazie a un’alta partecipazione ai percorsi educativi, che si avvicina al 90%. Tuttavia, la situazione cambia per le fasce di età superiori: il tasso di Neet sale al 19% tra i 20-24enni e al 22,7% tra i 25-29enni.
Il gap degli stranieri
Le disparità di genere e di cittadinanza sono notevoli. La percentuale di Neet tra le ragazze straniere è del 35,8%, quasi 20 punti percentuali in più rispetto alle italiane (16%). Questa differenza si riduce a solo 1,4 punti percentuali tra i giovani uomini, con il tasso di Neet pari a 15,7% per gli stranieri e 14,3% per gli italiani.
Crescita dei laureati e occupazione
Un fattore determinante nella riduzione dei Neet è l’aumento dell’occupazione e dei livelli di istruzione. La percentuale di laureati tra i 25 e i 34 anni è aumentata negli ultimi anni, passando dal 29,2% nel 2022 al 30,6% nel 2023. Trend in crescita anche nel resto del continente: nella media europea, il tasso di giovani con un titolo di studio terziario è passato dal 42% al 43,1% nello stesso periodo.
Avere una laurea in tasca continua ad essere una discriminante importante nel mercato del lavoro. In Italia, il tasso di occupazione per le persone tra i 25 e i 64 anni con un titolo terziario è superiore di 11 punti rispetto a chi ha solo un diploma secondario. Attualmente, l’84,3% dei laureati è occupato, mentre il tasso per i diplomati è del 73,3%. Tra i giovani sotto i 35 anni, il gap occupazionale è ancora più marcato, con una differenza di 15,7 punti tra chi ha conseguito il titolo da uno a tre anni prima.
Influenza dei genitori sugli studi dei figli
L’indagine ha messo in luce anche l’importanza del livello di istruzione dei genitori. Quando entrambi hanno un basso livello di istruzione, quasi un quarto dei giovani (24%) abbandona precocemente gli studi, e poco più del 10% consegue un titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, le percentuali cambiano drasticamente: solo il 2% abbandona gli studi e circa il 70% raggiunge un titolo di studio superiore.
Differenze di genere nell’istruzione e occupazione
Le donne risultano più istruite degli uomini, con una su quattro in possesso di un titolo terziario (24,9% rispetto al 18,3% degli uomini). Tuttavia, questo vantaggio educativo non si traduce in pari opportunità lavorative: il tasso di occupazione femminile è significativamente inferiore a quello maschile (59% contro 79,3%). Con l’aumentare del titolo di studio, le differenze occupazionali di genere si riducono: per i titoli bassi, il divario è di 32,3 punti percentuali; per i titoli medi, la differenza è di 21,6 punti; infine, per i titoli alti, il gap scende a 6,9 punti.
Stando ai dati raccolti, dunque, il report dell’Istat mette in evidenza un miglioramento significativo nei livelli di istruzione e nella riduzione dei Neet in Italia. Permangono però sfide importanti, soprattutto in termini di disparità di genere e di cittadinanza.
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