L’innovativo Sistema MTA punta sul contesto museale come spazio adatto a costruire un nuovo approccio sociale e culturale anche per i caregiver
Un dipinto o un fossile, un antico utensile domestico e, persino, un meteorite. Questi oggetti possono diventare un’esperienza creativa e vitale per chi vive la condizione della demenza e dell’Alzheimer. Nasce anche da questa consapevolezza, nel 2011, il progetto Sistema MTA Musei Toscani per l’Alzheimer, che ha aperto i musei e il patrimonio culturale della Toscana a programmi dedicati a persone con Alzheimer e demenze. Cambiando anche il modo di guardare alla patologia, considerata, dagli operatori del progetto, «piuttosto che come una malattia, come una condizione, che dura molti anni e coinvolge non solo la persona con demenza, ma anche chi la accompagna e sostiene in questa sfida».
Una rete inclusiva di musei che è nata dal basso, dall’incontro tra due educatori geriatrici e due educatrici museali. Come Chiara Lachi, storica dell’arte, educatrice museale e componente del Coordinamento del Sistema MTA, che ricorda quell’incontro “nato in modo un po’ casuale”. «Loro (gli educatori geriatrici, ndr) lavoravano già nelle loro strutture, usando le immagini per costruire attività di narrazione e immaginazione con gli anziani. Già allora, erano abbastanza convinti che l’opera d’arte nel contesto museale avesse una potenza maggiore rispetto a una presente in struttura – spiega Chiara Lachi -. Noi, da educatrici museali, siamo assolutamente convinte che il museo abbia una responsabilità nell’aprirsi a tutti. E quindi siamo state felici di provare a costruire insieme a loro una proposta adeguata per accogliere queste persone con le loro specificità».
Dalla prima sperimentazione avviata a Palazzo Strozzi a Firenze, il Sistema dei Musei Toscani per l’Alzheimer si è sempre più esteso ad altre realtà museali del territorio, con l’obiettivo di creare incontri attivi e significativi tra i partecipanti e il patrimonio artistico e culturale dei musei. «In questi anni, abbiamo compreso che l’obiettivo dei nostri programmi è costruire dei momenti vitali per tutti i partecipanti. Per noi, i caregiver sono fondamentali: uno dei nostri obiettivi è aiutare i caregiver a trovare nelle nostre attività delle modalità di relazione nuove, diverse, che li aiutino a relazionarsi nella quotidianità con la persona con demenza – precisa Chiara Lachi -. Il museo inoltre è un contesto in cui si usa tanto l’immaginazione. Noi lavoriamo molto sulla narrazione: una delle attività principali è creare insieme una storia, una poesia a partire da un oggetto, da un’opera d’arte del museo. L’immaginazione è una delle ultime abilità a scomparire nelle persone con demenza e Alzheimer. Lavorare quindi sull’immaginazione è un’occasione di benessere per tutti, anche per i caregiver familiari e professionali che partecipano».
Uno spazio che diventa prezioso per ricostruire un passato che va ad affievolirsi in queste persone, riuscendo attraverso lo scambio di parole e immagini o l’incontro con oggetti a fare riaffiorare pezzi di vita. Esperienze imprevedibili, che diventano momenti di condivisione tra tutti i partecipanti. «Nel nostro sistema non ci poniamo come obiettivo la reminiscenza. Sappiamo che dando in mano un oggetto, magari un piccolo telaio, possono venire in mente dei ricordi. Ma può anche non accadere. Oppure può succedere, in modo più imprevisto, che un dipinto con una capanna, sulla nascita di Gesù, ad alcune persone abbia fatto ricordare quando da giovani andavano ad amoreggiare – racconta, con un sorriso emozionato, Chiara -. Per noi, un indicatore di efficacia delle attività è poter dire “aveva lo sguardo presente, ha partecipato come ha potuto, con frammenti di parole, con un gesto”. Per noi è importante il qui e ora, e attivare l’esserci di ognuno».
Un nuovo vissuto che spesso si trasforma in storytelling e viene pubblicato, condividendo così questi progetti con tutta la comunità e cercando di abbattere anche lo stigma della patologia.
Gli incontri nei musei si svolgono sempre in co-conduzione, con educatori geriatrici ed educatori museali. Un lavoro di squadra finanziato dalla Regione Toscana che ha fatto da apripista. «C’è un interesse crescente verso l’esperienza toscana. Abbiamo ricevuto richieste di informazioni e di formazione – chiosa Chiara Lachi -. La Regione Emilia-Romagna sta strutturando una rete di musei sulla nostra scia. La Regione Piemonte ha avviato dei passaggi tecnico-politici, inserendo normative simili a quelle della Toscana. Registriamo un grande attivismo, e vorremmo creare nuove connessioni a livello nazionale».
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