Co-fondatrice e presidente onoraria di Young Women Network, è attiva nella promozione della parità di genere. Annoverata tra le donne inarrestabili che stanno cambiando il Paese.
“Se fosse candidata in qualsivoglia elezione, la voterei”. È probabile che questo pensiero sia spesso balenato nella testa di chi ha avuto occasione di incontrare e conoscere Martina Rogato, che però con la politica dei Palazzi non ha nulla a che vedere. Impegnata a supportare le aziende verso l’adozione di una visione più lungimirante di sostenibilità con la sua società di consulenza ESG Boutique, Rogato è una donna attiva nella promozione della parità di genere: già co-fondatrice e presidente onoraria di Young Women Network (che propone attività di mentoring per le giovani donne e ragazze), oggi è Co-chair del gruppo Women7 sotto la presidenza italiana del G7 e, secondo la rivista StartUpItalia, è una delle donne inarrestabili che stanno cambiando il nostro Paese.
Ci racconta come è nata la sua passione per la sostenibilità? Come è iniziata la sua carriera da consulente?
Come tante ragazze del Sud, mi sono trasferita a 18 anni a Roma per studiare Relazioni Internazionali. Quando mi sono laureata, nel 2007, in ambito universitario si iniziava a parlare di sostenibilità ambientale e di responsabilità sociale delle aziende: mi sono incuriosita poiché si trattava di un tema nuovo, in cui operavano pochissimi soggetti. In questo frangente mi sono avvicinata ad Amnesty International, prima organizzazione che in Italia ha posto l’attenzione sulla connessione tra diritti umani e operato delle imprese. Proprio questo incontro ha segnato la mia carriera: è qui che ho deciso di voler diventare consulente per la sostenibilità.
Lei è stata inserita nell’elenco delle 100 unstoppable woman (donne inarrestabili) che stanno cambiando l’Italia. Davvero lei non si è mai fermata o ha incontrato qualche ostacolo nel suo cammino?
Quando ho iniziato la mia carriera erano veramente pochissime le realtà che offrivano opportunità professionali nell’ambito della sostenibilità. Non è stato facile ritagliarmi uno spazio, nonostante avessi alle mie spalle un solido background di studio e di ricerca, anche in Commissione europea. Per questo ho ripreso a studiare e a specializzarmi, fino a riuscire ad entrare nel mondo della consulenza. Sono stata consulente per una grande azienda fino al 2016, sin quando non ho subito “mobbing” sul posto di lavoro e sono stata licenziata perché “non performavo abbastanza”. Da quel momento ho deciso di rimboccarmi le maniche, ritrovare confidenza nelle mie capacità e di diventare consulente indipendente. Due anni fa ho poi fondato la mia società: ESG Boutique. ESG è l’acronimo in inglese di Ambiente, Sociale e Gestione, che sono i tre pilastri della sostenibilità da considerare nelle attività di impresa; Boutique perché il mio è un lavoro “sartoriale”, cucito addosso alle esigenze delle aziende che si rivolgono a me.
Secondo lei, la società, oggi, è più ricettiva nei confronti dei temi di sostenibilità?
Negli ultimi 15 anni è cresciuta la consapevolezza del bisogno di professionisti in questo ambito, il che indica una presa di coscienza della necessità di cambiare il comportamento degli attori sociali, siano essi individui o aziende. Certamente il crescente supporto delle Istituzioni, soprattutto quelle europee, ha sostenuto questo processo di cambiamento. Solo pochi anni fa, per poter fare un mestiere ad alto impatto sociale bisognava entrare in una ONG. Oggi lo si può fare anche in una grande azienda.
Quest’anno la ritroviamo a presiedere il Women 7, il gruppo della società civile che lavora sui temi della parità di genere all’interno del G7, di cui l’Italia detiene nel 2024 la presidenza. Sembra un compito particolarmente complesso: ce lo spiega in parole semplici?
Il G7 è uno dei più importanti forum di confronto politico ed economico internazionale, che riunisce Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti. In questi contesti decisionali il coinvolgimento della società civile è essenziale per permettere di costruire un dialogo che non rimanga solo astratto e ai piani alti della politica. Il Women 7, uno dei gruppi di impegno ufficiali del G7, promuove in maniera trasversale a tutti i temi in discussione l’adozione di una visione paritaria e di uguaglianza tra donne e uomini. Sotto la Presidenza italiana abbiamo deciso di costituire un grande consorzio di associazioni, attive nei più vari aspetti dell’empowerment femminile. A presiedere il gruppo con me ci sono anche Anna Maria Tartaglia, co-fondatrice dall’associazione “Angels for Women” e Claudia Segre, presidente di “Global Thinking Foundation”.
Con il suo bagaglio di esperienze, rappresenta un modello, sia per le giovanissime che per le donne più adulte. Quanto bisogno abbiamo di esempi femminili che promuovano l’empowerment? Siamo ancora lontani dalla parità di genere?
I dati certamente non ci restituiscono una situazione confortante: siamo ancora lontani dal raggiungere l’uguaglianza. L’aspetto positivo è che finalmente si parla di parità di genere, soprattutto nei mezzi di informazione. Questo significa che in corso c’è una rivoluzione culturale, che è fondamentale per sensibilizzare le persone. Personalmente sono cresciuta con un grande esempio accanto, che ha certamente innescato la scintilla del mio impegno sull’empowerment femminile: mia nonna è stata una delle prime donne a divorziare in Italia, perché vittima di violenza domestica, e negli Anni ’70 ha deciso di trasferirsi dalla Calabria a Torino e lì ricominciare la sua vita. L’esempio di altre donne e il confronto su questi temi, soprattutto nei confronti del grande pubblico, è essenziale perché ci sia un risveglio delle coscienze. Il cammino è in salita, ma è tangibile che ci sia in atto una trasformazione.
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