Mangiare poco allunga la vita. Ovviamente “il poco” deve essere anche sano, altrimenti non vale. Ma la dieta, purtroppo, non funziona come una bacchetta magica che al suono di “abracadabra” regala subito qualche anno di vita in più. La longevità si costruisce nel tempo e richiede costanza. I sacrifici a tavola vanno iniziati presto, prima di entrare nella cosiddetta “terza età”, e vanno mantenuti per tutta la vita.
Gli autori dello studio pubblicato su Nature Metabolism che invitano ad alleggerire il menu con largo anticipo sulla vecchiaia non indicano l’età precisa alla quale sarebbe bene cominciare a ridurre le calorie, ma fanno capire che a 65 anni è troppo tardi, mentre a 50 si è ancora in tempo.
I ricercatori del Max Planck Institute for Biology of Ageing hanno scoperto l’importanza del timing nella dieta da una serie di esperimenti sui topi, 800 esemplari in tutto. Le cavie di diversa età sono state sottoposte a differenti regimi alimentari con esiti vari e inaspettati.
Il dato anagrafico si è rivelato decisivo. Gli animali giovani che avevano ridotto del 40% la quantità di cibo consumata, appena raggiunta l’età adulta vivevano più a lungo mantenendosi più sani non solo degli animali che erano stati lasciati liberi di mangiare quello che volevano, ma anche dei loro simili che avevano cominciato la dieta in età avanzata. I sacrifici dei topi “seniores” non erano serviti ad allungargli la vita. Tutto lascia pensare che lo stesso valga per gli esseri umani.
A cosa si deve questo crudele fenomeno che scoraggia ogni tentativo tardivo di aggiustare il tiro avvisando che oramai è troppo tardi? I ricercatori hanno scoperto che l’organismo degli animali, così come quello come degli umani, da una certa età in poi mantiene viva la “memoria” del grasso.
Il processo avviene a livello genetico: anche negli animali che avevano perso peso l’attività dei geni nel tessuto adiposo restava simile a quella osservata negli animali che avevano continuato a mangiare senza limiti. Questi geni sono importanti perché hanno effetti negativi sui mitocondri, le “centrali energetiche” delle cellule, che a loro volta hanno un ruolo decisivo nell’invecchiamento.
Solo iniziando un regime alimentare rigoroso in gioventù si può cancellare la “memoria” del grasso che impedisce alla dieta di ottenere benefici sulla longevità. Insomma, il motto “meglio tardi che mai” in questo caso sembra perdere di validità.
Se si vuole vivere a lungo e in buona salute il primo consiglio è quello di non rimandare la dieta, un ripensamento tardivo potrebbe rivelarsi utile quanto le lacrime di coccodrillo. Il secondo è quello di non abbandonare mai il nuovo regime alimentare. Qualche sgarro una tantum è consentito (altrimenti che vita sarebbe), ma non di più: se dopo un periodo di restrizione calorica si tornasse a mangiare senza freni, i benefici sulla longevità si perderebbero del tutto.
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