Italia e cultura rappresentano nell’immaginario collettivo un binomio inscindibile. Del resto U.S. News & World Report, storica rivista statunitense nota per le sue classifiche internazionali, posiziona il nostro Paese primo al mondo per l’influenza e il retaggio culturali. Un primato decisamente invidiabile, che non rappresenta certo una novità: dai viaggi degli Umanisti al Grand Tour del Sette/Ottocento, le opere d’arte e i paesaggi archeologici hanno attirato un numero sempre crescente di viaggiatori. Ma quali sono oggi i musei più visitati del nostro Paese?
The best of: chi sale …
Una recente classifica pubblicata dal Giornale dell’Arte vede al primo posto gli Uffizi di Firenze con Boboli e Pitti (quinta posizione assoluta al mondo) che, con oltre 1,7 milioni di visitatori, “battono” i Musei Vaticani e il Colosseo, retrocessi al decimo e nono posto. Questo inaspettato disamore verso i gladiatori trova peraltro conferma nella altre strutture sul podio: le Gallerie dell’Accademia di Firenze, il Museo della Triennale di Milano e l’ormai celebre Museo Egizio di Torino. Il capoluogo piemontese, inoltre, rimane nella top ten con il Museo Nazionale del Cinema e i Musei Reali. Ottima performance per le aree all’aperto: Villa d’Este e Villa Adriana a Tivoli compaiono per la prima volta in classifica, rispettivamente al 13° e al 32° posto. Una città ricca di tesori come Roma è sesta con Castel Sant’Angelo (e nona con la Galleria Borghese), Napoli arriva poco fuori dai primi dieci posti con il Museo Archeologico Nazionale, mentre il Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano guadagna la 14ª posizione, seguito dalla Pinacoteca di Brera. Grande successo anche per il Museo Archeologico di Venezia, il Palazzo Ducale di Mantova e i Musei del Bargello di Firenze.
… e chi scende
Ma in questo giro virtuale per l’Italia, c’è anche chi perde posizioni, come il castello di Miramare a Trieste, la Galleria di Urbino, Palazzo Madama a Torino e il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma. Un fatto da segnalare, inoltre, è la confermata difficoltà delle istallazioni e delle strutture d’arte contemporanea, fanalino di coda del sistema culturale italiano. È questo il caso di Pirelli HangarBicocca, seguito dalla Gam di Torino, dalla Galleria Nazionale di Roma, dalla GAMeC di Bergamo e dal MaGa di Gallarate, mentre il MAMbo di Bologna si trova in 51ª posizione.
Diamo i numeri!
Secondo i dati Istat riferiti all’anno in corso, un comune su quattro ospita una struttura museale. Di queste, quasi la metà si trova nelle regioni del Nord (46,2%), il 28,9% è al Centro e il 24,9% al Sud e nelle Isole. Nel Mezzogiorno, però, si concentrano oltre la metà delle aree archeologiche (51,5%) mentre in Italia settentrionale si trovano il 49,4% dei musei e il 40% dei monumenti. La più alta concentrazione di strutture è in Toscana (541), Emilia-Romagna (402), Lombardia (387), Piemonte (346) e Lazio (357). Probabilmente in nessun altro Paese è possibile incontrare un patrimonio culturale e artistico più vario. L’Italia, culla di culture millenarie e capofila dell’arte europea, possiede innumerevoli musei e parchi archeologici, anche localizzati nelle zone più interne del Paese, da tempo oggetto di un turismo ecologico e slow. Naturalmente non tutti i musei contengono opere d’arte: esistono anche i musei scientifici, quelli archeologici, i musei antropologici e i musei degli strumenti musicali, i musei storici e persino gli ecomusei, che tutelano interi ambienti naturali, insieme alle tradizioni delle piccole comunità.
Il Patrimonio Unesco in Italia
Sarebbe sbagliato pensare che l’offerta culturale italiana si trovi solo nei musei e nelle aree archeologiche, dal momento che il nostro Paese detiene ben 58 siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Quella di “patrimonio mondiale” è una definizione che nasce nel 1972, quando l’ONU adotta la Convenzione per la Protezione del Patrimonio Culturale e Naturale, con l’intento di salvaguardare i siti di “eccezionale valore universale”. Una missione importante per valorizzare e conservare siti archeologici, ville e dimore storiche, piccoli borghi, e persino paesaggi naturali, come catene montuose e vulcani. Ed ecco che, in questo lungo elenco (consultabile sul sito www.unesco.it), compaiono le Dolomiti, l’Etna, i portici di Bologna, Mantova e Sabbioneta, le Residenze Sabaude e la Basilica di San Francesco ad Assisi. Tuttavia non bisogna dimenticare che la cultura di un popolo non è solo un patrimonio, per così dire, tangibile, ma passa anche attraverso le tradizioni orali, il folklore, le pratiche religiose e i riti ancestrali, trasmessi da una generazione all’altra. Per questo, nel 2003 l’Unesco ha adottato anche la definizione di “patrimonio culturale immateriale”, dando vita ad una lista che in Italia comprende antiche arti e mestieri come la ricerca del tartufo, la transumanza, l’arte dei piazzaioli napoletani e persino la dieta mediterranea.
Un patrimonio sempre più digitalizzato
“La cultura non si ferma” non è solo uno slogan, ma una affermazione che nasce dai fatti. Quando le misure anti Covid hanno previsto la chiusura delle strutture museali, quasi tutte sono riuscite a garantire le attività online, riaprendo appena possibile – e con successo – al pubblico, nonostante le difficoltà dovute alle norme di distanziamento. La pandemia ha accelerato la digitalizzazione dei servizi, incrementando le prenotazioni sul web, ma anche la diffusione di immagini e percorsi sui social o di corsi formativi a distanza. Una strategia sostenuta anche dai fondi del PNRR che punta ad investire 500 milioni di euro entro il 2026 per realizzare progetti volti alla informatizzazione del patrimonio culturale, alla dotazione tecnologica delle strutture e alla formazione del personale.
© Riproduzione riservata