Marilù Sciortino. Docente di lettere moderne, appassionata di teatro e scrittura creativa. Partecipa al Concorso 50&Più per la quinta volta. Vive a Trapani.
Nella penombra della stanza Clara quella mattina stringeva la mano di sua mamma distesa nel letto, diventata sempre più piccola e indifesa. I suoi 92 anni d’improvviso erano diventati un macigno, era lì ma dormicchiava quasi tutto il giorno ormai, ogni tanto apriva gli occhi, qualche parola dolce per i figli e ritornava nel suo mondo. Aveva perso tutta la sua forza e la sua voglia di combattere, ogni movimento che altri le facevano fare era diventato doloroso e sempre più profonda l’umiliazione di non poter più far nulla per sé, lavata e imboccata. A una domanda Clara non aveva saputo rispondere…perché si ostinassero a farla vivere ancora. “Perché ti amiamo” si era limitata a dire, col cuore colmo di tristezza.
Lo squillo del telefono interruppe i suoi pensieri. Era sua cugina, quella con cui aveva trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza. Mentre parlava una frase la colpì…abbiamo venduto la casa di Via Veneto. Una fitta al cuore e in quel momento comprese che quella era per lei la “casa dei nonni” ed una valanga di ricordi la travolse come un fiume in piena. Non aveva una casa dei nonni Clara, suo nonno aveva trascorso gli ultimi anni in una baracca, consegnatagli dopo il terremoto del Belice; fredda d’inverno e calda d’estate, buia ed angusta anche quando fuori splendeva il sole. La casa danneggiata dal terremoto era lì, con la facciata di marmo che suo nonno aveva tanto desiderato, ma nella quale non sarebbe più tornato. La casa di sua nonna era diventata la sua casa, era stata ristrutturata ma aveva avuto la fortuna di continuare a viverla
La casa piena di ricordi era quella di via Vittorio Veneto, dove trascorreva le vacanze di Natale con i suoi zii, con le nonne sorelle fra di loro, la sua famiglia ed i suoi cugini. D’ improvviso percepì tutti gli odori, perché ogni casa ha il suo profumo, sentì la voce dolce della zia e tutto l’affetto che lei sapeva darle. Era bella sua zia, gentile, ma soprattutto dolcissima. Quante volte l’avrebbe chiamata dopo e quante volte le aveva promesso che sarebbe andata, ma aveva rinviato troppo. Dovremmo fare le cose quando dentro di noi una voce ci invita a farle. Rivide la voliera con gli uccelli e i pappagalli dai colori bellissimi, grande passione di suo zio amorevolmente sopportata da sua moglie, e risentì la voce del Merlo indiano che ripeteva “pronto” e poi imitava la risata gorgogliante della zia. C’era suo zio allegro e ironico che scherzava col suo papà e ridevano. Rivide il tavolino in cui sedeva con i cugini e suo fratello, il più piccolo della compagnia, e il pane equamente diviso tra lei ed Elena, a lei la mollica ad Elena la crosta. Quante risate in quel tavolino, tutto per loro. In un angolo le due nonne, sorelle fra di loro ricordavano i tempi andati, fiere della loro infanzia ..gli occhi blu di una sorella e la risata dell’altra. La notte di Natale era piena dell’odore dei tortellini in brodo e c’era tanto rumore di posate, piatti ed allegria. L’albero di Natale era bellissimo, non ricordava bene i regali Clara ma ricordava l’amore e la serenità che regnavano in quel salone. Passavano gli anni, diventavano più grandi ma insieme continuavano a trascorrere le feste. Ora lei e sua cugina di notte, nella cameretta, parlavano di amori nascenti, e si confidavano ogni cosa. Beh! poi Clara parlava anche di notte e raccontava nel sonno alla cugina tutto quello che voleva sapere; che risate la mattina quando Elena le ripeteva tutto quello che aveva biascicato nel sonno. In macchina