Fare i nonni significa ricoprire un ruolo molto importante nella famiglia ma spesso ci si può confondere nel tipo di relazione che si instaura coi nipoti. La pedagogista Emily Mignanelli, ha provato a fare chiarezza, insegnando ai nonni a fare bene il loro “lavoro”
Per lei, Emily Mignanelli, sarebbe necessario istituire un vero e proprio “Sindacato dei Nonni”, in grado di tutelare il loro diritto al tempo libero, senza sensi di colpa e obblighi al perpetuo accudimento della “prole della prole”. Ma è altresì convinta che i nonni debbano comprendere il proprio ruolo e i “confini” del loro agire, molto chiaramente. È così che i suoi corsi per “Nonni efficaci” (l’ultimo in gennaio) sono autentici “corsi di sopravvivenza ai figli cresciuti e ai nipoti in crescita”. Perché, chiarisce introducendo le lezioni online: «Quello che non viene spiegato bene ai genitori quando nasce loro un figlio è che dovranno gestire anche i loro genitori diventati nonni. Daranno consigli non richiesti, daranno cioccolate di nascosto ai nipoti, compreranno loro giochi che finiranno rapidamente nel dimenticatoio. Ma sapete cosa? Tutto questo lo faranno per amore, per puro amore verso i figli dei loro figli. Certo che per crescere un bambino l’amore non basta, servirebbe anche una buona dose di informazioni, buonsenso, consapevolezza e strumenti».
Emily Mignanelli vive a Osimo, nelle Marche, la patria di Maria Montessori. È una giovane pedagogista e maestra, una ricercatrice e una madre, molto preparata. A 34 anni, ha due lauree – una in Scienze della Formazione Primaria e una in Scienze Pedagogiche – e ora sta studiando per prendere la terza, in Psicologia, mentre lavora all’Università di Macerata come assistente in Pedagogia Generale ed è consulente e formatrice al sostegno familiare presso il centro Corallo, che ha inaugurato nel 2019.
Nel 2020, l’editore Feltrinelli l’ha chiamata per scrivere un saggio – che ha avuto un buon successo – dal titolo Non basta diventare grandi per essere adulti, in cui spiega “come smetterla di essere figli e prendere in mano la nostra vita”. Sempre nello stesso anno, con l’editore Lindau ha pubblicato Hundreds of Buddhas – Viaggio intorno al mondo alla ricerca di nuovi paradigmi educativi, che ha preso vita dall’omonimo blog e dalle sue esperienze, dall’India alla California, passando per New York. E ora sta ultimando nuovi volumi, di prossima uscita.
Tutto questo, mentre si prende cura dei suoi due figli – Vittorio di 14 anni e Amedeo di 4 – nonché dei tanti bambini, da 0 a 14 anni, che frequentano la sua scuola “Serendipità” e i progetti educativi dell’Associazione Lilliput, che ha fondato quando aveva appena vent’anni. Un modello educativo in cui i bambini vivono nella Libera Repubblica dell’Infanzia, con una loro moneta e un negozio interno; scelgono a quali lezioni partecipare e possono licenziare un maestro, se portano sufficienti prove che non è un buon esempio per loro; gestiscono un’agenzia di viaggi che organizza le gite e vendono i manufatti del loro negozio di ceramiche, e poi cucinano e puliscono la scuola, perché di bidelli non ce n’è l’ombra. Un luogo dove, soprattutto, viene rimesso al centro il bambino nella sua relazione con l’adulto che lo cresce, evitando automatismi tossici e favorendo la giusta narrazione di sé come “forma terapeutica per eccellenza”. Riconoscendo in queste nuove leve il più potente meccanismo di rinnovamento sociale.
Iniziamo da un aneddoto sui luoghi familiari. Ci racconti del centro Corallo?
È stata una meravigliosa scoperta. Anni fa cercavo una sede a Osimo per il mio centro di pedagogia. Chi affittava lo spazio mi ha fatto vedere il posto e l’ho subito percepito come un luogo familiare, in cui mi sentivo a mio agio, ma ho scoperto che questa era la vecchia camiceria del mio bisnonno, solo quando ho firmato il contratto e ne ho parlato con i miei familiari. A loro non avevo ancora detto nulla, per evitare le paure che solitamente suscitano le mie idee: “Apro una scuola”, “Lascio tutto e vado nove mesi in giro per il mondo…”. Di solito, racconto tutto a cose fatte. Così, ho scoperto che mia nonna (da bambina) viveva proprio lì sopra; i miei genitori abitano in un palazzo a 50 metri da qui e in questa strada c’è sempre stato “tutto” il mio mondo finora. C’è il mio solco: è la via che ho percorso da piccola per frequentare le scuole e che percorro per andare al lavoro e riprendere i miei figli dai nonni.
I tuoi nonni come erano, come li hai vissuti?
I nonni hanno un valore enorme nella vita di una persona. Io sono la nipote di un angelo e devo a mia nonna Rossana, la mamma di mio padre, enorme affetto e gratitudine per ciò che sono. Nella mia infanzia l’ho spesso idealizzata. È stata una bimba tolta ai genitori e affidata alle cure delle zie. Il dolore dell’infanzia per alcuni è una trappola, mentre per altri è la promessa di una grande umanità. Questa è stata lei con i nipoti e questa cerco di essere io, in una dimensione allargata, nel mio “fare con i bambini”. I miei nonni non erano consapevoli di alcune dinamiche e mi hanno tenuta distante da alcune verità, ma mi hanno affiancata in tutto. Cucinavamo con spensieratezza, cantavamo, ballavamo… Ricordo solo la gioia e l’essere presente. Questa è una dimensione a cui attingo anche nel mio lavoro. La realtà della mia infanzia è stata una realtà fatta di magia. Questa nonna popola tutto il mio mondo.
