Il 23 aprile scorso Milena Vukotic ha compiuto 85 (sì, ottantacinque) anni. Della sua sobrietà e della sua eleganza ha fatto un modello perfetto, senza tempo. Che ha infiammato anche i social. È stata gettonatissima – forse, per lei inaspettatamente – su Instagram nel corso della partecipazione all’edizione 2019 di Ballando con le stelle. La biografia dell’attrice romana – apprezzata da sempre per la versatilità, la gestualità delicata e la padronanza della voce – è davvero imponente. Lo sguardo corre sulla cinematografia: centoventi – finora – film, diretta da maestri tra i quali Monicelli, Fellini, Lina Wertmüller, Lattuada, Lizzani, Bolognini, Risi, Bertolucci, Özpetek, Tarkovskij, Oshima e Buñuel. Sulla lunga teoria di apparizioni teatrali firmate da Morelli-Stoppa, Enriquez, Strehler, Zeffirelli. Sui personaggi, da lei resi inconfondibili, annoverati ormai nella storia del piccolo schermo. La “signora Pina”, la moglie del ragioniere Ugo Fantozzi (Paolo Villaggio) continua a folgorare vecchie e nuove generazioni.
Ma non tutti immaginano che Milena Vukotic abbia mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo danzando nella Compagnia parigina del “Grand Ballet du Marquis de Cuevas” ed abbia pizzicato altresì le corde dell’erotismo posando per Playboy.
Per la prossima stagione di prosa – quando tutti ci saremo lasciati alle spalle, secondo le previsioni mediche, la pandemia da Coronavirus – sarà di nuovo in scena con Maximilian Nisi, nella commedia di Eric Coble Autunno di fuoco, per la regìa di Marcello Cotugno. E con una novità, Milena ovvero Émilie, scritta da Francesco Casaretti per la regìa di Maurizio Nichetti.
Intanto, le abbiamo rivolto alcune domande.
Non tutti conoscono il suo passato tersicoreo. È stato questo il motivo che l’ha spinta l’anno scorso a partecipare a Ballando con le stelle? È partita in vantaggio?
La danza classica è stata la base della mia educazione fisica e spirituale. Tuttavia, quarant’anni di pausa non rappresentano un vantaggio.
Che cosa ricorda di quei giorni lontani passati sulle punte?
Un grande, severo e costante impegno quotidiano, oltre a tanta passione. A Parigi la compagnia del maestro de Cuevas era considerata pari per importanza ai balletti russi di Diaghilev. Anche Nureyev vi prese parte.
Vi siete mai esibiti insieme?
No, quando lui arrivò, io non c’ero già più.
Era già entrata nello scintillante mondo della finzione teatrale e cinematografica. Come accadde?
Naturalmente; a Parigi studiavo contemporaneamente danza e recitazione. Ma quando vidi il film di Fellini La strada, scoprii il cinema dentro di me. Lasciai la Francia. Raggiunsi Roma, dove abitava mia madre, per rincorrere il mio sogno di celluloide. Iniziai tutto daccapo. La mia formazione era in francese, non in italiano. Seguii un corso di dizione. Tentai la sorte e vinsi una borsa di studio per un corso alla televisione. Da lì le prime esperienze in tivù e poi al cinema.
Ricorda il primo giorno sul set nel film Il sicario di Damiani?
Certo! Nel ’61. All’inizio ero spaesata. Era un mondo nuovo per me. Forse allora c’era più qualità è più volontà di fare, anche se c’erano meno soldi. De Sica e Fellini prima di affermarsi e dimostrare la loro grandezza non avevano tanti mezzi; “rubavano”- ricordo – pezzi di pellicola a destra e sinistra. Ho vissuto stagioni cinematografiche straordinarie. Il talento nel cinema non è mai mancato. Specialmente in Italia ce n’è tantissimo anche oggi. Bisogna saper anche aspettare e cogliere il successo al momento giusto.
Si riconosce nelle raffinate e spumeggianti foto pubblicate da Playboy negli anni Settanta, firmate da Angelo Frontoni, il “fotografo delle dive”?
