Quasi la metà dei giovani italiani ha sofferto di ansia e depressione a causa dell’emergenza sanitaria, e dichiara di aver cambiato la propria visione del futuro
Per monitorare il disagio psicologico dei ragazzi è nato il progetto “Mi vedete?”, che ha coinvolto studenti, insegnanti, famiglie ed esperti di tre scuole di secondo grado. L’iniziativa, realizzata con la collaborazione di Lundbeck Italia, affiliata del gruppo danese che si occupa di neuroscienze e dell’agenzia di consulenza Your Business Partner, si è svolta attraverso 6 giornate di incontri sulla consapevolezza, 96 conversazioni e 6 workshop presso il liceo Leonardo Da Vinci di Carate Brianza, il licei Benedetto da Norcia di Roma e il liceo Giulio Cesare Vanini di Casarano. Un progetto che ha coinvolto più di 1.700 studenti.
I risultati di “Mi vedete?”
I risultati hanno messo in evidenza alcune delle situazioni di disagio più comuni fra i giovani, come l’uso di sostanze, i disturbi alimentari e del sonno, il bullismo. Il 54% degli studenti ha dichiarato di aver fatto uso di sostanze, il 15% dei genitori ne ha riportato l’uso da parte dei figli o dei loro compagni, come pure il 19% dei docenti.
Il 38% dei ragazzi ha raccontato di avere, o di aver avuto, disturbi alimentari, il 13% dei genitori e il 33% dei docenti ne sono consapevoli. I disturbi del sonno sono comuni fra il 63% dei giovani intervistati e un terzo di essi ammette di fare fatica ad addormentarsi a causa dell’ansia, ma solo il 19% delle famiglie e l’8% dei docenti lo sanno. Il 38% del campione riferisce di esperienze di bullismo subite personalmente o dai compagni, mentre la consapevolezza dei genitori scende al 17%, quella dei docenti al 4%.
Un punto di partenza
“Mi vedete?” è un punto di partenza, nell’idea degli organizzatori, per stabilire un modello di ascolto e di lettura dei disagi adolescenziali e cercare di dare ai giovani delle risposte. Il progetto ha preso spunto dai dati emersi dal Rapporto Censis “Generazione post pandemia: bisogni e aspettative dei giovani italiani nel post Covid 19”, che aveva già evidenziato una diversa consapevolezza delle famiglie e delle scuole rispetto alla situazione psicologica dei ragazzi, spesso con un rimpallo di responsabilità fra le diverse istituzioni.
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