La Degenerazione Maculare Senile comporta la perdita graduale della vista – fino alla cecità – impoverendo la qualità della vita. Ecco i consigli degli esperti per la terapia e la prevenzione
In Medicina la maculopatia viene indicata con l’acronimo DMLE (Degenerazione Maculare legata all’Età) o DMS (Degenerazione Maculare Senile) proprio per sottolinearne la predilezione per gli over 50. «Infatti, tutti gli studi epidemiologici – ribadisce Gianluigi Manzi, dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Oculistica dell’Ospedale Monaldi di Napoli, nonché responsabile del Servizio di Diagnostica per Immagini e Terapia delle Maculopatie – hanno sempre dimostrato una correlazione diretta tra questa patologia e l’invecchiamento». Si tratta di una condizione morbosa indolore che, ricordiamo, colpisce la macula, al centro della retina, provocando una graduale perdita della visione centrale, contemporaneamente o successivamente, in entrambi gli occhi.
Gli specialisti distinguono una forma “essudativa” – meno frequente- detta anche “umida” o di “tipo neovascolare” per la proliferazione abnorme di vasi sanguigni, da una forma “atrofica” o “secca”. Quest’ultima è così chiamata perché caratterizzata dalla presenza di aree atrofiche corioretiniche ben delimitate che, col peggiorare della maculopatia, tendono a confluire e ingrandirsi, evolvendo nella cosiddetta “atrofia geografica”. Ambedue le forme degenerative sono spesso precedute dalla comparsa nella regione maculare di “drusen”: accumuli di scorie cellulari di natura ialinica o lipidica, rotondeggianti, di colore giallastro, riconoscibili attraverso l’esame oftalmoscopico del fondo oculare, che possono riassorbirsi o calcificare.
Entrambe le Dmle causano una lenta ma progressiva riduzione dell’acuità visiva. Quali i segnali che, all’esordio della malattia, devono indurci a “correre” dall’oculista?
Tra i sintomi iniziali e più comuni legati alla Dmle atrofica – ci spiega il dottor Manzi – c’è la difficoltà alla lettura nonostante l’utilizzo di lenti a tempiale. Mentre sintomi quali la distorsione delle immagini o metamorfopsia (percezione alterata e distorta delle immagini, in particolare delle linee dritte) si accompagnano più frequentemente e rapidamente alla degenerazione maculare essudativa.
La tempestività della diagnosi, anche per scongiurare la pericolosa evoluzione delle maculopatie verso la cecità, è importante?
È fondamentale – interviene Flavia Chiosi, altresì operativa nell’Ospedale partenopeo – per entrambe le forme di degenerazione maculare, ma lo è particolarmente per quella neovascolare. In questo caso la scelta terapeutica è dirimente per l’evoluzione della patologia. Tuttavia, la progressione di entrambe le forme causa nel tempo una significativa riduzione dell’acuità visiva. La Dmle atrofica rappresenta purtroppo ad oggi, essendo il coinvolgimento maculare in genere bilaterale, una importante causa di cecità legale nei Paesi industrializzati.
L’approccio terapeutico differisce secondo il tipo di degenerazione maculare?
Attualmente – precisa la dottoressa Chiosi – nella forma secca esistono a sostegno solo supplementi nutrizionali; tuttavia sono in corso promettenti studi sul potere antiossidante di nuove molecole. Recenti studi hanno dimostrato come l’utilizzo ad alto dosaggio di sostanze flavonoidi derivate da frutti selvatici, come il maqui berry o “mirtillo della Patagonia”, ricchi di antocianine e delfinidine, abbia un elevato potere antiossidante sulle cellule fotorecettoriali retiniche.
Altri composti invece, quali l’omotaurina e la vitamina D, si sono dimostrati efficaci nel ridurre l’accumulo di sostanza beta-amiloide, residui proteici e lipidici tipicamente presenti nel tessuto retinico soggetto a stress ossidativo, promuovendo i fisiologici processi di clearance dell’epitelio pigmentato retinico.
«Per quanto riguarda la forma essudativa – puntualizza Gianluigi Manzi – sono stati sperimentati negli ultimi anni in prestigiosi studi clinici diversi trattamenti, tra i quali la fotocoagulazione laser convenzionale, la terapia fotodinamica e l’iniezione intraoculare di farmaci anti-angiogenici o anti-Vegf (Vascular Endothelial Growth Factor). Somministrati in camera vitrea, inibiscono il fattore che stimola la crescita di nuovi vasi sanguigni. Oggi i farmaci anti-Vegf rappresentano la terapia di elezione nella maggior parte delle forme di Dmle neovascolare con regimi di trattamento personalizzati, in assenza di controindicazioni sistemiche o locali».
Intanto la ricerca sulla protezione della salute della macula cammina spedita…
Secondo alcune sperimentazioni cliniche – ci dice Flavia Chiosi – il futuro contrasto alla Dmle potrebbe essere rappresentato dall’impianto diretto di cellule staminali all’interno dell’occhio, con tecniche operatorie più standardizzate rispetto alle precedenti. Ciononostante persistono aspetti problematici relativi alla necessità di una terapia immunodepressiva topica ed al grave problema etico connesso all’utilizzo di cellule embrionali.
Un test fai da te per l’autodiagnosi della macula
Il Reticolo di Amsler – una griglia a quadretti con un punto centrale – è un esame che si può effettuare a casa per verificare lo stato della nostra macula. Il test permette di ravvisare eventuali distorsioni o zone cieche centrali. Se presenti, bisogna sottoporsi senza indugi alla visita specialistica e ripeterlo sotto controllo medico per ricevere la diagnosi. Si esegue così: tenere il reticolo a una distanza di 30-45 cm, coprire un occhio e con l’occhio scoperto guardare il centro della griglia. Rilevare eventuali distorsioni (le linee perpendicolari appaiono ondulate), zone sfocate o scure. Effettuare la stessa prova con l’altro occhio.
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