I benefici delle aree verdi passano anche per la prevenzione di alcune malattie. Diversi fattori, infatti, possono rallentare lo sviluppo di malattie non trasmissibili, ossia quelle che non si acquisiscono attraverso virus, batteri e contatto personale. Gli elementi ambientali sono fra questi ed è stato dimostrato come la natura, anche quella presente nelle aree urbane, abbia un effetto positivo sulla salute.
Uno studio sviluppato in Canada ha messo in relazione la qualità della vita con l’esposizione agli spazi verdi. È stato dimostrato che il contatto con la natura può incidere positivamente sulle malattie neurodegenerative, respiratorie e cardiovascolari, riducendo lo stress e migliorando le condizioni fisiche dell’individuo. Considerando una serie di indicatori di benessere, infatti, sembra che il rischio di patologie diminuisca del 10% in presenza di spazi naturali. I dati variano anche in base alle loro dimensioni.
I benefici delle aree verdi
In base ad ogni patologia i benefici delle aree verdi possono essere molteplici. Le persone con diabete o malattie cardiovascolari, ad esempio, che vivono vicino a un’area verde piccola hanno una probabilità 3,1 volte maggiore di sviluppare una depressione rispetto a coloro che vivono vicino a un grande parco. La ricerca ha messo anche in relazione l’incidenza di Parkinson, Alzheimer e sclerosi multipla con la vicinanza a zone verdi o alle strade. Ne è risultato come i parchi possano avere un effetto protettivo dai danni causati dall’inquinamento nelle città ad alto grado di urbanizzazione. Anzi, l’esposizione prolungata alle polveri sottili sembra possa essere associata a un maggiore rischio di sviluppare queste patologie. Le emissioni di auto, industrie e agricoltura rilasciano nell’ambiente metalli pesanti, ma anche pesticidi e antimicrobici, e aumentano il rischio di subire danni cerebrali del 46% rispetto agli ambienti poco inquinati.
I precedenti studi
Già nel 2012 un gruppo di ricercatori di Chicago aveva individuato una correlazione tra polveri sottili e ultrasottili di 0,1 micron e la degenerazione delle facoltà mentali oltre i 70 anni. Nel 2015, invece, uno studio dell’Università di Taiwan ha evidenziato un rischio del 138% di contrarre l’Alzheimer per coloro che sono sottoposti ad un’esposizione di almeno dieci anni a questi agenti inquinanti.
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