Francesco Malgieri, conosciuto come Nonno Ciccio, è l’ultrà più vecchio d’Europa e tifa Foggia: quest’anno seguirà il suo 80esimo campionato
“Pace tra ultras” è quello che recita il suo striscione: Nonno Ciccio lo porta a tutte le partite e in tutti gli stadi. A 90 anni, infatti, continua a seguire il Foggia in molte trasferte e con lo stesso fervore in tutte le serie, dalla A alla D. La prima partita a cui ha assistito, si è tenuta nel 1937: «Vivevo a Sant’Agata di Puglia e in paese si era sparsa la voce di uno squadrone che giocava a Foggia. Rubai la bicicletta di un cliente dalla bottega di mio zio e andai a vedere la mia prima partita: vincemmo 3-0, ma non ricordo con chi. Ricordo bene il mio viaggio di ritorno a casa: Foggia dista più di 50 chilometri da Sant’Agata e forai una ruota. Tornai a casa a piedi la mattina dopo alle 7: mio padre mi prese a sberle», racconta in un’intervista al Corriere.
Le trasferte più belle, però, sono quelle lontane: «Tre anni fa andai da solo ad Agrigento e lo speaker annunciò la mia presenza: vincemmo all’ultimo minuto e finimmo in B dopo un campionato strepitoso». Nonno Ciccio ricorda tutte le trasferte: quelle degli Anni ‘50 con i treni a vapore, quelle sulla Fiat 1110 usata quando il Foggia era in serie A. Come dice nel suo striscione, Francesco Maglieri negli stadi ha sempre cercato la pace: si va per tifare la propria squadra del cuore e mai contro gli avversari. «Non ho mai fatto a botte, adesso mi chiedono i selfie perché mi conoscono tutti: due anni fa, all’uscita dallo stadio di Bari (grande rivale del Foggia, ndr) mi hanno addirittura applaudito».
Il primo settembre si è presentato a Fasano per iniziare l’ottantesimo campionato con la speranza di ritornare in serie A un giorno: «Io non mi arrendo mai, ho fatto per una vita il contadino e anche questa mattina sono stato nei campi, ho fatto la guerra e sono stato fatto prigioniero in Libia e portato in Scozia: non mi spaventa la serie D!». Anche quest’anno la società gli ha regalato l’abbonamento in gradinata, la Tribuna Est. «È un settore popolare perché a me i posti d’onore non piacciono. Quella gradinata mi piace invece, tanto che vorrei che un domani, quando non ci sarò più, la intitolassero a mio nome». Un sogno che lo legherebbe per sempre alla sua grande passione.
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