Il tempo atmosferico è più generoso del tempo dei calendari e degli orologi: sta scoppiando anche quest’anno la primavera. Nonostante tutto. E ci sarà una fioritura, e il sole scalderà sempre di più, e potremo stare più tempo all’aria aperta, senza congelare e senza infettarci l’un l’altro. L’inizio di marzo mi mette relativamente al riparo da un malumore che verso metà febbraio era arrivato a toccare picchi preoccupanti. Malumore, sì, soprattutto appena sveglia e prima di spegnere la lampada sul comodino, la sera. Vi devo confessare che io sono una da “bicchiere mezzo vuoto”, in realtà, anche se su questa pagina sembro una zia gentile, sempre pronta consigliare un sorriso volonteroso e blindato da opporre alla fatica di crescere e continuare a crescere, di accettare il terzo tempo della vita, che non è l’ultimo, d’accordo, ma non è neppure ricco di progetti come il primo o forte e potente come il secondo.
Sorpresi? Pensavate che io fossi una maestra del “think positive”? Bene, non lo sono. E lo dico soprattutto a Sandro di Biella, che critica il mio ottimismo programmatico citando una delle più belle e brevi poesie italiane. Salvatore Quasimodo, ve la ricordate? «Ognuno sta solo sul cuor della terra/trafitto da un raggio di sole/ed è subito sera». Sandro spiega: «È subito sera nel senso che ci ritroviamo vecchi senza accorgercene, ma in realtà 20 o 30 anni in più sono tanti se devi dipendere dagli altri e tutto è (deve) essere rapportato al reddito». Poi si rivolge a me e dice: «Mi piace molto di solito la sua prosa che vorrebbe una vita piena di cose belle per tutti e rapporti buonisti a oltranza. Questa volta però dissento sulla vecchiaia (mi tocca, ho 74 anni)».
Secondo Sandro, le Rsa sono “ospedali geriatrici” e “chi è autosufficiente non ci si caccia” ed è vero, ma molto spesso sono inevitabili, anche se: «In tutti gli ospedali si contraggono infezioni a gogò e dove i ricoverati sono più fragili avviene la strage».
Tutto vero. Vero anche che «la vita è bella (o quasi) per quelli che hanno intelligenza o capacità manuali per mantenersela anche in vecchiaia». Alla fine della sua bella lettera, Sandro prende commiato così: «Spero di non offendere il suo malinconico ottimismo con la mia brutale analisi. Tante buone cose».
Malinconico ottimismo, ecco, sì, grazie, mi riconosco perfettamente nella definizione. Per me l’ottimismo è una disciplina che non prevede la bugia consolatoria, è uno stato d’animo armato di realismo che si nutre di volontà. Per esempio, caro Sandro, perché accantonare la tua bella idea di fondare una casa di riposo in Tunisia, “posto ameno con costi del personale bassissimi”. Ti sei fatto due conti e hai visto che potresti far pagare rette alla portata di tutti: 600 euro al mese. E i luoghi sono incantevoli, mare, lunghe spiagge dalla sabbia sottile, clima dolce. Perché hai cambiato idea, Sandro? Che cosa ti ha scoraggiato? Il fatto che le persone arrivate all’età del riposo non vogliono lasciare la loro casa? Ho ricevuto parecchie lettere su questo tema, posso stilare un elenco di ostacoli al cambiamento: le mie abitudini, il gatto, la paura di non saper fare nuove amicizie, il pronto soccorso a due isolati di distanza, “qui tutti mi conoscono”, “sono troppo vecchio/a per imparare un’altra lingua”… Tutto ragionevole, ma… vogliamo vivere sotto il segno dell’ansia? Se state bene dove state, d’accordo, non scrivete a Sandro pregandolo di non abbandonare il suo progetto tunisino, ma se vi sentite soli, se la ripetizione vi avvilisce, se pensate che non vi siete divertiti abbastanza quando eravate giovani, se nutrite qualche fastidioso rimpianto, pensateci… In Tunisia l’inverno dura pochissimo!
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