L’incidente ferroviario in Piemonte dimostra che la sicurezza sul lavoro non dipende solo dalle norme, ma da pratiche corrette e moderne.
Il dolo eventuale, ossia la decisione improvvida che ha causato un danno pur senza volerlo, contestato al capo cantiere e al tecnico di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) che supervisionava gli operai morti nell’incidente ferroviario alla stazione di Brandizzo, in provincia di Torino, dice molto a proposito della sicurezza sul lavoro in Italia.
Infrangere le regole può essere molto più che pericoloso
A volte gli incidenti non sono causati dall’assenza di norme o dispositivi, ma da cattive pratiche che i lavoratori scelgono o in qualche misura subiscono dai superiori. Come nel caso di Brandizzo. Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Saverio Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà (di soli 22 anni) sono i cinque dipendenti della ditta Sigifer travolti poco prima della mezzanotte da un treno di servizio sulla tratta regionale Torino-Milano. Caposquadra e supervisore avevano lasciato che la squadra iniziasse i lavori di manutenzione sui binari senza aver ricevuto l’autorizzazione dalla centrale operativa.
Nel video girato col cellulare dall’operaio più giovane, solo pochi minuti prima della tragedia, si sente una voce fuori campo che avverte i lavoratori di “buttarsi di lato” sui binari qualora percepiscano l’arrivo di un convoglio. Il rischio esisteva, dunque, ed era apparentemente “calcolato”. Eppure nessuno “guardava le spalle” agli operai e, in ogni caso, l’infrazione alle regole si è rivelata un azzardo fatale.
Gli incidenti sul lavoro in Italia
Brandizzo potrebbe essere la punta dell’iceberg. La situazione degli incidenti sul lavoro in Italia nei primi sette mesi del 2023 non lascia tranquilli. Secondo un’indagine dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente “Vega Engineering” di Mestre, le denunce di infortuni in tutta Italia sono state circa 385.000. Sono il 21% in meno rispetto al 2022 (erano 441.500), ma con una drastica riduzione delle contestazioni avvenute nel settore sanitario e legate al Covid. I morti sul lavoro sono stati 559 fino a fine luglio (e il numero è purtroppo già cresciuto) con la Lombardia a detenere il triste primato di 74 vittime. Secondo, molto staccato, è il Veneto (con 40 vittime), ultimi il Molise e la Valle d’Aosta con una vittima ciascuno.
Le donne denunciano poco, muoiono più stranieri che italiani
Le donne che denunciano infortuni sono poco più della metà degli uomini (121.000 contro 223.000), le vittime adulte di sesso femminile “solo” 39. Più di cento sono invece gli stranieri morti sul lavoro, con un’incidenza percentuale rispetto al numero degli occupati nettamente superiore a quella degli italiani. Ma il dato forse più preoccupante sono le quasi 31.000 denunce di infortunio da parte di giovanissimi sotto i 14 anni di età.
Sulla base dell’incidenza degli infortuni rispetto alla media nazionale la maglia nera va a Umbria, Abruzzo, Basilicata e Calabria. Lo status di regioni virtuose spetta invece a Toscana e Molise. Si tratta ovviamente di dati generali e in un certo senso grezzi, che andrebbero approfonditi e specificati. Ma una questione appare acclarata. Gli stessi rappresentanti sindacali riconoscono che l’Italia ha una legislazione piuttosto avanzata in anteprima di sicurezza sul lavoro, e tuttavia denunciano che ancora molto c’è da fare in concreto, per adeguare norme e pratiche alle sfide della tecnologia e alle nuove possibilità dell’organizzazione.
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