Sono passati 151 anni dalla nascita della pedagogista Maria Montessori, a cui devono tanto non solo i bambini ma oggi anche gli anziani.
Maria Tecla Artemisia Montessori, per tutti più semplicemente, Maria Montessori, nacque nelle Marche, il 31 agosto 1870. A Chiaravalle, non lontano da Ancona, dove ancora oggi ha sede una fondazione a lei dedicata. Tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia (fu la terza nel 1896), più volte candidata al premio Nobel per la pace, resta a tutt’oggi una delle più importanti pedagogiste al mondo. E il “Metodo Montessori” è un modello educativo ancora oggi adottato. Non solo per i bambini.
La formazione
“Tra tutte le professioni, quella più adatta per una donna è proprio quella di medico”. Riferiscono che dichiarò questo, quando fu finalmente ammessa all’Università La Sapienza, sostenuta dal Ministro Baccelli e da Papa Leone XIII. Grazie al professor Angelo Celli, marchigiano come lei, imparò a conoscere la marginalità sociale nei bambini dei quartieri poveri di Roma come causa di alcune malattie molto diffuse, quali malaria e tubercolosi.
Si specializzò in neuropsichiatria, fece ricerca in laboratorio come anche al manicomio romano di Santa Maria della Pietà, seguì un corso di ingegneria sperimentale, studiò pediatria all’Ospedale dei bambini, fu nominata assistente alla clinica psichiatrica dell’Università di Roma, in collaborazione con Giuseppe Ferruccio Montesano, cui poi si legò anche sentimentalmente e da cui nacque il figlio Mario. Partecipò a numerosi convegni di pedagogia in tutta Europa, nonché al Congresso Femminile di Berlino come rappresentante dell’Italia nel 1896 (parlando già allora del diritto alla parità salariale tra uomini e donne). Divenne direttrice della scuola magistrale ortofrenica di Roma e si laureò in filosofia. Nel 1899 aderì alla Società Teosofica, come pure alla massoneria.
Nel 1903 entrò nella Croce Rossa Italiana. L’anno seguente, conseguì la libera docenza in antropologia ed ebbe dunque l’opportunità di occuparsi dell’organizzazione educativa degli asili infantili. Nel 1907, aprì la prima Casa dei bimbi a Roma, con il contributo dei baroni Franchetti conosciuti in casa della scrittrice Sibilla Aleramo. E scrisse la prima edizione del suo celebre Metodo. Da qui, la sua vita non la raccontiamo oltre. Vi rimandiamo per questo a buoni testi, come il recente libro di Cristina De Stefano Il bambino è il maestro. Vita di Maria Montessori (Rizzoli, 2020). Oppure, se preferite alla visione di uno sceneggiato televisivo come Maria Montessori. Una vita per i bambini del 2007.
La scoperta del bambino
“Quando il bambino era ancora molto piccolo, bastava chiamarlo col suo nome perché si voltasse; ora occorre rivolgersi al suo animo e per questo, non è più sufficiente parlargli: bisogna interessarlo. Ciò che apprende deve essere interessante, deve affascinarlo. Bisogna offrirgli cose grandiose: per cominciare, offriamogli il Mondo”.
Il metodo montessoriano parte dallo studio dei bambini e delle bambine con problemi psichici, espandendosi allo studio dell’educazione per tutti i bambini. In estrema sintesi, il bambino è visto come un essere completo, con proprie disposizioni e inclinazioni. Il principio per favorirne la crescita deve essere quello della libertà. Lasciare al bambino la possibilità di sviluppare e dedicarsi ai propri interessi, di concentrarsi.
Dalle lezioni di silenzio all’ambiente costruito a sua misura, passando per materiali di gioco e cognitivi ideati dalla stessa Montessori. Dalla torre rosa agli incastri metallici, dai solidi geometrici ai triangoli costruttori. I campanelli e la scatola dei rumori. Tutto porta il bambino a saper orientare la propria volontà. Alla vera crescita. Attraverso una pedagogia che è pedagogia scientifica. Una scienza che osserva la scoperta del bambino nella sua spontaneità e autenticità. Un bambino che è “embrione spirituale”. Da qui, anche l’idea di una “educazione cosmica”, ossia che sul piano cosmico ogni forma di vita non abbia uno scopo a sé, ma sia collegata alle altre, con un suo posto e funzione nell’universo. E torniamo al bambino che deve conoscere il mondo. “Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo”. Questo recita la scritta sulla sua tomba a Noordwijk nei Paesi Bassi, dove Maria Montessori morì il 6 maggio 1952.
Il Metodo Montessori anche per la mente dell’anziano
Nel 1924 nacque l’Opera Nazionale Montessori. Oggi si stima che al mondo ci siamo circa 22mila scuole montessoriane di ogni ordine e grado. Ma questi esercizi, strumenti e tecniche, progettati per l’età evolutiva, sono stati con successo sperimentati anche per la terza età. Ad esempio, per contrastare il decadimento mentale, nonché vere e proprie malattie come l’Alzheimer. Così spiega un recente volume, Il metodo Montessori e gli anziani fragili. Principi e metodi per migliorare il benessere e le autonomie di Federica Taddia, Ruggero Poi e Annalisa Perino (Erickson, 2020).
La rinnovata diffusione del metodo, anche in ambiti differenti dall’educazione infantile, si offre come un interessante opportunità per il benessere psicofisico dell’anziano. In quest’ottica il focus è ciò che l’anziano riesce a fare, come il bambino. Assume una posizione centrale il rispetto dei suoi bisogni e desideri. Per rafforzare auto-efficacia e capacità residue. Il paradigma montessoriano è il medesimo: “aiutami a fare da solo”. Ma nel bambino si tratta di conquista dell’autonomia, nell’anziano di mantenimento.
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