L’INAPP ha analizzato le cause dell’elevata mortalità per Covid fra gli anziani italiani. Non solo le condizioni di salute, ma anche i fattori di invecchiamento attivo ci hanno reso più vulnerabili.
La mortalità per Covid fra gli anziani italiani è fra le più alte in Europa. Questo a causa dell’assenza di politiche di invecchiamento attivo. A dimostrarlo, l’analisi dell’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche). Per comprendere le cause di livelli così elevati di mortalità, bisogna dunque guardare oltre la salute.
Italia seconda solo alla Bulgaria per mortalità per Covid fra gli anziani
Fino al decollo ufficiale della campagna vaccinale, l’Italia è stata seconda solo alla Bulgaria per percentuale di morti rispetto ai casi di positività ufficialmente registrati, con un valore pari al 3,1%. Il dato è simile a quello di Grecia e Ungheria. Eppure, è significativamente sopra la media (2,4%). Se l’età media di chi ha contratto la malattia è di 48 anni, quella di chi non ce l’ha fatta è di 81 anni. Il 92% dei decessi si collocava infatti al di sopra dei 65 anni e il 61,7% al di sopra degli 80. Un dato che trova conferma nel sesto Rapporto Istat-Istituto Superiore di Sanità sull’impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente nel 2020 e nel periodo gennaio-aprile 2021: un decesso su cinque nella fascia di età 65-79 anni è stato causato dal Covid. Mai un tasso di mortalità così alto dal secondo dopoguerra. Perché?
La mortalità per Covid fra gli anziani non dipende solo dalla salute
L’INAPP ha preso in considerazione non solo le condizioni di salute, ma anche gli indicatori relativi a occupazione, partecipazione alla vita sociale, vita indipendente, in salute e sicurezza, ambienti abilitanti per l’invecchiamento attivo. Valori sui quali è costruito l’Active Ageing Index, l’indice sviluppato dall’UNECE (United Nations Economic Commission for Europe). Fra questi, ad esempio, lo stile di vita, come l’esercizio fisico e la vita indipendente, il reddito, l’accesso alle cure, l’assenza di rischio di povertà o la possibilità di accedere ad opportunità formative. Tutti fattori migliori in una prospettiva di invecchiamento attivo. L’INAPP ha rilevato che, più questi fattori migliorano, più diminuisce l’impatto letale della pandemia sugli anziani.
Gli anziani più penalizzati sono donne, del Sud, poco istruiti, più poveri
Le dimensioni dell’invecchiamento attivo esaminate non si manifestano però in maniera omogenea in tutta la popolazione anziana. Considerando gli indicatori socio-anagrafici tra il 2007 e il 2016, emerge una maggiore penalizzazione delle donne, di chi vive al Sud Italia, delle persone con livelli di istruzione più bassi. “Ma è il reddito che ha avuto una influenza più significativa – evidenzia l’INAPP -, se si pensa che ad un livello basso è corrisposto, sempre tra il 2007 e il 2016, addirittura un peggioramento di 1,2 punti, mentre a livello intermedio il decremento è stato di soli 0,1 punti”. Così come i livelli di istruzione, la dimensione geografica, gli stili di vita hanno un impatto diretto sulle condizioni di salute.
In più – segnala l’indagine -, l’essere ospitato in residenze assistite “ha apparentemente rappresentato per una porzione significativa di persone anziane un ulteriore fattore di rischio”. Questo rispetto a chi risiedeva presso le proprie abitazioni. Secondo il report, infatti, mancanza di personale, difficoltà o impossibilità di trasferimento di ospiti contagiati presso strutture ospedaliere o isolamento in camere singole, il fatto di superare la soglia dei 60 ospiti e il livello di diffusione del virus nell’area geografica circostante hanno rappresentato alcuni dei fattori positivamente associati alla diffusione dell’infezione all’interno delle RSA.
Contro la fragilità, investire nell’invecchiamento attivo
“Prevenzione sul piano sanitario, diete salutari, esercizio fisico, mantenimento di attività cognitive, fruizione attiva del tempo libero, relazioni sociali ed affettive, transizioni graduali verso l’abbandono degli impegni lavorativi – spiega Sebastiano Fadda, presidente INAPP – costituiscono assi su cui sviluppare concrete politiche di sostegno. Questa dovrebbe essere la strada da perseguire perché l’anziano continui ad essere artefice del proprio benessere e non solo oggetto di assistenza”. Dunque, contro la vulnerabilità e fragilità, messa a nudo dalla pandemia, è urgente sviluppare un sistema organico di politiche di sostegno all’invecchiamento attivo. Per gli anziani di oggi e di domani.
© Riproduzione riservata