Evelina Mayer. Nonna attiva di 5 nipoti maschi. Ama viaggiare, dipingere e fotografare. Partecipa al Concorso 50&Più da 10 anni; nel 2010 ha vinto la Farfalla d’oro per la pittura, nel 2018 la Farfalla d’oro per la fotografia e nel 2011 e 2014 la Menzione speciale della giuria per la prosa. Vive a Selvazzano (Pd).
Stiamo passeggiando, mano nella mano, come sempre.
Una fila lunghissima di piccoli negozi in una stretta viuzza davanti e dietro a noi. Il sole filtra a malapena, anche perché dei teli di un colore indefinito, scoloriti come sono dal sole e dalla pioggia, sono stesi in alto da un lato all’altro.
Guardando in su, si notano ammassi di fili elettrici fissati alla meno peggio sui muri o a dei pali, altri a penzoloni e da qui partono in una nera ragnatela caotica ad alimentare una miriade di lampade sparse ovunque a illuminare strada e negozi. Non possiamo non chiederci che ne è stato delle norme di sicurezza, ma qui proprio non esistono.
Più che negozi, sono stanzette strapiene di mercanzia fino al soffitto, tutto intorno pile di roba fin fuori della porta; di lato, senza intervallo, la merce di un’altra bottega e così via. I bottegai sono all’ingresso, pronti a mostrare i loro prodotti e cercano di attirare l’attenzione dei passanti, specialmente se sono turisti, come nel nostro caso. Noi passando lentamente, sorridiamo loro facendo no con la testa ai più insistenti.
Borse, ciabatte, sciarpe in seta, o quasi, stoffe, spezie coloratissime, si susseguono ininterrotte. Scattiamo molte foto; quelle ceste piene di frutta e di spezie sono veramente irresistibili. Come lo è per me il negozietto di piccoli gioielli d’argento. Non posso non fermarmi: ammiro le cose esposte, poi entro e come sempre, chiedo di comperare “perle”; non sono perle ma palline d’argento dalle forme più strane, lavorate spesso in modo originale.
Nei nostri viaggi esotici non manco mai di fare questo genere di acquisti, come anche pietre dure, magari di poco valore ma a mio avviso, interessanti. Una volta a casa, quando mi viene l’ispirazione, tiro fuori il tutto e creo collane e bracciali molto originali. Le mie amiche dicono che sono belli e mi invitano a venderli, ma per il momento sono come mie creature, difficile staccarsi, forse un giorno… quando saranno troppe, chissà…
Proseguiamo il nostro giro: ecco ora siamo davanti a un… difficile chiamarlo negozio; un antro polveroso pieno di carabattole e ferri vecchi. Paolo si ferma di botto, sorride e gli occhi luccicano, entra senza esitazione: questa è la sua passione, cercare robe vecchie, di qualsiasi tipo, coltelli, serrature, chiavi, oggetti strani. E’ come un bambino in un negozio di giocattoli: ora è il suo turno! Dopo le inevitabili trattative, anche questo fa parte del reciproco divertimento, usciamo soddisfatti, convinti di aver fatto veramente un affare. Anche il rigattiere sorride soddisfatto… troppo, mi sa che l’affare l’ha fatto certamente lui, ma che importa, così siamo tutti contenti.
Proseguiamo. Intorno a noi un andirivieni di gente dai lunghi vestiti colorati, donne che portano fagotti in testa, altre vestite di nero e il capo coperto, uomini con denti anneriti che sorridono un po’ sdentati, la barba lunga, altri, più o meno giovani ma con bellissimi occhi neri, il portamento fiero ma tutti sono sorridenti; mi sento leggera, tranquilla, stringo con affetto la mano di Paolo. Lui si gira, mi guarda e i suoi occhi mi accarezzano, mi dicono: ti amo, sorrido e mormoro: anch’io. Ci capiamo da sempre.
Improvvisamente una folata di vento freddo alza la polvere e tutto intorno è indistinto, non vedo più nulla; chiudo gli occhi stordita…. un senso di vuoto mi assale, allungo la mano che prima stringeva la sua… vuoto assoluto… Paolo?
