Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare, nel mese in cui ricorre la Giornata mondiale spiega quali passi avanti sono stati fatti e cosa resta da fare: «Il nostro obiettivo è facilitare la vita dei malati e dei loro caregiver»
Ricerca, screening neonatale, accesso alle terapie: partono da qui il futuro e la speranza delle persone con malattie rare. Poche, ma non pochissime, se si pensa che in Italia sono più di 2 milioni, mentre arrivano a 300 milioni nel mondo. Le cosiddette ‘malattie rare’ sono circa 10 milioni, ma solo per il 5% di queste esiste un trattamento farmacologico. Ecco perché la ricerca deve continuare e l’accesso alle terapie deve essere garantito. Lo afferma con forza Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare, nel mese in cui ricorre la Giornata mondiale, quest’anno il 28 febbraio, negli anni bisestili il 29: un giorno anch’esso ‘raro’.
Ma quand’è che una malattia si definisce, appunto, rara?
Quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In Ue la soglia è fissata allo 0,05% della popolazione: non più di un caso ogni 2.000 persone. Secondo il rapporto di Istat Istisan 2021, tra le malattie rare, ma non così rare in Italia, ci sono il cheratocono (una patologia degli occhi), la sarcoidosi, la Sla (sclerosi laterale amiotrofica), la pubertà precoce idiopatica e l’ampio gruppo delle malattie metaboliche.
Quali sono le principali criticità che devono affrontare oggi i pazienti e le famiglie con malattie rare?
Nel 2023, Osservatorio Malattie Rare ha condotto proprio su questo tema una survey (sondaggio, ndr) che ha coinvolto pazienti e caregiver di diverse regioni. Ne è emersa innanzitutto la difficoltà diagnostica: solo il 40,6% dei pazienti ha avuto una diagnosi entro un anno dall’insorgenza dei sintomi. Ci sono poi problemi lavorativi ed economici: quasi il 70% delle famiglie vive una riduzione di reddito legata ai specifici bisogni della persona con malattia rara. Nel percorso di cura dopo la diagnosi, il primo ostacolo è la burocrazia, con la difficoltà ad ottenere il pieno riconoscimento del percorso assistenziale (49%). Al secondo posto c’è l’accesso alle terapie, che riguarda più di un paziente su tre. Per oltre il 30% degli intervistati, è rilevante anche la difficoltà di accedere a bonus e aiuti economici.
Quali sono, in particolare, le difficoltà legate a terapie e farmaci?
In molti casi è difficile l’accesso ad alcune prestazioni, come la fisioterapia e la logopedia, o ad altre tecniche riabilitative che vengono fornite sì, ma spesso per un numero di ore insufficienti rispetto al bisogno. Lo stesso vale per il supporto psicologico, soprattutto per i familiari caregiver. Per quanto riguarda in particolare i farmaci, ci sono due ordini di criticità. Per quelli rimborsati dal Servizio sanitario nazionale (Ssn), il problema riguarda i tempi diversi di messa a disposizione nelle diverse regioni o la modalità di erogazione: farmacie ospedaliere distanti o impossibilità di ricevere alcune terapie a domicilio. Per quanto riguarda invece i farmaci di fascia C, o tutti i parafarmaci e materiali (come bende, garze ecc.) che non sono rimborsati dal Ssn, il problema è la spesa a carico dei pazienti e delle loro famiglie: non sempre infatti quel che è inserito nel piano terapeutico viene erogato gratuitamente da tutte le regioni. Anche questo dà luogo a gravi disparità territoriali.
Quali passi avanti sono stati compiuti negli ultimi anni?
Dobbiamo segnalare gli enormi progressi nella scienza genomica, con lo sviluppo di test meno costosi, più veloci e precisi per la diagnosi, anche durante la gravidanza, o in fase neonatale. Inoltre, grazie alla legge sullo Screening Neonatale Esteso, dal 2016 tutti i nuovi nati hanno la possibilità di ricevere la diagnosi di patologie potenzialmente gravissime a pochi giorni di vita. Sono state poi introdotte molte nuove terapie specifiche. Ora si spera che vengano attuati pienamente anche i ‘nuovi Lea’ (Livelli essenziali di assistenza, ndr), per garantire ulteriori prestazioni in modo uniforme.
Quali sono, oggi, le priorità di cui occuparsi?
Innanzitutto, occorre far funzionare in modo semplice, rapido ed efficace le norme esistenti e trarne il massimo beneficio. La legge sullo Screening Neonatale, per esempio, deve essere rifinanziata, così come deve essere aggiornato l’elenco delle patologie da ricercare alla nascita. Anche l’accesso alle terapie deve avvenire in tempi più rapidi. Al tempo stesso, a fronte di una diagnosi certa di malattia rara, dovrebbe essere più facile ottenere il riconoscimento dell’invalidità, come pure ricevere assistenza scolastica e domiciliare da parte di personale adeguatamente formato. La scienza sta andando veloce, il sistema normativo e amministrativo deve recuperare terreno.
Qual è la funzione del vostro Osservatorio?
Il nostro obiettivo principale è quello di facilitare la vita delle persone con malattia rara e dei caregiver, fornendo loro uno strumento che li renda più forti: la conoscenza e la sensibilizzazione. Con i nostri professionisti lavoriamo a supporto di tutta la comunità delle malattie rare: pazienti, famiglie, associazioni, mondo della ricerca e dell’assistenza. Perché la voce di ciascuno, unita a quella degli altri, possa farsi più forte.
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