«Sono le 7 di mattina del 29 aprile 1945 quando una voce si rincorre per tutta Milano: Mussolini è morto. Il cadavere suo e quello di Claretta Petacci sono a terra, in piazzale Loreto, assieme ai corpi di altri quindici gerarchi.
Piazzale Loreto
Tra le voci che si susseguono c’è che il Duce e la Petacci siano stati fucilati ieri, nei pressi di Dongo, sul lago di Como e scaricati qui, in Piazzale Loreto, durante la notte. Non è un luogo qualsiasi ma la piazza in cui, lo scorso 10 agosto, quindici partigiani sono stati fucilati dalla Legione autonoma mobile Ettore Muti, un corpo militare della RSI. I loro corpi, esposti al sole per l’intera giornata, furono dileggiati e alle famiglie impedito di portarli via.
Tra la folla a Piazzale Loreto
Perciò, complice il passaparola, in poco tempo i milanesi si riversano per le strade. Da che erano deserte, ora sono piene di gente. Tra la folla, ci sono anch’io: mi chiamo Giorgio Re e ho 26 anni. Da viale Jenner arrivo a Piazzale Loreto in bicicletta.
Un’immagine che non dimenticherò mai
Quando in Piazzale Loreto i primi passanti si accorgono dei cadaveri, gli lanciano contro insulti, gli sputano addosso e qualcuno ci orina sopra. È allora che una squadra di Vigili del Fuoco – pare per intercessione della Chiesa -, giunta con un’autobotte, lava i corpi cosparsi di sangue. Quando arrivo, il gruppo è ancora a terra sbattuto sul lastrico; poi, vengono appesi per i piedi alla pensilina del distributore di carburante Standard Oil che è all’angolo con Corso Buenos Aires.
Euforia e orrore
La gente, qui, è euforica e sgomenta: la vista dei gerarchi appesi a testa in giù è uno spettacolo crudo e io stesso faccio fatica a tenere gli occhi su quella scena. C’è molta confusione, ma noto che alla Petacci una qualche mano deve aver messo una molletta sulla sottana per evitare che la gonna venga giù, altrimenti sarebbe nuda.
Tornando a casa
Mentre torno indietro, verso casa, Milano è quasi irriconoscibile: tutta distrutta. Sembra che quel po’ che resta possa essere preso e trapiantato altrove. Restano su giusto rioni come Piazza della Repubblica, dove gli inglesi hanno istallato il loro quartier generale. E mi viene da piangere a vederla così, coi tram divelti e bombardati. Sono milanese, sono nato e cresciuto qui.
Dopo l’Armistizio
Eppure, ci ho fatto ritorno da appena quattro giorni alla notizia che i Partigiani sarebbero scesi dalle montagne e avrebbero liberato Milano. Sono un disertore da quando, dopo l’8 settembre, ho abbandonato l’esercito italiano. Sono riuscito a sfuggire alla cattura dei tedeschi che mi avrebbero fucilato e, per mesi, ho trovato riparo in Piemonte, su un altipiano.
La mia famiglia
Casa mia, a Milano, non esiste più. Mio padre sul principio dell’inverno, dopo l’8 settembre, è fuggito e si è riparato nell’appartamento di un amico. Il nostro stabile e i due vicini sono stati travolti dal bombardamento e di tre interi palazzi non sono rimasti che un ammasso di mattoni. In tutta la città non c’è cibo, niente più viveri e con le tessere ci prendi un etto di carne alla settimana. Bisognerà aspettare il ’46 prima che gli americani facciano un ponte aereo che rifornirà la città di quasi tutto. Ad oggi, anche il pane bianco sembra un miracolo: ad avercelo sembrerebbe quasi di mangiare un dolce».
25 aprile 2020 – Giorgio Re vive a Milano. Oggi ha 101 anni
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