Antonio Mercuri.
Maturità scientifica, laurea in medicina e chirurgia, specializzato in pediatria. Ama scrivere e l’arte in tutte le sue forme, è autore di diversi romanzi e poesie ed ha partecipato a rassegne e concorsi ottenendo lusinghieri riconoscimenti, recensito artisti e presentato mostre di pittura e grafica. Partecipa al Concorso 50&Più per la quarta volta. Vive a Tolentino (Mc).
Ricordo le vacanze trascorse a casa dei nonni quando bambini, appena arrivati, io 8 anni e mio cugino Alessandro 7, complice di mille avventure. cominciavamo a girare sia dentro che fuori casa con spirito da veri esploratori .
Quante cose da scoprire in quel luogo dove gli oggetti, comuni all’epoca di nonno, erano a noi sconosciuti.
Ricordo soprattutto quei due locali off limits per noi bambini: il capanno degli attrezzi e la soffitta.
C’erano sempre anche i cugini più piccoli, solo 4 e 3 anni, rompiscatole indescrivibili, sempre tra i piedi e pronti a correre dai genitori a fare “la spia” ogni volta che ci capitava di combinare qualche marachella.
Ma quella volta che noi “grandi” avevamo deciso di esplorare la soffitta (il capanno degli attrezzi lo avevamo già esplorato in lungo e in largo) ci eravamo prima assicurati che i “piccoli” fossero impegnati a giocare da tutt’altra parte.
Che cosa poteva esserci in quella stanza a noi preclusa?
La porta era aperta, strano.
La stanza era piccola con polvere e ragnatele sopra i vari mobili, valigie e cassapanche disposte con ordine intorno ad un piccolo spazio al centro.
Dopo una rapida occhiata all’interno dell’armadio con l’anta che cigolava al minimo movimento ma con nulla di interessante dentro, la scoperta della borsa di pelle, anzi no di cuoio chiaro, con due grosse tasche davanti ed all’interno tanti fogli e un quaderno a quadretti con la copertina nera e l’etichetta bianca con scritto a penna “Il mio diario” ed il nome di nonno.
Ricordo l’attimo di esitazione nei nostri volti, mio e di mio cugino Alessandro, complice del misfatto.
Sapevamo che non era corretto violare l intimità di quelle pagine.
Potevamo aspettare l’arrivo di nonno nel fine settimana e chiedergli di farcelo leggere ma la curiosità era troppa e.., no, non si può non sbirciare almeno una paginetta. Chissà cosa avrà scritto nonno, forse di misteri indicibili, di avventure segrete?
Noi eravamo “grandi” e sapevamo già leggere quindi abbiamo aperto il diario a caso, verso la metà e, sulla pagina di sinistra troviamo una domanda scritta in stampato maiuscolo:
“PERCHE’ CREDI IN DIO?”
Poi, in corsivo la risposta: “Credo in Dio perché esiste la Nutella, perché solo un essere superiore può aver creato una cosa così buona.
Amen.”
Hai capito nonno che biricone!!!
Sulla pagina di destra, invece c’era una data e abbiamo cominciato a leggere.
“18 marzo
Stavolta l’ho proprio combinata grossa!
Sono rimasto a casa perché è arrivata un po’ di febbre così sono rimasto con Ines, la ragazza che mamma ha invitato a casa nostra da quel paesino vicino Romazzano, perché così può guadagnare qualcosa badando a noi mentre lei e papà sono al lavoro.
Tutta la mattinata siamo stati a leggere, a giocare e disegnare poi, mentre Ines ha iniziato a cucinare per il pranzo, ho deciso di fare qualche esperimento che avevo in mente da diversi giorni.
Inizialmente volevo portare a termine il mio “Veleno per topi” ma, poiché avevo lasciato i vari componenti in una tazza sopra al camino, ieri sera mamma li aveva buttati via.
Sinceramente non ero convinto che funzionasse senza sostanziali modifiche, comunque ricordavo tutti gli ingredienti usati: un po’ di varechina, un po’ di sapone, un po’ di trielina e un po’ di acido muriatico. Rimanevano ancora da aggiungere dei pezzetti di formaggio e qualche briciola di pane, almeno.
