Flora Martignoni. Pensionata, diplomata in ragioneria. Scrive racconti, dipingere ed è appassionata di fotografia da molti anni. Ama viaggiare e portare dai viaggi dei ricordi fotografici. Al Concorso 50&Più nel 2016 ha vinto la Farfalla d’oro per la fotografia e nel 2020 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la prosa. Vive a Gazzada Schianno (Va).
Quell’anno era stato veramente brutto per me, avevo perso mia madre ed ero rimasta proprio sola. Tutte le mie storie sentimentali si erano concluse malamente e a 33 anni mi ero ritrovata senza grandi prospettive per la mia vita futura. Le mie amiche, ormai sposate e sistemate, le avevo quasi tutte perse di vista. La ditta per cui avevo lavorato e dove avevo occupato un ruolo importante, era finita in Amministrazione Controllata e la paura del futuro, mi aveva fatto accettare un altro posto di lavoro molto modesto, che non mi dava soddisfazioni.
C’era però Maria Rosa una mia amica splendida e gentile che mi era stata vicina. Ad agosto mi aveva proposto di andare in vacanza in Grecia. Vincendo tutte le paure e le insicurezze che mi assillavano, tra cui anche la paura dell’aereo, avevo accettato. Tentavo tutte le soluzioni per uscire da quel periodo veramente difficile.
La vacanza in Grecia era stata piacevole: un po’ al mare, un po’ in giro, con la visita di Atene e di alcune isole, nello splendido mare greco. La mia amica, aveva sopportato il mio stato d’animo spesso depresso e cercato di distrarmi organizzando programmi ed escursioni. Aveva organizzato di andare a Delfi, ma all’ultimo momento mi ero tirata indietro con delle scuse e lei aveva dovuto andare da sola. Poi mi aveva proposto di andare a Capo Sunio dove, tra le colonne del Tempio, si vedeva un bellissimo tramonto sul mare. Lì avevo accettato e siccome giravamo da sole, senza il supporto di Agenzie, Maria Rosa aveva faticato non poco a organizzare il programma. I pullman avevano tutte le indicazioni del percorso scritte in greco, incomprensibili per noi che non avevamo frequentato il liceo classico. La mia amica aveva preparato però tutte le traduzioni dei paesi e delle direzioni, per capire dove dovevamo andare. Capo Sunio era un posto stupendo ma quella visione del sole che tramontava, mi era sembrata una metafora della mia vita.
Era l’ultimo giorno in Grecia e stavamo scrivendo le cartoline. Io ne avevo comprate dieci, proprio il minimo, per qualche parente, una per l’ufficio e qualcuna per le poche amiche che in quel periodo mi frequentavano. Alla fine ne era rimasta una che proprio non sapevo a chi mandare. Mi è venuto in mente Pier, un quarantenne conosciuto qualche mese prima, che mi aveva particolarmente interessato, ma che avevo perso di vista quasi inspiegabilmente. Il mio orgoglio che molte volte nella vita mi aveva portato tanti svantaggi, anche questa volta mi frenava.
Allora ho cominciato a raccontare a Maria Rosa di Pier. L’avevo conosciuto ad un Cineforum. Mi era stato presentato da Luisa, una comune amica e l’avevo trovato subito una persona molto interessante. Di bell’aspetto, con i capelli biondi brizzolati, gli occhi azzurri e la barba che incorniciava un bel viso regolare. La mia amica ha manovrato affinchè al cinema ci sedessimo vicini, perché aveva subito pensato che tra noi potesse nascere un legame. Pier era di poche parole e anche un pò timido. Mi ha offerto una caramella e tutto il gruppo che stava con Luisa e si aspettava che succedesse qualcosa, faceva il passaparola: “le ha offerto una caramella, le ha offerto una caramella, le ha offerto una caramella…”. Alla fine di un film noioso, di cui non avevo capito niente, l’ho guardato interrogativa e lui ha detto: “eh… Altman è così!”. Benissimo, avevo pure incontrato un intellettuale. Era il periodo di Carnevale e la mia amica per il sabato grasso ci ha invitati entrambi ed una festa in maschera. Io mi ero presentata vestita da pagliaccio e non era stata una buona idea, alta e magra assomigliavo più ad uno spaventapasseri. Poi la mia amica aveva subissato Pier di raccomandazioni: “ha appena perso la mamma ed è rimasta sola, mi raccomando, non prenderla in giro, non farla soffrire”. Prendere un impegno, con una problematica come me, per lui abituato ad essere libero, probabilmente era risultato uno sforzo eccessivo. Così non l’avevo più visto, né sentito. Siccome non volevo andarlo a cercare direttamente, avevo fatto un tentativo di rintracciarlo, telefonando a sua sorella e chiedendole se poteva avvisarlo che c’era uno spettacolo teatrale nei dintorni. Quella aveva capito che io volessi parlare con suo cognato che aveva lo stesso nome ed io sono andata nella confusione più totale. Anche Luisa aveva tentato di farci incontrare casualmente a casa sua, ma io, ad un incontro combinato e forzato, non avevo voluto andare. L’orgoglio mi ha sempre frenata, e anche a spedire la cartolina dalla Grecia facevo fatica.
Maria Rosa dopo aver sentito la storia, da vera amica mi ha incoraggiata e io le ho detto scherzando: “Bè se va bene mi farai da testimone di nozze!”. Ho spedito la cartolina solo con il nome e cognome, senza neanche un indirizzo e con il paese senza il senza il codice di avviamento postale, perché non li conoscevo. Quella volta però il destino mi è stato favorevole, come poche altre volte nella vita. La cartolina è arrivata e ha suscitato un certo interesse, non erano tante le ragazze che nel 1983 andavano in Grecia. Inoltre quella domenica i suoi amici erano andati al mare e non l’avevano invitato. Quello sgarro lo ha spinto ha telefonarmi.
L’anno dopo ci siamo sposati e Maria Rosa mi ha fatto da testimone.
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