Simonetta Manasia.
Laureata in Economia e Commercio, insegnante di Economia Aziendale dopo la pensione si è dedicata alla scrittura. Ha partecipato ad alcune edizioni del Concorso 50&Più e nel 2014 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la prosa. Vive a Livorno.
Paola si girava nel letto dolorante, piena di lividi e con un occhio pesto aveva avuto molta difficoltà ad addormentarsi.
Stava sognando, più precisamente viveva un incubo, vedeva di continuo su di uno schermo gigante illuminarsi il numero 1522.
Era al tavolo di una sala Bingo accanto al marito che stava giocando, ma i numeri della tombola arrivavano solo al novanta perché mentre si impegnava a cercare i numeri sulla cartella era attratta solo da quel numero che si accendeva e si spegneva di continuo. Era il suo inconscio che le sussurrava qualcosa?
D’improvviso la figura vicino a lei, che amava più della sua vita fin da quando erano adolescenti e che aveva sposato solo dopo tre mesi, di colpo spariva.
Un bambino l’aveva afferrato per mano e accompagnato fuori dalla sala, osservando più attentamente quelle piccole dita riconosce quelle di suo figlio per una deformazione al mignolo.
Ora sta correndo felice, con un sorriso smagliante verso la madre e con un urlo liberatorio grida:
“Mamma, siamo finalmente liberi! Ora puoi uscire ed evadere dalla prigione in cui ti ha messo papà. Forza decidi prendi subito il telefono e componi quel numero”.
Lo sguardo della madre si dirige in alto verso lo schermo illuminato proprio nel luogo dove si trovava all’inizio del sogno.
Con un grido straziante e pieno di paura, si sveglia e ripete continuamente 1522, 1522, 1522.
Sono le sei del mattino, non crede che se telefona a quel numero qualcuno possa rispondere, ma dentro di sé trova la volontà di comporre prima l’uno poi il cinque e molto titubante il due ripetuto.
Appena un secondo e una voce gentile, sussurra al suo orecchio:
“Pronto sono Arianna, qui risponde il centro contro la violenza sulle donne, come posso esserle utile. Coraggio parli. Cos’è successo? Mi dica il suo nome e incontriamoci da qualche parte per informazioni della sua situazione e trovare una soluzione più adatta alle sue esigenze. Pronto, prontoo la prego si faccia aiutare, insieme ce la faremo e annienteremo il mostro che dice di amarti e non ti porta rispetto e soprattutto non ti ama se ti usa violenza”.
Nessuna parola è uscita dalla bocca di Paola, si è bloccata quando ha sentito che suo marito era un mostro e non lo amava.
Come si permetteva quell’Arianna che non lo conosceva e soprattutto come poteva giudicare il suo amato.
Con un’azione repentina riattaccò interrompendo la conversazione, quasi offesa e delusa.
Ritornò a letto, cercò di riaddormentarsi, impossibile , nella sua mente riecheggiava una sola definizione de l’individuo che aveva accanto “MOSTRO”.
Fin da quando era piccola s’immaginava un mostro come una figura con gli occhi iniettati di sangue, un sorriso sarcastico e una espressione di cattiveria, solo insomma una persona che si divertiva a far del male al prossimo appagando il suo ego praticando violenza ma solo sulle persone fragili e deboli perché in fondo era lui il più debole.
Passarono pochi minuti con uno scatto felino prepara le valigie, sveglia suo figlio, esce di casa, all’angolo della strada prende il cellulare e con piena consapevolezza compone il 1522.
“Vi prego, aiutatemi non ho la forza di sopportare ancora delle angherie da mio marito, vorrei rifarmi una vita allontanatemi immediatamente da mio marito. GRAZIE”.