Il posto dove piazzarlo era nell’orto vicino alla pianta di noci dove avevo visto passare qualche topo un po’ di tempo fa.
Mentre ripensavo a tutto questo ho notato che la bottiglia di trielina era rimasta sotto il lavandino davanti a tutte le altre bottiglie di sapone e di varechina.
A dire il vero di trielina ne è rimasta poca però per quello che voglio fare va bene lo stesso, anche se mamma si accorgerà che qualcuno l’ha terminata.
La bottiglietta è di quelle trasparenti con il tappo di porcellana e la guarnizione di gomma rosa con la molla a scatto.
La prendo e mi metto vicino al camino di fronte al tavolo della cucina.
Il fuoco è spento ma i fiammiferi sono a portata di mano.
So bene che la trielina prende fuoco facilmente, qualche volta anche mamma l’ha usata per accendere il fuoco, inzuppando la carta e facendoci allontanare tutti.
Non so una cosa: se do fuoco alla trielina che è dentro la bottiglia le fiamme escono da sopra, dal collo della bottiglia, ma se io chiudo con il tappo dove vanno a fine le fiamme?
Rimangono dentro la bottiglia o il fuoco si spegne ?
Bisogna provare.
Prendo un fiammifero lo accendo e lo butto dentro la bottiglia da cui esce una fiammata che quasi mi brucia i capelli.
Sono uno scienziato, io sapevo che la fiamma sarebbe uscita da sopra!
Adesso chiudo e… dopo pochi secondi la bottiglia è scoppiata andando a finire vicino alla gamba del tavolo che ha iniziato a prendere fuoco.
Non ti dico caro diario le urla di Ines che si è messa a correre e chiedere aiuto, mentre io, dopo la paura iniziale, ho cercato di spegnere le fiamme con la caraffa dell’acqua.
Peggio che mai perché ho scoperto che le fiamme galleggiano sull’acqua e così facendo il fuoco si alzava sempre di più.
Oramai la gamba del tavolo era tutta in fiamme e per fortuna che è arrivato Gustì che abita sullo stesso pianerottolo e con una coperta è riuscito a spegnere le fiamme.
La bottiglia di trielina si era praticamente tagliata in due: la parte sotto era finita sotto il tavolo mentre la parte sopra doveva essere lì vicino.
Una volta che Ines si è calmata e non trema più si riavvicina ai fornelli, rimasti accesi, per finire di cucinare il pranzo ma… ricomincia ad urlare e tremare: Il tappo della bottiglia con tutto il collo si è fermato sopra la bombola del gas, dove c’è la manopola per aprire e chiudere il gas, e con ancora una fiammella accesa..
Altro momento di panico, poi fortunatamente tutto è finito con la rimozione del pezzo di bottiglia da parte di Gustì che ha anche portato in terrazza il tavolo perché la puzza di bruciato era proprio forte ed ha aiutato Ines a ripulire la cucina dai pezzi di vetro e dall’acqua che avevo usato e che era rimasta ancora a terra.
Visto dove era arrivato il tappo Gustì mi ha preso in disparte, mi ha abbracciato e mi ha detto: “Stavolta Tonino l’hai combinata proprio grossa, è andata bene, ma quando torna Marino ( mio Padre ) ….”
E così è stato.
Ora mi tocca una settimana di punizione dura (senza televisione né giocare in strada con gli amici), lavoro per ripagare i danni (lavorare in giardino, aiutare mamma a pulire la casa, andare a fare la spesa) e, la cosa peggiore, dover dire addio a Ines che non vuole più rimanere sola a casa con il sottoscritto e la settimana prossima torna a casa sua vicino Romazzano”.
Ma quante ne ha combinate nonno!
Ricordo che con Alessandro ci siamo guardati e, senza pensarci due volte, abbiamo deciso di portarci via il diario per poter leggere in santa pace le altre pagine senza dover ritornare in soffitta, con il rischio di venire scoperti non tanto dai genitori ma dai rompiscatole dei cuginetti.
Ora il problema era dove nascondere il diario . Urgeva un piano dettagliato con almeno due opzioni.
La prima scelta è stata di nasconderlo, in bella vista, in mezzo ai miei libri di lettura che non interessavano nessuno