Dai dati di Eige esce un’Unione Europea sempre più lanciata verso la parità di genere. Un progresso per molte donne, ma non per tutte
Il 24 ottobre migliaia di donne finlandesi, tra queste il primo ministro Katrín Jakobsdóttir, hanno scioperato contro la diseguaglianza salariale e la violenza di genere. Un gesto di grande solidarietà ma anche di allarme per dimostrare come, in un paese avanzato del Nord Europa, sussista ancora un problema di disparità di genere. Contemporaneamente l’Eige (Istituto Europeo per l’eguaglianza di Genere) diffondeva il Gener Equality Index, l’Indice sulla Parità di Genere, che – per la prima volta – mostra un deciso avanzamento sulla via dell’uguaglianza tra i sessi nei paesi dell’Unione Europea.
Il gap della parità di genere
Certo, l’Islanda – paese extra UE – non è nell’elenco, ma figura in cima all’indice del divario di genere del World Economic Forum negli ultimi 14 anni. È stato infatti il primo Paese al mondo a eleggere una presidente donna e, nel 2018, è diventato il primo a imporre la parità retributiva. Tuttavia le retribuzioni maschili sono superiori del 10% delle controparti femminili. Peggio ancora gli Usa, dove le donne guadagnano circa il 20% in meno rispetto agli uomini. Insomma se i progressi nel campo della parità di genere non mancano, il mondo è ancora lontano dal raggiungimento dell’uguaglianza.
L’Europa? Bene ma non omogenea
L’Europa sta andando su una buona strada, anche se non seguita da tutti i suoi Membri. Ai vertici della classifica dell’UE sono comunque Svezia, Olanda e Danimarca, che superano di gran lunga il punteggio medio dell’Unione (oggi 70.2 su 100 contro il 68,6 nel 2022), seguite al 4° posto dalla Spagna. L’Italia è 13° con 68.2, in netto miglioramento rispetto al 7.1 del 2010. Insieme a Bulgaria, Cipro, Grecia, Croazia, Lituania, Malta e Portogallo, pur con un indice sotto la media, sta riducendo rapidamente il divario. Fanalino di coda, Cecoslovacchia, Ungheria e Romania, con un punteggio al di sotto della media e un progresso molto più lento. La disparità tra gli Stati membri è significativa: alcuni osservano notevoli miglioramenti, altri registrano una stagnazione o addirittura una perdita di punti nel loro punteggio.
Le donne nelle posizioni di potere
Guardando a ritroso, si scopre che l’aumento del punteggio dell’UE dal 2020 è dovuto principalmente ai progressi nell’uguaglianza di genere nei settori dell’impiego del tempo extra lavorativo (+ 3,6 punti) e del lavoro (+ 2,1 punti). Dal 2010, il punteggio globale dell’Unione è aumentato di 7,1 punti, principalmente grazie ai progressi nel campo dell’esercizio del potere (+ 17,2 punti), che pure rimane quello in cui le disuguaglianze di genere sono più pronunciate. Grazie ai cambiamenti legislativi, infatti, la percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle società è salita al 33 %, valore corrispondente alla percentuale di donne nei parlamenti nazionali.
Assistenza non retribuita: il gap resta
Il miglioramento più significativo è quello relativo alla misura delle disuguaglianze di genere nella distribuzione del tempo dedicato alla cura, al lavoro domestico e alle attività sociali. Un incremento, precisa il report, dovuto però ad un minor impegno femminile nelle cure e nei lavori domestici. Non dunque ad un alto tasso di partecipazione degli uomini a queste attività che restano appannaggio femminile. Piuttosto al cambiamento possono aver contribuito la tecnologia, i servizi di consegna a domicilio e l’aumento dell’occupazione delle donne fuori casa.
Il lavoro, settore a rischio
Nonostante i progressi, il mercato del lavoro rimane oggi caratterizzato dalla segregazione di genere come lo era 10 anni fa. Un progresso si registra con l’aumento delle quote rosa in attività di istruzione, sanità e assistenza sociale. Anche se le prospettive di carriera (legate tra l’altro al tipo di contratto), rimangono ancora appannaggio degli uomini. La transizione verde e digitale in atto in questo momento in Europa, richiede un miglioramento delle competenze e una riqualificazione dalla quale le donne rischiano di essere emarginate a causa della loro minore rappresentanza nelle discipline STEM (acronimo per scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).
L’Italia sta recuperando terreno
Dal 2020, il punteggio complessivo dell’Italia è aumentato di 3,2 punti grazie ai miglioramenti nel campo del tempo dedicato alle attività assistenziali (+ 8,1 punti) e dell’impiego in posizioni di potere (+ 5,8 punti). Ma è nel settore dell’occupazione che le disuguaglianze di genere sono più pronunciate. In questo campo infatti il nostro paese si colloca all’ultimo posto per la partecipazione e la qualità del lavoro. La percentuale di donne laureate in scienze naturali e tecnologiche è inferiore agli uomini. Per contro nel 2022 le donne italiane detenevano il 40 % delle posizioni con potere decisionale in seno alle commissioni parlamentari che si occupano di ambiente e di cambiamenti climatici, rispetto a una media del 30 % in tutta l’UE.
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