Il suo nome è Mohsen Lihidheb. Lo chiamano Boughmiga. Significa “uomo semplice”, “uomo saggio”. Sessantesei anni, ex impiegato delle poste tunisine, Mohsen Lihidheb vive a Zarzis, nel sud della Tunisia, un lembo di terra poco distante da Lampedusa. È proprio qui che parte il viaggio di molti migranti, che tentano di raggiungere le coste sicule a bordo di barconi.
Ma il mare accoglie, il mare restituisce. Purtroppo le correnti spesso riportano sulle spiagge di Zarzis i resti di chi non ce l’ha fatta. I pescatori li raccolgono. Cercano di dare loro una degna sepoltura. Hanno creato il “Cimitero degli Sconosciuti”, dove seppelliscono tutti i corpi restituiti dalle correnti.
Non solo: a riva confluiscono anche vari oggetti. Scarpe, vestiti, bambole, borsette: appartengono agli harraga, è così che vengono definiti da queste parti coloro che viaggiano senza documenti.
Mohsen Lihidheb ha deciso di raccoglierli, quegli oggetti, per preservarne la memoria. Ha raccolto anche i rifiuti umani, come bottiglie, boe, plastica fusa, ancore, pacchetti di sigarette. Ed ha avuto l’idea: ha creato, nella sua abitazione, il “Museo della memoria del mare e dell’uomo”. Un’azione ecologica, ma ancor prima, un modo per rendere giustizia, nel suo piccolo, a tutti quegli uomini, donne e bambini che sono andati alla ricerca di una vita migliore, trovando invece la morte.
Un’azione da Guinness dei Primati
Mohsen è un artista sui generis. È dal lontano 1993 che ha iniziato ad accumulare oggetti nel suo giardino, facendo anche delle letture pubbliche e realizzando delle installazioni per sensibilizzare sul tema dell’ecologia. Il suo impegno non è rimasto inosservato: nel 2002 è entrato nel Guinness dei Primati per l’alto numero di oggetti raccolti.
A quel punto tutti hanno iniziato a prenderlo più sul serio, e lui ha capito che, sì, era quella la strada giusta da percorrere.
Tra gli scaffali degli oggetti raccolti ci sono anche delle bottiglie di vetro affidate al mare. Portano con sé dei messaggi, in diverse lingue. Alcuni chiedono salute, altri una pesca fruttuosa, altri contengono messaggi d’amore. E poi ci sono gli oggetti dei naufraghi: sono quelli a cui Mohsen tiene di più, perché sono un modo per ricordare le vittime invisibili di questi tempi. Al centro di una stanza una piccola barca di legno, riempita di boe rotonde: simboleggia il fenomeno delle migrazioni.
(Foto apertura: tratta da filmato Al Jazeera)
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