Simonetta Manasia. Laureata in Economia e Commercio, dopo la pensione si è dedicata alla scrittura. Ha partecipato ad alcune edizioni del Concorso 50&Più e nel 2014 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria per la prosa. Vive a Livorno.
Avevo appena dieci anni e non sopportavo più di essere sempre alla moda e di comportarmi in modo diverso, secondo gli ambienti che frequentavo.
Voi non ci crederete ma possedevo un armadio pieno di vestiti, un mobile che non avrei voluto mai aprire e desideravo fortemente di sotterrare la chiave che era infilata nella sua toppa.
Tutti i giorni dovevo decidere insieme alla mia esigente madre la mise da indossare con discussioni infinite : quel pantalone non stava ben con quella maglia, se il vestito era troppo colorato o troppo scuro etc… etc…
Io non avevo voce in capitolo e subivo le sue scelte ma quello che mi faceva più arrabbiare era che mi metteva il grembiulino come le mie compagne poiché le persone non avrebbero potuto vedere la mia eleganza.
La sveglia del mattino era un incubo ma non solo, nel pomeriggio se andavo da Rosa, la nonna materna dovevo mettere un vestito elegante, capelli raccolti per prendere il tè con le sue amiche, se andavo da Lucia, la nonna paterna, indossavo qualcosa di sportivo per andare in bicicletta, fare passeggiate nel parco pubblico e potevo azzardare anche piccole corsette.
Invidiavo molto Anna la mia compagna di classe, una bambina povera con solo due vestiti, uno rosa e uno celeste, libera di sdraiarsi sul pavimento per ridere a crepapelle, di macchiarsi quando faceva merenda, saltare e ballare felice.
Anna rappresentava per me la LIBERTÀ, la semplicità, la gioia.
Tornava a casa e trovava sempre la mamma che le aveva cucinato piatti caldi, trovava amore.
Io tornavo a casa con la babysitter i cibi si ordinavano al ristornate e l’amore che trovava Anna non c’era.
Del resto mia madre faceva la stilista, non aveva tanto tempo per me, se no quello di scegliere i vestiti il mattino.
Tante domande mi balenavano nella mente e anche tanti dubbi su mia madre, perché aveva desiderato una figlia, se la considerava come fosse un manichino da esporre in vetrina per affermare il suo nome, le sue qualità, le sue conoscenze della moda.
Un giorno Anna si recò a casa mia per i compiti poi decidemmo di giocare, indovinate quale scegliemmo? L’unico che conoscevo, indossare i miei vestiti e fare delle sfilate come modelle.
Ci divertimmo ma quando Anna se ne andò la solitudine mi assalì.
Sola, con i mille vestiti. Impazzii, presi un fiammifero e detti fuoco a quei cenci che odiavo ma uno zampillo volò sulla mia maglietta, il calore avvolse il mio corpo e finalmente fui libera.
Mia madre ebbe il compito di mettermi l’ultimo vestito e sarà stato certamente molto elegante.