cantavano a squarciagola le canzoni di Claudio Baglioni, quel Claudio Baglioni ad un cui concerto si erano riviste dopo più di trent’anni. Com’è possibile che la vita tenga lontane per così tanto tempo persone che in realtà sono indissolubilmente unite nei loro cuori. La notte della vigilia di Capodanno, ormai diventati più grandi, dopo aver brindato con la famiglia, i ragazzi volteggiavano sulle piste delle discoteche dei Giardini Naxos e l’alba della mattina si tingeva di rosa dal belvedere di Taormina. Tavolini pieni di persone, con gli occhi colmi di sonno ma visi felici. Non avevano bisogno di ubriacarsi a quei tempi per godersi le serate, erano ubriachi della vita, con le gioie e le delusioni degli adolescenti. Ogni tanto Clara si sedeva sul tappeto a giocare con Jimmi e Pallina, i due cagnolini. La sua mamma le aveva concesso solo qualche uccellino, e lei desiderava tanto avere dei cagnolini e per quei dieci giorni il suo desiderio era realizzato. Quanto erano belle sua mamma e sua zia, sempre vestite carine anche a casa, non felpe, tute…l’unica comodità le pantofole.
Quanti rumori, quanti suoni e quanta allegria in quella casa. Poi piano piano molti erano andati via; suo padre cinquantenne ucciso da un tumore, malattia che non perdona e che non avrebbe risparmiato nemmeno suo cugino, ancora giovani. Uomini strappati alla vita troppo presto, con figli ancora da crescere, sogni e progetti rimasti sepolti in un cassetto.
E in quel momento Clara comprese che la vita può portarti via gli oggetti, le persone a te care ma nulla potrà mai strapparti i tuoi ricordi, i legami che durano oltre la vita e il tempo e comprese che ognuno di noi ha una missione bellissima nella vita…costruire ricordi che il tempo non cancellerà mai.
Insieme al suo passato aveva ancora il suo presente e avrebbe costruito il suo futuro. Sorrise a se stessa, pensando alla bella famiglia che aveva intorno, al compagno dolce ed amorevole che la vita le aveva riservato, con cui riuscire a condividere ogni giorno sogni, progetti e anche le difficoltà che la vita ti presenta; ai suoi figli con cui aveva sempre avuto un rapporto bellissimo fatto d’amore e complicità, liberi di volare ma in fondo sempre vicini a quel nido a cui tornavano continuamente volentieri, ai loro compagni ed alla fortuna di avere creato con loro un legame fatto di affetto, rispetto e sincerità. Perché se ami qualcuno anche chi gli sta intorno diventa parte del tuo mondo, della tua vita e anche loro sono un po’ come figli tuoi di cui sentirti orgogliosa e da proteggere ed aiutare. E poi quanta fortuna avere ancora accanto un fratello con la sua bella famiglia, tutti uniti da un profondo legame. Ma Clara in quel mattino rese soprattutto grazie alla vita che le aveva dato splendidi nipoti. Ecco la sua sarebbe stata sempre la casa dei nonni, come già faceva ogni domenica riunendo introno a sé la sua famiglia e spesso anche gli affini perché mai nessuno deve restare da solo. E si rese conto che tutti insieme ogni giorno costruivano ricordi che avrebbero riempito sempre la loro vita, di pranzi, di odori, di letti affastellati, del rumore delle posate nei piatti, di risate e di abbracci. Perché niente può dare più forza di un sorriso, di un abbraccio in cui mettere il cuore. La sua “casa dei nonni” Clara l’avrebbe sempre difesa, mettendo da parte a volte anche piccoli malintesi che, quando ci si vuol bene davvero, sono come improvvisi rovesci di pioggia a cui segue uno splendido arcobaleno che, come la vita, è fulgente di colori. In quella casa tutti sarebbero stati sempre i benvenuti e sempre, per ognuno di loro, ci sarebbe stato un posto accanto al camino scoppiettante.