Non c’è nessuno accanto a me. Perché? Dove sono? Non lo so. Non capisco. Ho un momento di stordimento. Cerco di concentrarmi: sì certo sono in viaggio, uno dei tanti; appena posso ne approfitto, lascio figli e nipoti e me ne vado. Sola. Purtroppo Lui, il mio Paolo, da molti anni non c`è più; nonostante tutto ho continuato ad andare in giro per il mondo, sicuramente insieme era tutto più bello; ora vado con amici, non è la stessa cosa ma….
Mi guardo intorno cercando di capire: sono sola, non c’è nessuno con me!… Forse il resto della compagnia non si è accorto che mi sono attardata a guardare una bancarella e hanno proseguito lasciandomi lì…. frugo nella borsa, non porto mai lo zainetto sulle spalle per sicurezza. Continuo a frugare mentre l’ansia mi prende, continuo frenetica a cercare, ma non riesco a trovare né il portafoglio con tutti i miei soldi, né il passaporto. Ora l’ansia si tramuta in panico! Neanche il cellulare trovo! Come faccio? Chi chiamo? La guida? Gli amici? Ma come?… Calma, cerchiamo di capire dove sono. Forse sono dentro al Suk di Istanbul, può essere…dal brusio incessante, gli odori di spezie, incenso, e altri che non conosco, l’andirivieni incessante di gente vestita con tante fogge, pochi all’europea; le donne con lunghi abiti colorati, il capo coperto, qualcuna con il burka. Il viavai è incessante.
Cerco di fermare qualcuno e chiedere… Nessuno mi risponde, sembrano non capire la mia lingua. Provo con quel poco di inglese che so…poi provo con il francese… Mi guardano come fossi un animale strano, qualcuno sorride, altri mi scrutano seri, poco benevoli, le donne poi mi evitano proprio. Mi sento sempre più agitata….cosa ci faccio qui? Sola poi! Senza soldi né passaporto!… Ora sono certa di non essere al Suk di Istanbul, ci sono stata molte volte, un po’ lo conosco e qui non mi sono mai persa, inoltre c’è sempre qualcuno che parla italiano e normalmente sono molto gentili con i turisti… Allora dove??? Di certo un Suk; forse ci sono! Il Suk di Aleppo! uno dei più pittoreschi che io abbia visto, sorgeva entro la cittadella medievale fortificata, affascinante! …Ma come può essere? Non l’hanno distrutto? Bombardato?… Sto impazzendo?… Mi guardo intorno sempre più agitata, non è da me. Cerco di calmarmi ma non ci riesco.
La folla multicolore mi sta intorno. Ora noto che quasi tutti hanno il viso parzialmente coperto, non si capisce più la loro espressione, mi sembrano minacciosi, non capisco….. mi sento pressata in mezzo alla moltitudine, ma nello stesso tempo isolata da tutti. L’odore di sudore di tanta gente mi disturba, mi prende alla gola che sento secchissima, mi sembra di soffocare; ora il brusio si è trasformato in frastuono… sempre più forte… quasi non respiro più…. Il frastuono si fa più nitido e si trasforma nel trillo della sveglia del mio telefonino. Ansante, sudata e ancora spaventata, cerco di svegliarmi e aprire gli occhi. Allungo automaticamente un braccio, cerco a tentoni il telefonino, dov’è il pulsante per spegnere? Mi siedo sul letto, accendo la luce… certo, sono nella mia camera, nel mio letto, a casa mia. Ancora affannata, cerco di respirare normalmente… mi calmo.
Meno male, era un sogno! Anzi un incubo; Paolo però lo sento ancora vicino a me, rivedo i suoi occhi…mi sembra ancora di sentire la sua mano nella mia, chiudo gli occhi per cercare di non allontanare il ricordo, ma questa è solo nostalgia, penso tristemente.
Analizzo la situazione, il sogno me lo ricordo bene: certo che trovarsi all’estero, da soli, senza passaporto, senza soldi, senza cellulare è sicuramente un incubo. E’ nella mia natura cercare di capire il perché di questo sogno, che poi, realizzo solo ora, non è la prima volta: la terza, più o meno simile. Perché? Nel passato non mi era mai successo. Accendo la radio: stanno parlando della pandemia, del Coronavirus, di quanto tempo dovremo ancora stare chiusi in casa, di tutte le limitazioni di cui non si vede ancora la luce. Ecco cos’è! Mi sento prigioniera in casa mia. Non posso uscire quando voglio, oltretutto, appartenendo alla categoria dei, diciamo, non più giovanissimi, secondo le normative, non dovrei muovermi di casa proprio per nulla! Io che ero abituata ad andare in palestra, a giocare a tennis, a carte, di recente mi sono iscritta anche a un corso di tiro con l’arco e naturalmente, mi sono anche comperata un bellissimo arco. Tutti i pomeriggi andavo ad accompagnare i miei 5 nipoti nei luoghi dove praticavano i vari sport. Improvvisamente mi ritrovo segregata in casa, da sola, con il divieto assoluto di svolgere le attività alle quali ero abituata.
