Luigina Maran. Contitolare di un’azienda artigiana, costituita 40 anni fa, volontaria della Croce Rossa, si occupa anche di un’associazione di genitori di scuole cattoliche. Oltre a scrivere le piace anche dipingere, fotografare e viaggiare. Partecipa al Concorso 50Più per la seconda volta. Vive a Cittadella (Pd).
Malga Moline 26/05/2004 ore 15,03
Staccò gli sci dal portasci e li appoggiò, uno dopo l’altro, alla fiancata dell’auto, parcheggiata davanti al Ristorante Amalia, a Campomulo, proprio dove si dipartivano i più belli ed affascinanti itinerari di fondo dell’Altopiano. Boschi di pecci carichi di neve scintillavano al sole ed un cielo terso faceva risaltare qualunque colore. Era come immergersi in un fiabesco paesaggio scandinavo: stupendo.
Dal bar si spandeva nell’aria il profumo di caffè e croissants caldi e Margherita decise di fare colazione prima di partire per la sua sciata, era una vecchia abitudine; entrando le si strinse il cuore, ma cercò di resistere all’ondata di ricordi le si affollò nella mente.
Uscendo dal bar salutò con la mano Francesca, era stata la sua maestra di sci di fondo alcuni anni prima, quando decise di smettere con la discesa, con le file agli impianti di risalita, col noioso avanti-indietro, aveva scelto, anche per seguire Andrea, di imparare a “skettinare” in mezzo alla natura.
Imparò in fretta, sapeva già sciare, e scoprì, sciata dopo sciata, quanto fosse emozionante respirare quell’aria cristallina e perdersi nel bianco.
Lei ed Andrea aspettavano il fine settimana per condividere il loro tempo in quel posto incantato, per sciare e scaricare tutte le tensioni della settimana lavorativa, per ritemprarsi e per gustare le specialità che si potevano gustare nei rifugi disseminati fra le piste.
Tornò all’auto, tolse le scarpe che aveva usato per guidare e calzò le scarpette da fondo, poi, presi in mano sci e racchette si avviò verso la partenza delle piste. Era indecisa, non sapeva quale scegliere: la Marcesina era troppo lunga, Fossetta troppo complicata, Valsugana aveva lunghi fuoripista ed in alcuni tratti non veniva battuta dai mezzi, decise per la solita, quella che aveva fatto la prima volta con Andrea, la Moline.
C’era una brezza leggera che le sfiorava le guance, ed il sole accecante che le faceva socchiudere gli occhi, infilò gli occhiali da sole e partì; prese il ritmo, non c’erano molte persone sulla pista, di mercoledì, si sa, molti sono al lavoro e lei preferiva sciare quando non c’era confusione, le piaceva entrare in simbiosi con la natura meravigliosa che la circondava.
Vide a lato della pista le orme di qualche animaletto che approfittando della giornata assolata si era spinto fuori dalla tana in cerca di cibo.
La brezza faceva muovere leggermente i pecci che di tanto in tanto lasciavano cadere dai rami coriandoli di neve che brillavano al sole prima di posarsi leggeri per terra.
Superò malga Fiara e poi avanti ancora, a far fatica, a spingere sugli sci, a ricordare: quei ricordi così dolorosi e ancora così vicini, ad urlare là in mezzo al candore, dove nessuno la sentiva, dove nessuno si sarebbe precipitato a chiederle cosa fosse accaduto… avanti, ancora avanti, verso malga Mandriele, con quel peso sul cuore, con quel dolore lancinante, con le lacrime che scendevano calde e poi gelavano sulle guance.
Rallentò la corsa, si fermò un attimo e col dorso della mano asciugò le lacrime, soffiò il naso, e piano riprese la sua corsa, la neve ghiacciata scricchiolava al suo passaggio, riflessi di iride le graffiavano gli occhi, ma si impose di andare avanti, come le aveva insegnato Andrea; superò il bivio per malga Fossetta, e poi via… veloce verso malga Moline, avrebbe mangiato qualcosa in malga prima di tornare a Campomulo, ma era così difficile vivere con quel dolore così forte, a volte insopportabile.
Uno spuntino vicino alla finestra della malga, e poi la tisana sorseggiata lentamente mentre lo sguardo accarezzava il paesaggio fuori, così incredibilmente magico da sembrare il paradiso.
Uscita, riprese la sua corsa nel vento, per farsi abbracciare dalle sensazioni che fino all’inverno precedente aveva condiviso con Andrea, prima che il Covid lo portasse via, lasciandola nella disperazione.
Andrea era un medico che si era speso senza sosta contro questo terribile virus, nel suo reparto di rianimazione restava giorni interi senza rientrare a casa, per curare tutti quei pazienti che con gli occhi imploranti si aspettavano un miglioramento e la guarigione. Lavorando in prima linea era rimasto contagiato e per lui che aveva salvato tante vite il virus non era stato clemente, dopo un mese di battaglia aveva vinto e se l’era portato via gettando Margherita nella disperazione.
…e via veloce, sugli sci, per scappare da quei ricordi devastanti, per vedere lui solo attraverso la memoria del bello che c’era stato fra di loro, nuove lacrime velarono gli occhi, un nodo alla gola sembrava soffocarla, ma… voleva andare avanti: lui non avrebbe sopportato di vederla soffrire così.
Un urogallo schioccò il suo verso e poi volò via verso il sole.
Si calmò un po’ alla volta, e sciando rivisitò i luoghi della memoria, i momenti incancellabili, con la consapevolezza che oltre il dolore ci sarebbe stato un altro domani.
Tornata a Campomulo, tolse gli sci, li sistemò sull’auto accarezzò di nuovo con lo sguardo quel bianco immenso e quell’azzurro intenso e si avviò verso casa, portando Andrea nel cuore.