Quale “funzione” hanno i nonni?
I nonni sono una risorsa e una ricchezza importantissima. Ma è fondamentale che sappiano stare al loro posto per mantenere una natura armonica nelle interazioni familiari, in cui ciascuno ricopre un ruolo assegnato. I nonni sono un’enorme eredità affettiva e relazionale, ma devono accettare che il loro figlio (o figlia) è oramai un adulto. Senza esercitare il proprio potere su di lui e sul nipote. E senza vivere con nostalgia la genitorialità ormai perduta o facendo ricadere sui nipoti le tensioni che hanno coi loro figli. Credo che debbano sapersi cogliere come capostipiti. Loro sono un monte vicino alla sorgente, da loro tutto parte. E possono sciogliere molte catene, smorzare molte dinamiche, se imparano a porsi nella giusta posizione che compete loro. Hanno un grande potere e grandi responsabilità (non colpe), ma devono saper riconoscere che “prima” di loro ci sono i genitori. Per poter fare tutto questo in modo sano, devono “risolvere” la loro genitorialità. Poter raccontare i propri errori e le proprie fragilità è liberatorio, libera intere generazioni. Come scriveva Jung: «La mia vita è la storia di una autorealizzazione dell’inconscio». Per questo è importante “ripulire” le dinamiche familiari. Se taci una verità, non è vero che proteggi l’altro come pensi; mentre se la liberi, liberi te e gli altri che ti stanno attorno.
Nello stereotipo, i nonni viziano…
Il nonno non deve essere quello che vizia. È semmai colui che può avere più tempo a disposizione e quindi magari anche più pazienza, favorendo attività lente, altrimenti improbabili per tante coppie che conducono una vita frenetica. Ma non devono esserci contrasti con le scelte dei genitori. Il lusso del nonno pensionato è aver tempo a disposizione e deve essere questo il di più, il tempo trascorso, non la complicità: “ti compro…”, “facciamo questa cosa senza dire niente…”. Altrimenti è depistante per l’educazione del bambino. E per giunta non fonda una relazione, ma opportunismo.
Come porsi correttamente nella relazione?
I nonni – ma così anche i genitori – devono percepire il bambino non come un diritto acquisito per legame di sangue, ma come un individuo. Non si tratta del “figlio due”, i nonni devono elaborare il lutto: è finito il loro tempo di essere genitori. E questo, in un certo senso, dona loro più libertà nella relazione. Diventano la figura vicina, che capisce il bambino, ma in un confine di rispetto con i genitori. Se non mi sento realizzato nel mio lavoro o nel matrimonio, e sposto tutte le mie aspettative sulla dimensione genitoriale, nell’affermarmi come madre (o come padre), non permetto all’altra persona di crescere, perché altrimenti mi sento persa. “Ti stiro”, “ti porto fuori il cane”, “faccio tutto io” perché ho bisogno di fare ancora il genitore: non è sano, bisogna lavorare sul lasciar andare. La condizione dei nonni è perfetta. Hanno la saggezza dell’età, sanno per quali battaglie vale la pena impegnarsi e quali lasciar perdere, hanno avuto modo di poter comprendere se stessi, perché il passare del tempo ha eroso i loro scogli più appuntiti e ora possono prendersi cura di sé.
Questi nonni “moderni” ce l’avranno davvero del tempo per sé?
Bisogna assolutamente istituire un Sindacato dei Nonni! Devono imparare a dire di no. A rispondere che non possono occuparsi dei nipoti, perché se ne vanno in crociera o perché vogliono fare le parole crociate, senza sentirsi in colpa. Non si “devono” prendere cura dei nipoti, lo fanno se vogliono. Non si insegna scegliendo sempre la rinuncia. Alcune rinunce sono eccessive, una forma di deprezzamento personale e un ostacolo allo sviluppo dei figli. È il genitore l’adulto responsabile di tenere il bambino, non il nonno in pensione. Un conto è una tantum, altro conto è darlo per scontato come fosse un loro lavoro.
Quali esperienze hai avuto ai tuoi corsi con i nonni?
Ho iniziato a far corsi con i nonni una manciata di anni fa. Una quindicina di partecipanti a lezione. Mentre i genitori, di solito sono tutti concentrati nella fascia dai 30 ai 45 anni, per i nonni è diverso: si va dai 55 agli 85 anni. Anche visivamente, sono completamente diversi. Hanno la loro vita scritta addosso: dall’operaio al primario. Ma mi ha colpito che quando si siedono a parlare dei nipoti, ogni differenza si annulla. Hanno tutti una lucidità e un’apertura mentale incredibile nel parlare dei propri errori tra loro (cosa che, invece, non hanno davanti ai loro figli), come ad esempio, quello di aver imposto l’aspettativa della laurea. Quando poi ho iniziato a fare i corsi anche online, è stato bellissimo. Vedevi dalla nonna delle Dolomiti con le treccine e la mantellina di lana, ai colori sgargianti del nonno siciliano. Sono veramente aperti. “Io non capisco ma sono disposto/a ad ascoltare”: è la posizione più frequente. Com’è capitato, ad esempio, parlando di relazioni omosessuali dei nipoti. Interagiscono, si consigliano tra di loro, sono spigliati. Sono nell’atteggiamento del non aver nulla da perdere, anzi, proprio per non perdere il loro rapporto con figli e nipoti, sono disposti a rimettersi in gioco. Ma va considerato che spesso purtroppo i nonni non hanno uno spazio per parlare tra loro, così come non c’è un luogo per il loro sostegno educativo.
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