Certo, nei primi tempi ho passato il tempo pulendo la casa da cima a fondo, lavato tende, tappeti, lampadari, piastrelle, pavimenti… e poi? Sono passata al giardino, mai stato così in ordine. Non un filo d’erba fuori posto! Il vivaista della mia zona mi ha recapitato a casa una serie di piantine fiorite che avevo ordinato, sistemato anche quelle; giardino da esposizione! Ok e poi? Per mia fortuna ho l’hobby della pittura, bene, ho fatto ben 3 quadri!
Il telefono lavora molto, tra messaggini e chiamate con le varie amiche, il tempo passa e arriva sera abbastanza velocemente, ma stringi, stringi, si ha poco da essere ragionevoli e ligi alle normative imposte: la libertà manca.
Apri la televisione e tutti i canali ti informano di quanti sono i nuovi contagiati, quanti in terapia intensiva, quanti morti. E’ tutto molto triste; non puoi fare a meno di piangere per tutte quelle persone così colpite, per i loro famigliari, per i sanitari così provati; senza contare che in qualsiasi momento può capitare a uno di noi.
Fuori è tutto bloccato, dalla scuola a tutto il commercio e non si sa quando ne usciremo. Delle le vacanze, non se ne parla proprio, tutti i viaggi sono annullati almeno fino a settembre.
Ora vado al mio cavalletto e cerco un’ispirazione per un nuovo quadro, questo mi rilassa sempre. Cerco una nuova tela che non ho, i negozi sono chiusi e allora? Passo in rivista le mie opere: ce ne sono alcune di qualche anno fa che non mi piacciono più. Perfetto, ho già trovato un soggetto che mi attira e un vecchio dipinto da eliminare: una bella mano di bianco, anzi no, è meglio di un azzurro chiaro, e per qualche giorno ancora sarò impegnata. In effetti gli ultimi quadri mi stanno riuscendo piuttosto bene, o per lo meno, mi soddisfano, cosa che non mi succede sempre.
Bene, mi sta tornando un po’ di buonumore: sono certa che alla fine di questa mia nuova opera ci saranno buone novità: la pandemia starà terminando, potremo uscire di nuovo, incontrare gli amici, partecipare tutti insieme a qualche pranzo o cena, fare delle gite al mare, in montagna, programmare senza problemi un nuovo viaggio. Certo sarà così e questo periodo sarà solo un brutto ricordo che ci avrà insegnato quanto è bello stare insieme, volersi bene, andare tutti d’accordo e soprattutto muoversi in piena libertà.
Ho appena riletto queste pagine che ho scritto esattamente un anno fa: la situazione non è cambiata molto.
Non l’avrei mai creduto, ma siamo ancora qui a combattere il Coronavirus. Il paese si è colorato di rosso, giallo, arancio e poi ancora rosso… Guardo il mio cavalletto, il mio tavolo da lavoro con tutti i tubetti di colore: giallo rosso arancio…un quadro nello stile di Rothko. Ma ora abbiamo un’altra speranza: in fondo al tunnel si intravede dell’azzurro: stanno arrivando i vaccini. Per equilibrare i rossi abbiamo un altro colore da aggiungere: l’azzurro. Un quadro alla Mondrian quindi. Ma qui non basta un tocco, qualche quadratino azzurro, dobbiamo far sparire del tutto i rossi i gialli gli arancio, quindi… arriva Klein: tutto azzurro intenso! Sorrido: i vaccini sono di tanti tipi, quindi… il mio quadro sarà di tante tonalità di blu: indaco, ceruleo, cobalto, di Prussia, oltremare.
Mi piacciono gli azzurri! Sono certa: questa è proprio la volta buona, riusciremo a sconfiggere definitivamente questo maledetto virus! Evviva il blu, evviva i vaccini.