Mascherine del tipo chirurgiche e guanti usa e getta sono ormai entrati pesantemente nel nostro quotidiano. Tecnicamente sono dei comuni sistemi di protezione utili, di questi tempi, contro il contagio da Covid-19. Però, se mal gestisti, questi “accessori” possono essere un’arma controproducente. Il problema è nel loro smaltimento una volta utilizzati.
Allo stato attuale in Italia servono 90 milioni di mascherine al giorno, ma dopo il 3 maggio, una volta entrati nella cosiddetta fase 2, il quantitativo è destinato a salire. I calcoli li ha fatti il Politecnico di Torino, ipotizzando la situazione con la riapertura di aziende e altri luoghi di lavoro.
A conti fatti, in totale, ogni mese in Italia i lavoratori avranno bisogno di 960 milioni di mascherine, di cui circa il 10% potrebbe essere di tipo Ffp3, 456 milioni di guanti, 2,1 milioni di termometri, 250mila cuffie per capelli. Una mole di rifiuti molto ingente che dovrà essere gestita per un corretto smaltimento.
Mascherine e guanti abbandonati per strada come rifiuti
Ma intanto, in ambito domestico, cosa possiamo fare per non sbagliare? Purtroppo, come accade per altri rifiuti, plastiche, mozziconi di sigarette, imballaggi vari, qualcuno si disfa di mascherine e guanti un po’ dove capita.
Una situazione che si può constatare quotidianamente come documentato dall’associazione Plastic Free Onlus sulle sue pagine social. Le segnalazioni e le immagini vengono da tutta Italia. Così, nelle aree verdi, tra le margherite, spuntano guanti o mascherine abbandonati, come ai bordi delle strade, nei parcheggi dei supermercati, insomma un po’ ovunque.
Il problema dello smaltimento delle mascherine chirurgiche usa e getta è emerso in tutta evidenza ad Hong Kong e in particolare nel gruppo delle isole di Sokos. Qui i ricercatori dell’associazione Oceans Asia ne hanno trovate a centinaia sulle spiagge e in mare. Sono relativamente nuove, quindi eredità del Covid-19. E, fatti due calcoli, considerando che per settimane i 7,4 milioni di abitanti di Hong Kong ne hanno usate almeno due a settimana chissà quante se ne troveranno ancora nei mari.
Inutile dire che questo crea un’emergenza ambientale enorme: parliamo di fibre sintetiche, che inquinano la salute delle acque, sono particolarmente nocive per le specie acquatiche e per la sicurezza della nostra catena alimentare. Inoltre, non essendo biodegradabili, non fanno altro che accumularsi per anni.
Il vademecun dell’Istituto Superiore di Sanità
A metà marzo l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ha realizzato una guida pratica per la corretta gestione dei rifiuti domestici in questo periodo di emergenza sanitaria, soprattutto per chi è in isolamento domiciliare perché risultato positivo al Coronavirus.
In quarantena obbligatoria, per esempio, i rifiuti non devono essere differenziati, vanno chiusi con due o tre sacchetti resistenti e gli animali domestici non devono accedere nel locale in cui sono presenti i sacchetti.
Se invece non si è positivi, la raccolta differenziata può continuare come sempre, usando però l’accortezza, se si è raffreddati, di smaltire i fazzoletti di carta nella raccolta indifferenziata. Nell’indifferenziata vanno smaltiti anche i guanti e le mascherine usati. Inoltre, nel contenitore per la raccolta dei rifiuti indifferenziati è bene aggiungere due o tre sacchetti, infilati uno dentro l’altro, in modo che il sacchetto da conferire sia più resistente e sicuro anche per gli operatori ecologici.
Nel frattempo, Regioni e Comuni si sono adeguati e qualcuno ha aggiunto qualche attenzione in più. Quindi, in caso di dubbi è bene informarsi presso il proprio Comune.
Meglio le mascherine riutilizzabili
Tra una mascherina chirurgica usa e getta e una riutilizzabile, meglio certamente quest’ultima. Non solo per abbattere i costi ambientali, ma anche quelli del portafoglio. Con un investimento iniziale superiore rispetto all’usa e getta, si acquista un prodotto medico lavabile e utilizzabile più volte nel tempo, come se fosse un indumento.
A tal proposito sono ormai diverse le aziende del tessile e della moda italiane che si sono riconvertite a questo tipo di produzione. La commercializzazione non è ancora su vasta scala, anche perché si è dovuto sopperire alle mascherine classiche per il personale sanitario, ma passata la grande emergenza reperirle sarà più semplice.
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