Alla luce delle diverse caratteristiche tra uomini e donne, la scienza propone percorsi mirati, dalla prevenzione alla diagnosi, fino alle terapie
Siamo ormai abituati alla definizione di medicina di precisione, ovvero a pensare ad una medicina in grado di differenziarsi e perfezionarsi in funzione delle caratteristiche delle persone.
C’è però una particolarità genetica che contraddistingue la metà della popolazione e che è stata a lungo trascurata. Parliamo del genotipo XX, ovvero l’essere donna. C’è ancora molto da capire, ma gli studi degli ultimi decenni mostrano sempre più che esistono importanti differenze in base al genere, che attraversano la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle malattie. È quella che chiamiamo “medicina di genere”: maschi e femmine devono essere curati con gli stessi percorsi diagnostici, gli stessi farmaci? Sono gli stessi i sintomi da osservare? Gli stessi i fattori di rischio da controllare? E i risultati delle sperimentazioni cliniche possono applicarsi senza distinzioni a donne e uomini? La risposta è no, non sempre.
Da dove arrivano le diversità?
A delineare una peculiarità fra le malattie che si presentano nelle donne o negli uomini è un insieme complesso di fattori, molto di più della mera formula cromosomica XX versus XY. C’entra senz’altro la genetica (l’insieme delle caratteristiche dettate dal DNA di un individuo, il “libro di istruzioni” con il quale nasciamo e viviamo tutta la nostra esistenza), ma si aggiungono l’epigenetica (l’insieme dei fattori ereditari che influenzano l’espressione genica ma non il DNA, o che in altre parole influenzano il fenotipo ma non il genotipo), i fattori ormonali e anche i fattori ambientali e comportamentali.
Medicina distratta
La scienza di Ippocrate, tuttavia, pare non essersene accorta in molti casi. Negli ultimi 40 anni abbiamo goduto di scoperte straordinarie ottenute però su casistiche prevalentemente maschili, eccezion fatta per alcune malattie studiate soprattutto sulle donne, come la depressione e l’osteoporosi, oltre naturalmente alla ginecologia e alla medicina della riproduzione. Ciò accade per un insieme di motivazioni sociologiche e cliniche. Ad esempio, le malattie cardiovascolari, che sono sempre state studiate al maschile, compaiono più tardi nelle donne rispetto ai loro fratelli o mariti, e si è iniziato a considerarle con più attenzione oggi che l’aspettativa di vita media si è allungata e che alcuni fattori di rischio (come l’abitudine al fumo) sono aumentati nelle donne rispetto al passato.
La ricerca clinica e il reclutamento impari
Ci sono poi ragioni cliniche che rendono poco conveniente arruolare donne nei trial clinici (accade persino con gli animali da esperimento), che si fermano a circa il 20% del totale. Perché? Sono più complesse, presentano variabilità biologiche importanti per chi conduce uno studio clinico, soprattutto di tipo ormonale. Eppure, correggere il tiro è necessario per garantire le migliori cure a tutti e per “promuovere l’appropriatezza e la personalizzazione delle cure, generando un circolo virtuoso con conseguenti risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale”, come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità, che nel 2017 ha istituito il primo Centro di riferimento in Europa per la Medicina di Genere.
Qualche esempio di differenze di genere
L’infarto è la prima causa di morte nelle donne, ma i sintomi non sono gli stessi: il tipico dolore al petto, ad esempio, spesso compare tardi, e si avvertono invece difficoltà di respiro, dolore a schiena e spalla, collo o mascella; nausea, sudorazione fredda e vomito; affaticamento o vertigini.
Alcuni esami sono meno efficaci: il cicloergometro o test da sforzo, ad esempio, nelle donne ha una sensibilità del 60%, negli uomini dell’87-90%. Idem per alcuni farmaci, come l’aspirinetta.
- Nelle donne il diabete aumenta il rischio di infarto tre volte più di quanto non accada nell’uomo.
- L’ictus giovanile colpisce le donne il 44% più degli uomini
- Alzheimer: le donne sono colpite due volte più degli uomini, non si sa perché, ma si sa che concorrono fattori biologici, ambientali e genetici.
- Il tumore del colon nelle donne colpisce in media 4 o 5 anni dopo gli uomini. Riguarda più spesso il colon ascendente. Le donne sono meno attente agli screening.
- La chemioterapia dà risposte diverse, anche sul piano della tossicità.
- Il tumore del polmone ha localizzazioni differenti e i fattori di rischio sono diversi, le donne ad esempio sono più esposte ai danni del fumo di tabacco.
- Il 33% delle donne adulte è sedentario contro il 26% degli uomini.
INFEZIONI E DIFESE IMMUNITARIE
Anche la risposta immunitaria mostra differenze di genere, legate a fattori anagrafici, ormonali, cromosomici, ambientali, psicologici e sociali. In malattie infettive come il Covid-19 le donne presentano una risposta più vigorosa ed efficace sia alle infezioni che ai vaccini. Si è visto, ad esempio, che gli effetti acuti del Coronavirus sono più severi negli uomini, ma le reazioni autoimmuni sono più frequenti nel sesso femminile e questo può spiegare la prevalenza di sintomi del Long Covid. Il perdurare di sintomi vari e debilitanti per molto tempo dopo l’infezione sembra colpire con una probabilità doppia le donne rispetto agli uomini, almeno fino ai 60 anni, dopo di che le differenze con i maschi si attenuano.
UN PUNTO DI SVOLTA
Bernardine Healy, cardiologa e prima donna a capo del National Institutes of Health, nel 1991 pubblicò sulla rivista Nejm l’articolo La sindrome di Yentl, ispirato al racconto di Isaac B. Singer su una ragazza che si finge uomo per studiare in una scuola ebraica riservata ai maschi. L’articolo diede un impulso fondamentale alla consapevolezza delle diversità di genere in medicina.
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