Ah, ero tutt’altro che l’emblema della diva, ma Frontoni insistette. Preparò il set nel suo studio a Zagarolo. Alle pareti le riproduzioni dei quadri di Klimt. Io coperta da fiori sul seno. Le foto erano belle, ma niente di sexy. Un giorno mi chiamò e mi disse: «Playboy vorrebbe le foto. Mi permetti di dargliele?». Gli risposi di sì, a patto che avessero un senso. Così furono pubblicate con un testo di Alessandro Blasetti sulla donna e la femminilità. Hanno fatto all’epoca un po’ di scandalo. Ma io l’ho fatto spontaneamente. Tutto lì.
Lei ha anche presentato vari programmi televisivi. Ne citiamo uno per tutti: Musica insieme del 1980. La tivù di un tempo appariva più garbata rispetto a quella di oggi?
Allora tutto sembrava più qualificato, perché c’era poco da vedere. Oggi l’offerta è smisurata e si fanno spesso cose magnifiche.
Nessuno forse rammenta che lei subentrò – oscurandola per sempre – ad un’altra Pina, l’attrice Liù Bosisio. Si sente “inchiodata” al ruolo di moglie di Fantozzi?
No, sono “anche” Pina.
Con Villaggio che amicizia fu?
Quando mi propose la parte di sua moglie, Paolo mi avvisò che dovevo corrispondere ad uno schema abbastanza preciso. Mi adeguai. Il resto è noto. Sua figlia Elisabetta sta scrivendo un libro sul papà, mi ha chiesto di raccontarle gli anni in cui il genitore era calato nei panni di Fantozzi. Una grande perdita per me, la scomparsa di Paolo, anche se da anni non lavoravamo più insieme. L’ultima volta che lo incontrai, ero in partenza e gli dissi che al mio ritorno sarei andata a trovarlo. Non feci in tempo. Mi porto dentro questo rimpianto.
A proposito di rimpianti, rivedremo più nonna Enrica accanto a nonno Libero (Lino Banfi) nella fortunata e longeva serie di Rai Uno Un medico in famiglia?
La serie, purtroppo, non è confermata. Con molto dispiacere sia del cast sia del pubblico, che si era affezionato ai personaggi. Non sappiamo perché.
E a teatro, invece, quando e dove potremo incontrare nuovamente Alessandra, la vulcanica e barricadiera ottuagenaria – nel già collaudato spettacolo Autunno di fuoco – alle prese con il figlio Chris (Maximilian Nisi), che la vuol rinchiudere in una casa di riposo?
A Milano, dal 10 al 20 dicembre prossimo, al Teatro Franco Parenti.
Impegni nel 2021?
Sempre con Maximilian Nisi porteremo in scena, da gennaio in poi, A spasso con Daisy. Si tratta di una famosa opera del premio Pulizter Alfred Uhry, da cui trent’anni fa è stato tratto l’omonimo film di Bruce Beresford, vincitore di quattro Oscar, con Morgan Freeman e Jessica Tandy. Saremo in tre, io sarò l’anziana Daisy, Timothy Martin sarà l’autista e Maximilian, anche stavolta, sarà mio figlio.
Inoltre, sappiamo che nel suo calendario operativo c’è una novità, Milena ovvero Émilie. Ce ne vuol parlare?
È una sorta di gioco fra me, Milena, e Madame Émilie du Châtelet, figlia del capo cerimoniere di Luigi XIV. Una scienziata e letterata, amica di Voltaire, vissuta nel diciottesimo secolo, in un’epoca nella quale alle donne non era consentito neanche imparare a leggere e scrivere e in cui non veniva riconosciuto loro nessun merito. Nata a Parigi nel 1706, morì quarant’anni prima della promulgazione nel 1789 della Carta dei “Droits de la Femme”, durante la Rivoluzione francese.
E quando debutterà quest’opera che supponiamo prodroma di una lunga tournée, anche in considerazione dell’argomento così toccante?
Debutterà il 20 ottobre nella Capitale, al Teatro Off Off, nella storica via Giulia. Si replica fino al 25 ottobre.
Per concludere, qual è stata la stagione più bella della sua esistenza?
L’infanzia, sicuramente. L’età del sogno e del gioco. Ma poi ci sono delle condizioni in cui non vorremmo vivere ma che non appartengono all’età.
Per esempio?
Il dolore per la perdita delle persone amate, come mia madre, con cui ho vissuto tutta la vita. E con la quale continuo a vivere, ma in un altro modo.
Come vive la sua età?
Sono riconoscente alla vita. Sono contenta di vivere, non tengo in considerazione l’età, non la calcolo. Ho avuto la fortuna di fare le cose che più amo. Gli anni mi tengono compagnia.
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